Sanatoria abusi edilizi: il Consiglio di Stato su doppia conformità e opere di urbanizzazione

Il Consiglio di Stato chiarisce l'ambito di applicazione dell'art. 36 del d.P.R. n. 380/2001 (Testo Unico Edilizia) nel caso di assenza di opere di urbanizzazione primaria

di Redazione tecnica - 28/09/2023

Per sanare eventuali opere realizzate in assenza/difformità dal permesso di costruire o SCIA alternativa, l'attuale normativa edilizia (il d.P.R. n. 380/2001) concede una sola possibilità: l'accertamento di conformità.

In assenza dei requisiti previsti all'art. 36 del d.P.R. n. 380/2001, l'unica soluzione è demolire. In alcuni casi è possibile la sanzione alternativa ma non per gli interventi eseguiti in assenza di concessione, in totale difformità o con variazioni essenziali.

Doppia conformità e opere di urbanizzazione primaria: interviene il Consiglio di Stato

Si parla di sanatoria ordinaria e doppia conformità nella sentenza 22 settembre 2023, n. 8485 mediante la quale il Consiglio di Stato ha chiarito alcuni aspetti necessari per ottenere il permesso di costruire in sanatoria.

Nel caso di specie viene appellata una sentenza del TAR che aveva rigettato la richiesta di accertamento di conformità sulla base dell'inesistenza delle opere di urbanizzazione primarie e sul fatto che il richiedente aveva allegato all’istanza di permesso di costruire in sanatoria solo uno schema di convenzione con la quale si impegnava a realizzare le opere di urbanizzazione prescritte dall’Amministrazione.

Opere di urbanizzazione: serve un progetto esecutivo

Il Consiglio di Stato ha, però, confermato in toto le analisi del TAR secondo cui alla richiesta di sanatoria non sarebbe stato allegato un "serio e dettagliato" progetto per la realizzazione degli interventi di urbanizzazione primaria necessari, per poi cederli al Comune. Il richiedente avrebbe dovuto presentare, già in sede di domanda di permesso di costruite, un progetto esecutivo delle opere necessarie, mentre nel caso di specie parte appellante si è limitata a produrre uno schema di convenzione senza specificare quali siano le opere da realizzarsi nel concreto.

Ciò premesso, il Consiglio di Stato ha rammentato un orientamento ormai consolidato a mente del quale il procedimento per la verifica di conformità ex art. 36 d.P.R. n. 380/2001 sfocia in un provvedimento di carattere assolutamente vincolato, il quale non necessita di altra motivazione oltre a quella relativa alla corrispondenza (o meno) dell'opera abusiva alle prescrizioni urbanistico-edilizie vigenti sia all'epoca di realizzazione dell'abuso sia a quella di presentazione dell'istanza di accertamento.

Nel caso di specie, il rigetto dell’istanza costituiva un atto dovuto alla luce dell’assenza delle opere di urbanizzazione primaria, che rendeva il fabbricato non conforme rispetto alla normativa vigente nei due indicati momenti.

Proprio per questo motivo, viene meno anche un'altra contestazione relativa al mancato coinvolgimento dell'istante nel procedimento. Infatti, l’instaurazione del contraddittorio con gli appellanti non avrebbe potuto condurre l’Amministrazione ad adottare una diversa determinazione, ragione per cui trova applicazione l’art 21 octies, comma 2 della legge n. 241/90 per cui: “Non è annullabile il provvedimento per vizi formali non incidenti sulla sua legittimità sostanziale e il cui contenuto non avrebbe potuto essere differente da quello in concreto adottato, poiché l'art. 21-octies, l. n. 241 del 1990 attraverso la dequotazione dei vizi formali dell'atto, mira a garantire una maggiore efficienza all'azione amministrativa, risparmiando antieconomiche ed inutili duplicazioni di attività, laddove il riesercizio del potere non potrebbe comunque portare all'attribuzione del bene della vita richiesto dall'interessato”.

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