Sanatoria edilizia 2023: dalla difformità all'abuso

Una difformità edilizia può diventare un vero e proprio abuso. In alcuni casi la normativa edilizia prevede degli specifici requisiti per sanare la situazione. Vediamo quali

di Gianluca Oreto - 17/01/2023
Aggiornato il: 28/01/2023

Quando si parla di edilizia occorre sempre porre la dovuta cautela e per prima cosa provare a comprendere la differenza tra difformità e abuso. Non sempre, infatti, una differenza tra stato di progetto e situazione di fatto si configura come "abuso edilizio", la cui definizione tra le altre cose non è contemplata all'interno del d.P.R. n. 380/2001 (Testo Unico Edilizia).

In questo approfondimento proveremo ad entrare nel dettaglio di questa differenza ed comprendere le possibilità di sanatoria offerte dalla normativa edilizia.

Le tolleranze costruttive

Prima di parlare di abusi e difformità è necessario sapere che nel 2020, con l'art. 10, comma 1, lettera p), del Decreto Legge n. 76/2020 (Decreto Semplificazioni) convertito dalla Legge n. 120/2020, è stato inserito all'interno Testo Unico Edilizia l'art. 34-bis che definisce il concetto di "tolleranza costruttiva". In particolare:

Il mancato rispetto dell’altezza, dei distacchi, della cubatura, della superficie coperta e di ogni altro parametro delle singole unità immobiliari non costituisce violazione edilizia se contenuto entro il limite del 2 per cento delle misure previste nel titolo abilitativo.

Oltre questo 2% e limitatamente agli immobili non sottoposti a tutela ai sensi del D.Lgs. n. 42/2004 (Codice dei beni culturali), costituiscono inoltre tolleranze esecutive:

  • le irregolarità geometriche e le modifiche alle finiture degli edifici di minima entità;
  • la diversa collocazione di impianti e opere interne;

eseguite durante i lavori per l’attuazione di titoli abilitativi edilizi, a condizione che non comportino violazione della disciplina urbanistica ed edilizia e non pregiudichino l’agibilità dell’immobile.

Le tolleranze esecutive realizzate nel corso di precedenti interventi edilizi, non costituendo violazioni edilizie, sono dichiarate dal tecnico abilitato, ai fini dell’attestazione dello stato legittimo degli immobili, nella modulistica relativa a nuove istanze, comunicazioni e segnalazioni edilizie ovvero, con apposita dichiarazione asseverata allegata agli atti aventi per oggetto trasferimento o costituzione, ovvero scioglimento della comunione, di diritti reali.

Stato legittimo

A questo punto, compresa la definizione di tolleranza costruttiva, è necessario comprendere un altro aspetto: lo stato legittimo. Anche questa definizione è stata inserita nel testo unico edilizia dal Decreto Semplificazioni che, oltre ad aggiornare il titolo dell'art. 9-bis del d.P.R. n. 380/2001 (con l'art. 10, comma 1, lettera d)), ha aggiunto il nuovo comma 1-bis per il quale:

Lo stato legittimo dell’immobile o dell’unità immobiliare è quello stabilito dal titolo abilitativo che ne ha previsto la costruzione o che ne ha legittimato la stessa e da quello che ha disciplinato l’ultimo intervento edilizio che ha interessato l’intero immobile o unità immobiliare, integrati con gli eventuali titoli successivi che hanno abilitato interventi parziali. Per gli immobili realizzati in un’epoca nella quale non era obbligatorio acquisire il titolo abilitativo edilizio, lo stato legittimo è quello desumibile dalle informazioni catastali di primo impianto ovvero da altri documenti probanti, quali le riprese fotografiche, gli estratti cartografici, i documenti d’archivio, o altro atto, pubblico o privato, di cui sia dimostrata la provenienza, e dal titolo abilitativo che ha disciplinato l’ultimo intervento edilizio che ha interessato l’intero immobile o unità immobiliare, integrati con gli eventuali titoli successivi che hanno abilitato interventi parziali. Le disposizioni di cui al secondo periodo si applicano altresì nei casi in cui sussista un principio di prova del titolo abilitativo del quale, tuttavia, non sia disponibile copia.

