Superbonus e Bonus facciate: i rilievi della Corte dei Conti

Nel Rapporto 2023 sul coordinamento della finanza pubblica la Corte dei Conti parla dell'effetto del Superbonus e del Bonus facciate

di Redazione tecnica - 01/06/2023

Spunti e analisi sullo stato e le prospettive delle politiche di bilancio. Viene presentato in questo modo il Rapporto 2023 sul coordinamento della finanza pubblica approvato dalla Corte dei conti con delibera n. 22/SSRRCO/RCFP/2023 inviata al Parlamento.

Superbonus e Bonus facciate: il rapporto della Corte dei Conti

Un rapporto in cui non potevano mancare alcune considerazioni in merito alle detrazioni fiscali previste all'art. 119 del Decreto Legge n. 34/2020 (il superbonus) e all'articolo 1, commi da 219 a 224 della legge n. 160/2019 (il bonus facciate).

Il primo aspetto riguarda la riclassificazione del Superbonus e del Bonus facciate operata da ISTAT a seguito dell'aggiornamento del Manual on Government Deficit and Debt (MGDD). Un'operazione che avrebbe avuto un impatto diretto (negativo) sul rapporto indebitamento/Pil. Sulla base della nuova impostazione contabile, tali crediti d’imposta sono considerati “pagabili” e, di conseguenza, riclassificati tra le spese per contributi agli investimenti in base al valore integrale del beneficio maturato, in luogo della precedente rilevazione a riduzione delle entrate secondo il criterio di cassa, all’atto dell’utilizzo del credito in compensazione. Ne deriva un anticipo temporale al triennio 2020-2022 dell’impatto sul deficit delle due misure, pari, rispettivamente, a 0,2 punti percentuali di Pil nel 2020, 1,8 nel 2021 e, infine, 2,6 punti nel 2022. In assenza di tale revisione, quindi, l’indebitamento si attesterebbe al 5,4 per cento del Pil, valore inferiore all’obiettivo programmatico precedentemente fissato del 5,6 per cento.

I rischi delle agevolazioni fiscali in edilizia

Altro aspetto evidenziato dalla Corte dei conti riguarda le risorse impegnate nel sostegno al patrimonio abitativo, sia in termini di agevolazioni per l’acquisto della prima casa, sia in relazione ai recenti bonus di incentivazione che sono stati erogati per il risparmio energetico.

"Il caso del Superbonus - rileva la Corte dei Conti - consente di riflettere sui rischi di utilizzare le agevolazioni fiscali, e in particolare i crediti di imposta, come strumenti principali di politica economica. L’automatismo insito nell’incentivazione, almeno nella forma utilizzata con il Superbonus, ha determinato grandi difficoltà nel prevedere le adesioni all’incentivo e monitorare per tempo la relativa spesa, la quale ha raggiunto a marzo 2023 gli 80 miliardi (per meno di 500 mila cantieri)".

Secondo la Corte dei Conti "Il fatto che si tratti di minor gettito, e non di immediata erogazione di fondi, può infatti indurre “illusione finanziaria” e far sottovalutare le conseguenze per lo spazio di manovra della politica di bilancio dei prossimi anni, per il deficit e per il debito pubblico. Gli effetti distributivi delle spese fiscali legate al patrimonio edilizio hanno poi un carattere generalmente regressivo, lievemente attutito nel caso del Superbonus dalla possibilità di cedere detrazioni o crediti maturati (operativa fino a febbraio 2023) e dal conseguente allargamento della platea dei potenziali beneficiari agli incapienti (soggetti con limitate disponibilità economiche)".

Diversamente da altre analisi, come la più recente dell'ANCE secondo cui il Superbonus sarebbe stato utilizzato dalle fasce meno abbienti, secondo la Corte dei Conti, prendendo come riferimento i dati sulle dichiarazioni dei redditi (per l’anno 2021) e dell’Enea, ci sarebbe stata una grande concentrazione di tutte le spese fiscali legate all’edilizia nelle classi a più alto reddito e nelle regioni più dinamiche, anche se il Superbonus sembra aver operato per un riequilibrio, almeno a livello regionale.

La decretazione di urgenza e il contributo dei bonus edilizi

L'analisi della Corte dei Conti evidenzia anche le problematiche dovute alle continue modifiche operate a colpi di decreto legge. Secondo i giudici contabili "la decretazione di urgenza dovrebbe essere evitata perché non consente le necessarie riflessioni e porta a una grande frammentazione normativa, continuamente emendata, come è evidente nel caso del Superbonus. L’esperienza dei recenti bonus edilizi insegna, inoltre, che può essere assai pericoloso per l’equilibrio generale del sistema introdurre meccanismi automatici di incentivo senza apporre limiti di impegno finanziario o una preliminare procedura di prenotazione. Infine, il sistema di monitoraggio dovrebbe essere riformato per allineare maggiormente il censimento delle spese fiscali all’anno finanziario, evitando gli attuali sfasamenti temporali e rendere così più agevoli valutazioni di efficacia e di coerenza con l’impostazione della politica economica".

Secondo la Corte dei Conti "Vi è un diffuso consenso sul fatto che nel biennio 2021-22 il settore delle costruzioni abbia fornito, lato sensu, un sostegno molto importante al rilancio dell’economia italiana. Valutazioni molto diversificate sono state offerte, negli ultimi mesi, sulla quantificazione di tale apporto e soprattutto del peso che gli incentivi fiscali (bonus 110%, ecc.) possono aver avuto in termini di contributo complessivo alla crescita del Pil reale, atteso che i dati di consuntivo della contabilità nazionale fissano in 2,1 punti cumulati l’apporto che gli investimenti in abitazioni hanno dato alla crescita (1,4 il contributo di quelli non residenziali e 5,4 punti quello degli investimenti totali), su un incremento complessivo di Pil di 10,8 punti".

La Corte dei Conti, però, afferma "Si può ritenere che in assenza delle misure sul Superbonus, il flusso cumulato di investimenti in abitazioni sarebbe stato pari, nel biennio 2021-22, a circa 140 miliardi a prezzi costanti contro i 184 miliardi registrati a consuntivo dai dati ISTAT".

Concludendo "Considerando che in base alle stime disponibili un valore del moltiplicatore che si può ragionevolmente assumere come riferimento per la stima degli effetti macroeconomici del Superbonus sia intorno ad 1,1 e assumendo quale impulso iniziale di spesa pubblica l’importo degli investimenti avviati 6 (pari, in termini nominali cumulativamente pari a 62,5 miliardi), gli incentivi potrebbero essersi tradotti in poco meno di 69 miliardi di Pil corrente, i quali, favoriti da un andamento del deflatore degli investimenti meno vivace di quanto riscontrato negli altri principali paesi europei, potrebbero essersi a loro volta concretizzati in circa 61 miliardi di Pil reale. In termini di tassi di crescita del Pil reale si può concludere, non senza rimarcare la forte sensibilità (ed arbitrarietà) alle ipotesi che si adottano, che nel biennio 2021-22 la crescita aggiuntiva complessivamente ascrivibile agli incentivi possa essere stata pari a 1,8 punti, di cui di cui 1,2 nel primo anno (su 7 punti di crescita totale) e 0,7 nel secondo anno (su 3,8 punti complessivi)".

In allegato il rapporto completo della Corte dei Conti.

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