Rinnovabili e DM Aree Idonee: regole da riscrivere
Il TAR "boccia" una parte del Decreto del Mase: illegittima la discrezionalità delle Regioni nel definire le aree idonee e non idonee all'installazione di impianti FER senza alcun criterio oggettivo
Un freno alla discrezionalità delle Regioni e un invito al Ministero a riscrivere, entro 60 giorni, le regole del c.d. “Decreto Aree Idonee”. Si è risolta nella bocciatura di alcune norme contenute nel DM MASE 21 giugno 2024 la sentenza del TAR Lazio del 13 maggio 2025, n. 9155, che ha sancito l’illegittimità dell’art. 7, commi 2 e 3 del provvedimento, recante la Disciplina per l’individuazione di superfici e aree idonee per l’installazione di impianti a fonti rinnovabili.
Decreto Aree Idonee: criteri da rivedere
Ricordiamo che il D.Lgs. n. 199/2021 (c.d. "Decreto Rinnovabili"), all'art 20, comma 8 ha previsto l’adozione di un decreto ministeriale per:
- individuare le aree idonee e non idonee all’installazione degli impianti da FER;
- stabilire criteri minimi uniformi e principi di salvaguardia ambientale, paesaggistica e culturale;
- garantire omogeneità e semplificazione procedurale, nel rispetto degli obiettivi PNIEC 2030 e del principio di massima accelerazione delle rinnovabili (FER come opere di pubblica utilità e indifferibili).
Da qui l'emanazione del Decreto del MASE, con cui è stata delegata alle Regioni l’individuazione delle aree idonee e non idonee all’installazione di impianti a fonti rinnovabili.
Ne è derivata però una frammentazione normativa, con Regioni che hanno escluso ampie porzioni di territorio: la Sardegna, ad esempio, ha precluso il 99% del proprio suolo, mentre in Toscana è in discussione una legge che ne escluderebbe il 70%.
Il ricorso al TAR
Da qui il ricorso promosso da operatori del settore e associazioni di categoria, e che ha portato alla dichiarazione di illegittimità dei commi 2 e 3 dell’art. 7 del DM 21 giugno 2024, per i seguenti motivi:
- eccesso di potere regolamentare: le Regioni non possono introdurre fasce di rispetto paesaggistico fino a 7 km senza un fondamento normativo chiaro e senza parametri tecnici oggettivi;
- violazione del principio di uniformità: l’assenza di criteri minimi nazionali ha generato applicazioni disomogenee, in contrasto con la finalità strategica del decreto stesso;
- mancanza di salvaguardie per gli investimenti già avviati in aree definite idonee quali come cave, zone industriali etc, e successivamente definite non idonee: il decreto non ha previsto una disciplina transitoria per tutelare i procedimenti autorizzativi in corso, generando incertezza giuridica e blocchi operativi.
Il TAR ha ribadito che le Regioni non possono derogare in peius ai criteri statali, e che qualsiasi limitazione deve essere giustificata da parametri ambientali oggettivi, non da considerazioni discrezionali.
Il Tribunale ha quindi imposto la riscrittura del decreto entro 60 giorni, stabilendo nuovi criteri nazionali vincolanti a cui le Regioni dovranno adeguarsi sia nel caso abbiano già approvato la normativa, come la Sardegna o sia in fase di approvazione, ad esempio in Toscana.
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