Abuso edilizio: cos'è?

Da notare che nella definizione di stato legittimo si parla di "titolo abilitativo che ne ha previsto la costruzione o che ne ha legittimato la stessa e da quello che ha disciplinato l’ultimo intervento edilizio". Il testo unico edilizia, fuori le casistiche previste per l'edilizia libera (articolo 6) prevede la necessità che l'intervento sia preceduto da:

  • comunicazione di inizio lavori asseverata o CILA (art. 6-bis);
  • segnalazione certificata di inizio attività o SCIA (leggera art. 22 o pesante art. 23);
  • permesso di costruire o PdC (art. 10).

Un abuso edilizio può avere diversa natura (e diversi effetti) a seconda che la mancata verifica riguardi:

  • eventuali atti di assenso;
  • la conformità:
    • agli strumenti urbanistici e ai regolamenti edilizi vigenti;
    • alla normativa in materia sismica e a quella sul rendimento energetico nell'edilizia;
    • a Codice dei beni culturali e del paesaggio;
    • al Codice della Strada
    • al Codice Civile;
    • alle norme di sicurezza e igienico/sanitarie.

Ad esempio, il DM 5 luglio 1975 definisce l'altezza minima e i requisiti igienico-sanitari principali dei locali di abitazione. Ad esempio:

  • l'altezza minima interna utile dei locali adibiti ad abitazione è fissata in m 2,70 riducibili a m 2,40 per i corridoi, i disimpegni in genere, i bagni, i gabinetti ed i ripostigli (misure derogabili in alcuni casi);
  • per ogni abitante deve essere assicurata una superficie abitabile non inferiore a mq 14, per i primi 4 abitanti, ed a mq 10, per ciascuno dei successivi;
  • le stanze da letto devono avere una superficie minima di mq 9, se per una persona, e di mq 14, se per due persone;
  • ogni alloggio deve essere dotato di una stanza di soggiorno di almeno mq 14.
  • le stanze da letto, il soggiorno e la cucina debbono essere provvisti di finestra apribile.

In linea generale, è possibile distinguere due tipologie di abuso edilizio:

  • documentale;
  • sostanziale.

Un abuso è di tipo "documentale" quando è stato realizzato un intervento che avrebbe richiesto un permesso di costruire. Si parla, invece, di abuso "sostanziale" quando quell'intervento non avrebbe potuto essere assentito tramite permesso di costruire (perché non rispettato anche solo uno dei vincoli presenti).

Interventi soggetti a CILA e SCIA

Le possibilità di sanare un immobile che presenta un abuso sono abbastanza limitate. Intanto è bene ricordare un aspetto molto importante: gli interventi realizzati in assenza di titolo ma che avrebbero richiesto di CILA o SCIA non possono essere definiti dei veri e propri "abusi edilizi".

In questi casi la norma consente una regolarizzazione postuma a seguito di presentazione "tardiva" del titolo:

  • l'art. 6-bis, comma 5 del TUE prevede: "La mancata comunicazione asseverata dell'inizio dei lavori comporta la sanzione pecuniaria pari a 1.000 euro. Tale sanzione è ridotta di due terzi se la comunicazione è effettuata spontaneamente quando l'intervento è in corso di esecuzione".
  • l'art. 37 del TUE definisce le possibilità in caso di interventi eseguiti in assenza o in difformità dalla segnalazione certificata di inizio attività (leggera).

Nel caso di mancata presentazione della CILA, è molto semplice: si regolarizza l'intervento mediante una "CILA tardiva" che può arrivare a fine lavori o in corso d'opera.

