Realizzazione soppalco: edilizia libera o ristrutturazione?

La sopraelevazione interna senza permesso di costruire è consentita a patto che si rispettino i limiti imposti per altezze e superfici

di Redazione tecnica - 04/05/2022

Realizzare un soppalco rientra tra gli interventi di ristrutturazione edilizia o tra le attività di edilizia libera? Dipende dall’entità dell’intervento, come spiega il Consiglio di Stato con la sentenza n. 3155/2022, inerente un ordine di demolizione di un soppalco abusivo, emesso da un’amministrazione comunale.

Realizzazione soppalco: basta la CILA o ci vuole il permesso di costruire?

A parere del Comune, l’intervento avrebbe integrato un’ipotesi di ristrutturazione edilizia (art. 3, comma 1, lett. d) del D.P.R. n. 380/2001) mentre a parere dell’appellante, si trattava di un intervento di risanamento conservativo estraneo alla fattispecie di cui all’art. 33 del T.U.E. e, per tale ragione, perseguibile con la sola sanzione pecuniaria.

Secondo l’appellante, come specificato nella CILA presentata, si sarebbe trattato quindi di un intervento di edilizia libera ex art. 6 del D.P.R. n. 380/2001 (Testo Unico Edilizia), dato che non erano presenti aumenti volumetrici e modifiche di sagome e superfici.

Soppalco abusivo: la sentenza del Consiglio di Stato

Il TAR aveva già respinto il ricorso in primo grado, spiegando che:

  • l’intervento determinava una trasformazione urbanistica rilevante ai sensi dell’art. 33 del T.U.E.;
  • la natura dell’abuso giustificava la misura demolitoria adottata;
  • la presentazione dell‘istanza di sanatoria, a distanza di anni dalla contestazione dell’abuso, non determinava l’inefficacia dell’ordine di demolizione.

Nell’affrontare la questione il Consiglio di Stato ha premesso quanto disposto dal R.U.E., ossia che:

  • rientrano nella tipologia del risanamento conservativo gli interventi finalizzati ad “assicurare la funzionalità mediante un insieme sistematico di opere che, nel rispetto degli elementi tipologici, formali e strutturali dell’ne consentano destinazioni d’uso compatibili con esso”;
  • rientrano tra gli interventi di ristrutturazione edilizia “quelli che pur lasciando il volume esistente, sono diretti alla trasformazione parziale o totale dell’organismo edilizio”;
  • non rientrano nella ristrutturazione edilizia, bensì nel risanamento conservativo gli interventi relativi a soppalchi di immobili residenziali che riguardano una percentuale del solaio non superiore al 50% di ogni singolo locale e non superiore al 40% dell’intero appartamento a condizione che; l’altezza dal pavimento dell’appartamento all’intradosso del soppalco non risulti inferiore a mt. 2,20” e che “l’altezza dal calpestio del soppalco al soffitto risulti non inferiore a mt. 1,80 e non superiore a mt. 2.20”.

Per quanto riguarda la natura dell’intervento, Palazzo Spada ha quindi precisato che la realizzazione di soppalchi all’interno di unità residenziali è consentita dallo strumento urbanistico entro stringenti limiti. Perché non integri un intervento di ristrutturazione edilizia, la superficie del soppalco non deve essere superiore al 50% di ogni singolo locale e non superiore al 40% dell’intero appartamento. Diversamente, l’intervento non può essere considerato come “risanamento conservativo”.

Il superamento di questo limite integra, ai sensi dell’art. 25 del R.U.E., un intervento di ristrutturazione edilizia, come tale sanzionabile, in difetto di titolo, con la demolizione, in presenza della rilevata difformità fra progettazione ed esecuzione del manufatto.

Dato che l’appartamento era di 210 mq e il soppalco era oltre 100 mq, esso superava il limite consentito di 84 mq, ragion per cui  l’amministrazione ha correttamente deciso per la demolizione del soppalco abusivo.

Efficacia dell'ordine di demolizione

Secondo il ricorrente, in presenza di un’istanza di permesso in sanatoria, l’efficacia dell’ordine di demolizione sarebbe stata sospesa. Sul punto, i giudici hanno ricordato che la presentazione dell’istanza ex art. 36 T.U.E. – peraltro definita ormai con silenzio rigetto - non comporta un effetto sospensivo del giudizio in corso né determina l’inefficacia della misura demolitoria, ma “opera in termini di mera sospensione. In caso di rigetto dell'istanza di sanatoria, l'ordine di demolizione riacquista la sua efficacia”.

L’appellante ha inoltre invocato la conformità dell’intervento a quanto previsto dalle modifiche al T.U.E apportate dal c.d. “Decreto sblocca Italia” (D.L. n. 133/2014) che ha introdotto un nuovo testo dell’articolo 10 del t.u. edilizia che legittimerebbe soppalchi del genere di quello realizzato. Come spiega il Consiglio di Stato, poiché si tratta di un testo normativo sopravvenuto all’adozione del provvedimento impugnato, “dalla natura permanente dell'illecito edilizio deriva l'obbligo di applicare la disciplina prevista dalla normativa in vigore al momento dell'adozione del provvedimento”.

Non solo: non era possibile richiedere la fiscalizzazione dell’abuso prima dell’esecuzione della demolizione perché è soltanto nella fase esecutiva che “le parti possono dedurre in ordine alla situazione di pericolo di stabilità del fabbricato, presupposto per l'applicazione della sanzione pecuniaria in luogo di quella demolitoria, con la conseguenza che tale valutazione non rileva ai fini della legittimità del provvedimento di demolizione.

Il ricorso è stato quindi respinto, confermando l’ordine di demolizione del soppalco per superamento dei limiti consentiti di superficie, configurando l’intervento non come risanamento conservativo ma come ristrutturazione edilizia eseguita in assenza di permesso di costruire.

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