Ristrutturazione o nuova costruzione? Il Consiglio di Stato sulla differenza

Quali interventi configurano una ristrutturazione edilizia e quali sconfinano nella nuova costruzione? Ecco i chiarimenti di Palazzo Spada

di Redazione tecnica - 23/01/2024

Un intervento di ristrutturazione edilizia sconfina nella nuova costruzione, quando i lavori effettuati comportano la variazione di sagoma e l’aumento di volume o superficie. Ne deriva che, in assenza di permesso di costruire, le opere sono evidentemente abusive.

Abusi edilizi: la differenza tra ristrutturazione edilizia e nuova costruzione

Sulla differenza tra ristrutturazione edilizia e nuova costruzione è tornato a parlare il Consiglio di Stato, con la sentenza del 15 gennaio 2024, n. 488, con la quale ha respinto l’appello proposto contro l’ordine di demolizione di opere abusive, consistenti in una sopraelevazione di ben 500 mq, e non di semplici lavori di manutenzione della copertura e di sostituzione di travi di legno e pilastri, come sostenevano i proprietari dell’immobile.

I ricorrenti avevano cercato di rimediare al sequestro del cantiere presentando una SCIA tardiva e pagando una sanzione amministrativa, ma il tentativo di aggirare la normativa non è bastato: il Comune ha emesso un ordine di demolizione per opere per le quali era necessario il permesso di costruire ex art. 10 del d.P.R. n. 380/2001 (Testo Unico Edilizia).

Il TAR già in primo grado aveva respinto il ricorso, specificando che l’intervento di sopraelevazione non poteva essere considerato alla stregua di un intervento di manutenzione della copertura del preesistente piano primo mansardato. Non risultava per altro provata la tesi sostenuta dai ricorrenti secondo cui gli interventi sarebbero stati qualificabili come interventi di risanamento conservativo o, al più, di ristrutturazione di un preesistente fabbricato, sanabili con SCIA postuma, e non come interventi di nuova costruzione realizzati in assenza di titolo edilizio,

Palazzo Spada ha confermato la sentenza di primo grado, specificando l’impossibilità di qualificare la realizzazione di una sopraelevazione per una superficie e un’altezza pari a quelli accertate alla stregua di un intervento di ristrutturazione o di manutenzione della copertura del preesistente piano primo mansardato.

Cosa distingue la ristrutturazione dalla nuova costruzione?

Ricordano i giudici d’appello che per giurisprudenza costante, la ristrutturazione edilizia sussiste solo quando viene modificato un immobile già esistente nel rispetto delle caratteristiche fondamentali dello stesso, mentre laddove esso sia stato totalmente trasformato, con conseguente creazione non solo di un apprezzabile aumento volumetrico (in rapporto al volume complessivo dell’intero fabbricato), ma anche di un disegno sagomale con connotati diversi da quelli della struttura originaria (allungamento delle falde del tetto, perdita degli originari abbaini, sopraelevazione della cassa scale, etc.), l’intervento rientra nella nozione di nuova costruzione.

Di conseguenza l’ordinanza di demolizione è stata ritenuta legittima poiché avente ad oggetto opere integranti una nuova costruzione per le quali è necessario il permesso di costruire.

Il carattere vincolato dell'ordine di demolizione (anche tardivo)

Non solo: l’ordinanza di demolizione, avendo natura vincolata, non necessita della previa comunicazione di avvio del procedimento, considerando che la partecipazione del privato al procedimento non potrebbe determinare alcun esito diverso.

Sul punto, il Consiglio ha richiamato l’orientamento della giurisprudenza che, nel solco dei principi espressi dall’Adunanza Plenaria n. 9/2017 e ribaditi di recente dall’Adunanza Plenaria n. 16/2023, ha costantemente rilevato che l’ordine di demolizione è atto vincolato e di carattere reale e non richiede una specifica valutazione delle ragioni di interesse pubblico, né una comparazione di questo con gli interessi privati coinvolti e sacrificati, né una motivazione sulla sussistenza di un interesse pubblico concreto ed attuale alla demolizione.

Questi principi valgono anche nel caso in cui l’ordine di demolizione venga adottato a notevole distanza di tempo dalla realizzazione dell’abuso, atteso che non può ammettersi l’esistenza di alcun affidamento tutelabile alla conservazione di una situazione di fatto abusiva, che il tempo non può in alcun modo legittimare. Questo perché la presenza del manufatto abusivo comporta, infatti, una lesione permanente ai valori tutelati dalla Costituzione e l’eventuale connivenza o la mancata conoscenza della loro esistenza da parte degli organi comunali non incide sul dovere di disporne la demolizione.

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