Il caso di mancata presentazione della SCIA leggera (art. 22 commi 2 e 2) oppure interventi realizzati in difformità da questa:

  • comporta la sanzione pecuniaria pari al doppio dell'aumento del valore venale dell'immobile conseguente alla realizzazione degli interventi stessi e comunque in misura non inferiore a 516 euro;
  • nel caso di interventi di restauro e di risanamento conservativo su immobili comunque vincolati in base a leggi statali e regionali, nonché dalle altre norme urbanistiche vigenti, l'autorità competente a vigilare sull'osservanza del vincolo, salva l'applicazione di altre misure e sanzioni previste da norme vigenti, può ordinare la restituzione in pristino a cura e spese del responsabile ed irroga una sanzione pecuniaria da 516 a 10.329 euro;
  • qualora gli interventi di cui al precedente punto sono eseguiti su immobili, anche non vincolati, compresi nelle zone indicate nella lettera A dell'articolo 2 del decreto ministeriale 2 aprile 1968, il dirigente o il responsabile dell’ufficio richiede al Ministero per i beni e le attività culturali apposito parere vincolante circa la restituzione in pristino o la irrogazione della sanzione pecuniaria di 516 euro. Se il parere non viene reso entro sessanta giorni dalla richiesta, il dirigente o il responsabile dell’ufficio provvede autonomamente;
  • ove l’intervento realizzato risulti conforme alla disciplina urbanistica ed edilizia vigente sia al momento della realizzazione dell’intervento, sia al momento della presentazione della domanda (doppia conformità), il responsabile dell’abuso o il proprietario dell’immobile possono ottenere la sanatoria dell’intervento versando la somma, non superiore a 5.164 euro e non inferiore a 516 euro, stabilita dal responsabile del procedimento in relazione all’aumento di valore dell’immobile valutato dall’agenzia del territorio;
  • se la segnalazione certificata di inizio di attività viene spontaneamente effettuata quando l’intervento è in corso di esecuzione, si paga una sanzione di 516 euro.

La mancata segnalazione certificata di inizio dell'attività non comporta l'applicazione delle sanzioni previste dall'articolo 44. Resta comunque salva, ove ne ricorrano i presupposti in relazione all’intervento realizzato, l’applicazione delle sanzioni di cui agli articoli 31, 33, 34, 35 e 44 e dell’accertamento di conformità di cui all’articolo 36.

Interventi soggetti a PdC e Sanatoria edilizia

In caso di interventi realizzati in assenza di permesso di costruire, o in difformità da esso, ovvero in assenza di SCIA pesante (articolo 23, comma 01), o in difformità da essa, fino alla scadenza dei termini previsti (artt. 31, comma 3, 33, comma 1, 34, comma 1), e comunque fino all’irrogazione delle sanzioni amministrative, il responsabile dell’abuso, o l’attuale proprietario dell’immobile, possono ottenere il permesso in sanatoria se l’intervento risulti conforme alla disciplina urbanistica ed edilizia vigente sia al momento della realizzazione dello stesso, sia al momento della presentazione della domanda (doppia conformità).

Il rilascio del permesso in sanatoria è subordinato al pagamento, a titolo di oblazione, del contributo di costruzione in misura doppia, ovvero, in caso di gratuità a norma di legge, in misura pari a quella prevista dall'articolo 16 (Contributo per il rilascio del permesso di costruire). Nell’ipotesi di intervento realizzato in parziale difformità, l'oblazione è calcolata con riferimento alla parte di opera difforme dal permesso.

Sulla richiesta di permesso in sanatoria il dirigente o il responsabile del competente ufficio comunale si pronuncia con adeguata motivazione, entro sessanta giorni decorsi i quali la richiesta si intende rifiutata.

Sanzioni alternative: la fiscalizzazione dell'abuso edilizio

Il Testo Unico Edilizia prevede anche la possibilità (a scelta dalla P.A.) di sostituire alla demolizione e ripristino dello stato dei luoghi una sanzione pecunaria alternativa. La sanzione alternativa alla demolizione è contemplata all'interno del Testo Unico Edilizia in tre diversi articoli con diversi effetti sullo "stato legittimo" dell'immobile:

  • Art. 33 - Interventi di ristrutturazione edilizia in assenza di permesso di costruire o in totale difformità
  • Art. 34 - Interventi eseguiti in parziale difformità dal permesso di costruire
  • Art. 38 - Interventi eseguiti in base a permesso annullato

Mentre l'art. 38 prevede espressamente (al comma 2) che l'integrale corresponsione della sanzione pecuniaria irrogata produce i medesimi effetti del permesso di costruire in sanatoria (l'abuso diventa effettivamente "sanato"), negli altri due casi l'abuso diventa "tollerato" ma l'immobile continua a versare in uno stato di non legittimità edilizia, con evidenti effetti sulle possibilità (ad esempio) di utilizzo delle detrazioni fiscali in caso di interventi di manutenzione e ristrutturazione (leggasi l'art. 49 del d.P.R. n. 380/2001).

