Programma energetico ambientale regionale (PEAR) Lombardia: interviene il Consiglio di Stato

L'Adunanza Plenaria del Consiglio di Stato si esprime sulla legittimità del Programma energetico ambientale regionale (PEAR) della Regione Lombardia

di Redazione tecnica - 21/05/2021

È legittimo il Programma energetico ambientale regionale (PEAR) della Lombardia e gli atti di indirizzo attuativo.

PEAR Lombardia: la sentenza dell'Adunanza Plenaria del Consiglio di Stato

A stabilirlo è l'Adunanza Plenaria del Consiglio di Stato che, con la sentenza n. 843 dell'11 maggio 2021, ha risposto al ricorso presentato avverso il diniego di installazione di un impianto fotovoltaico per la produzione di energia elettrica da realizzarsi in Comune lombardo e per un chiarimento sul Programma Energetico Ambientale Regionale della Lombardia e sull'applicazione dei criteri vigenti in ambito di impianti fotovoltaici su suolo.

Su questo, l'Adunanza Plenaria ha chiarito che è legittimo il PEAR lombardo che, con scelta discrezionale di tipo programmatorio e pianificatorio sindacabile in questa sede solo per macroscopici vizi di sproporzione e illogicità, ha ragionevolmente graduato e differenziato, tra aree agricole di pregio e altre aree agricole, divieti e limiti, relativi alle Fonti di energia rinnovabile (FER), in modo da raggiungere un punto di equilibrio tra le esigenze di sviluppo della produzione di energia da fonti rinnovabili e le (non minusvalenti, né recessive) esigenze di salvaguardia della produzione agricola e del valore ecosistemico più generale insito nelle aeree agricole.

Secondo l'Adunanza Plenaria, il Programma energico ambientale regionale (PEAR) ha individuato le aree e i siti non idonei all’installazione di specifiche tipologie di impianti a fonti energetiche rinnovabili e, per quanto attiene agli impianti fotovoltaici a terra, stabilisce che nelle aree agricole strategiche possono essere costruiti impianti di potenza non superiore ai 200 kW, mentre nelle aree agricole possono essere installati impianti fotovoltaici di tipologia F3.13 da installarsi al suolo con potenza di picco risultante dall’estensione in pianta pari al massimo al 5 per cento della SAU, in proprietà dell’impresa agricola iscritta alla specifica sezione del registro delle imprese e l’impianto non può comunque avere potenza di picco maggiore di 1 MW.

Il PEAR della Regione Lombardia ha inoltre classificato il territorio agricolo lombardo in due categorie:

  1. aree agricole interessate da produzioni di particolare qualità e tipicità;
  2. restanti aree agricole diverse da quelle della categoria precedente.

Nelle “restanti aree agricole diverse da quelle della categoria precedente” (ossia diverse da quelle interessate da produzioni di particolare qualità e tipicità) non possono evidentemente farsi rientrare nell’ambito delle prime, come una loro sottocategoria (così da lasciar fuori da questa disciplina tutte le altre aree agricole residuali, che sarebbero, secondo la tesi di parte ricorrente, liberamente occupabili, senza alcun limite, con impianti fotovoltaici di ogni genere e tipologia).

Sottolinea l'Adunanza Plenaria che del tutto correttamente e legittimamente la Regione Lombardia, in attuazione delle previsioni di cui al d.m. 10 settembre 2010 (recante le Linee guida per l'autorizzazione degli impianti alimentati da fonti rinnovabili), ha stabilito, nelle Linee guida regionali per i procedimenti amministrativi di autorizzazione agli impianti di produzione di energia da fonti rinnovabili approvate con la delibera n. 3298 del 2012, nel punto V, distinti criteri di tutela per le aree agricole di pregio (“aree agricole interessate da produzioni di particolare qualità e tipicità”) e per le “restanti aree agricole diverse da quelle della categoria precedente”.

Per le prime le Linee guida considerano il “suolo agricolo quale spazio per la produzione di alimenti, la salvaguardia delle produzioni agroalimentari locali di qualità, anche sulla base dello sviluppo dell’ambiente rurale di cui all’art. 7, l. n. 57 del 2001, nonché della tutela dei distretti agroalimentari di qualità di cui all’art. 13, d.lgs. n. 228 del 2001”, mentre per le seconde considerano il “suolo agricolo quale spazio dedicato alla produzione di alimenti, alla tutela della biodiversità, all’equilibrio del territorio e dell’ambiente, alla produzione di utilità pubbliche quali la qualità dell’aria e dell’acqua, la difesa idrogeologica, la qualità della vita di tutta la popolazione e quale elemento costitutivo del sistema rurale, nello spirito di quanto previsto dall’art. 4 quater, l.reg. n. 31 del 2008”. Ma è evidente che le aree della seconda categoria residuale, ossia le restanti “aree agricole diverse da quelle della categoria precedente”, lungi dall’essere ignorate e lasciate prive di qualsiasi rilevanza ai fini di possibili condizioni e limiti all’installazione di impianti FER, sono anch’esse prese in considerazione e sottoposte a criteri di salvaguardia.

© Riproduzione riservata