La fiscalizzazione dell'abuso con effetti sananti viene decisa, qualora sulla base di motivata valutazione non sia possibile la rimozione dei vizi delle procedure amministrative o la restituzione in pristino, dal dirigente o responsabile del competente ufficio comunale, nel caso di:

  • interventi eseguiti in base a permesso annullato;
  • di interventi edilizi realizzati sulla base di una SCIA pesante (art. 23, comma 01 del Testo Unico Edilizia), in caso di accertamento dell'inesistenza dei presupposti per la formazione del titolo.

La possibilità di evitare la demolizione dell’immobile irrogando una sanzione pecuniaria è possibile in due distinti casi:

  • qualora non sia possibile la rimozione dei vizi delle procedure amministrative;
  • qualora non risulti possibile la restituzione in pristino.

Il primo di tali requisiti (l’impossibilità di rimuovere i vizi delle procedure amministrative) è stato oggetto di una pronuncia dell’Adunanza Plenaria con la quale è stato chiarito che:

I vizi cui fa riferimento l'art. 38, t.u. edilizia, approvato con d.P.R. 6 giugno 2001, n. 380 sono esclusivamente quelli che riguardano forma e procedura che, alla luce di una valutazione in concreto operata dall'amministrazione, risultino di impossibile rimozione”.

La norma, dunque, intende fare riferimento all’ipotesi in cui il titolo edilizio sia stato annullato per vizi formali o procedurali non emendabili ai sensi dell’art 21-nonies, comma 2 della Legge n. 241/90. In tal caso, stante la sostanziale legittimità dell’opera, l’amministrazione deve procedere alla fiscalizzazione dell’abuso evitando la demolizione.

Qualora il permesso di costruire sia stato annullato per vizi sostanziali, la fiscalizzazione dell’abuso è consentita solo nel caso in cui la restituzione in pristino risulti impossibile. Relativamente all’individuazione delle ipotesi che rendono impossibile la riduzione in pristino, la giurisprudenza ha chiarito che “Nell'ambito delle conseguenze agli illeciti edilizi, deve rilevarsi come l'impossibilità di riduzione in pristino non possa che essere di ordine squisitamente tecnico costruttivo; diversamente opinando, l'art. 38 d.P.R. 380/2001 si presterebbe a letture strumentali, consentendo sanatorie 'ex officio' di abusi attraverso lo strumento dell'annullamento in autotutela del titolo edilizio originario”.

La riduzione in pristino, pertanto, deve risultare impraticabile alla luce di una valutazione tecnica e non di una ponderazione dei vari interessi in gioco, fra cui l’affidamento del privato nella legittimità delle opere.

I reati nel Testo Unico Edilizia

Relativamente ai reati edilizi, il d.P.R. n. 380/2001 dedica le seguenti parti:

  • l'art. 44 (Sanzioni penali) legato alla vigilanza sull’attività urbanistico-edilizia;
  • la Parte II (Normativa tecnica per l’edilizia), Capo II (Disciplina delle opere in conglomerato cementizio armato, normale e precompresso e a struttura metallica), Sezione III (Norme penali) dedicato agli abusi di tipo "strutturale".

In riferimento ai reati urbanistico-edilizi, l'art. 44, comma1 del TUE prevede:

Salvo che il fatto costituisca più grave reato e ferme le sanzioni amministrative, si applica:

  • l'ammenda fino a 10.329 euro per l'inosservanza delle norme, prescrizioni e modalità esecutive previste dal presente titolo, in quanto applicabili, nonché dai regolamenti edilizi, dagli strumenti urbanistici e dal permesso di costruire;
  • l'arresto fino a due anni e l'ammenda da 5.164 a 51.645 euro nei casi di esecuzione dei lavori in totale difformità o assenza del permesso o di prosecuzione degli stessi nonostante l'ordine di sospensione;
  • l'arresto fino a due anni e l'ammenda da 15.493 a 51.645 euro nel caso di lottizzazione abusiva di terreni a scopo edilizio, come previsto dal primo comma dell'articolo 30. La stessa pena si applica anche nel caso di interventi edilizi nelle zone sottoposte a vincolo storico, artistico, archeologico, paesistico, ambientale, in variazione essenziale, in totale difformità o in assenza del permesso.

Nel caso di esecuzione dei lavori in totale difformità o assenza del permesso o di prosecuzione degli stessi nonostante l'ordine di sospensione è, dunque, previsto l'arresto fino a due anni e l'ammenda da 5.164 a 51.645 euro.

Relativamente ai lavori in totale difformità, quando si considera verificata questa condizione? Ha risposto a questa domanda la sentenza della Corte di Cassazione n. 32020/2022 per la quale ai fini dell'integrazione del reato di cui all'art. 44 del d.P.R. n. 380 del 2001, si considera in "totale difformità" l'intervento che, sulla base di una comparazione unitaria e sintetica fra l'organismo programmato e quello che è stato realizzato con l'attività costruttiva, risulti integralmente diverso da quello assentito per caratteristiche tipologiche, plano-volumetriche, di utilizzazione o di ubicazione, mentre, invece, in "parziale difformità" l'intervento che, sebbene contemplato dal titolo abilitativo, all'esito di una valutazione analitica delle singole difformità risulti realizzato secondo modalità diverse da quelle previste a livello progettuale.

Relativamente alla possibile estinzione del reato per sopraggiunta sanatoria edilizia, gli ermellini ricordano che la sanatoria degli abusi edilizi idonea ad estinguere il reato di cui all'art. 44 citato:

  • non ammette termini o condizioni;
  • deve riguardare l'intervento edilizio nel suo complesso;
  • può essere conseguita solo qualora ricorrano tutte le condizioni espressamente indicate dall'art. 36 d.P.R. cit. e, precisamente, la doppia conformità delle opere alla disciplina urbanistica vigente sia al momento della realizzazione del manufatto, che al momento della presentazione della domanda di sanatoria.

La Cassazione esclude la possibilità di una legittimazione postuma di opere originariamente abusive che, solo successivamente, in applicazione della cosiddetta sanatoria "giurisprudenziale" o "impropria", siano divenute conformi alle norme edilizie ovvero agli strumenti di pianificazione urbanistica. Per questo motivo è illegittimo, e non determina l'estinzione del reato edilizio, il rilascio di un permesso di costruire in sanatoria condizionato all'esecuzione di specifici interventi finalizzati a ricondurre il manufatto abusivo nell'alveo di conformità agli strumenti urbanistici, in quanto detta subordinazione contrasta ontologicamente con la ratio della sanatoria, collegabile alla già avvenuta esecuzione delle opere e alla loro integrale rispondenza alla disciplina urbanistica, senza quindi che siano consentiti accorgimenti per far rientrare la stessa nell'alveo della legittimità urbanistica.

La speciale clausola estintiva del reato

Del pari, quanto ai reati paesaggistici, la speciale causa estintiva, prevista dall'art. 181-quinquies d.lgs. 22 gennaio 2004, n. 42, opera a condizione che l'autore dell'abuso si attivi "spontaneamente" alla rimessione in pristino delle aree o degli immobili soggetti a vincolo paesaggistico, anticipando l'emissione del provvedimento amministrativo ripristinatorio, sì da non essere eseguita coattivamente su impulso dell'autorità amministrativa. Nel caso di specie non vi era stata alcuna spontanea rimessione in pristino, cui era stato dato corso dopo l'intimazione dell'Autorità amministrativa.

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