Superbonus in scadenza: no alle variazioni di progetto per accelerare i tempi

Senza una delibera assembleare, l’amministratore può disporre lavori solo per motivi d’urgenza. Tra questi non rientra la scadenza dell’agevolazione fiscale

di Cristian Angeli - 03/11/2023

Vivo in un mini condominio nel quale si stanno svolgendo lavori edilizi di ristrutturazione agevolabili con Superbonus, con parziale sconto in fattura da parte di una impresa di costruzioni. Ci siamo accorti che sono state apportate molteplici variazioni ai materiali e alle componenti edilizie rispetto ai progetti approvati in assemblea, e così abbiamo chiesto spiegazioni all’impresa, visto anche l’aggravio dei costi. Questa ci ha riferito che l’amministratore ha accordato con essa dette modifiche (senza passare per l’assemblea) per, a suo dire, “scongiurare lungaggini incompatibili con l’esigenza di eseguire gli ordinativi e completare le lavorazioni entro il 31 dicembre 2023 per accedere al Superbonus al 110%”.

Cercando informazioni a riguardo, ho trovato l’articolo da voi recentemente pubblicato sulla possibilità per l’amministratore di disporre lavori anche senza l’approvazione dell’assemblea, purché siano urgenti e mi è sorto un dubbio. Considerato che oggi la compagine condominiale si è un po' “divisa” e, su alcuni aspetti, è entrata in disaccordo, vorrei sapere se l'approssimarsi di una così importante scadenza può essere considerata un motivo di urgenza.

L'esperto risponde

L’articolo, a firma dello scrivente, cui il gentile lettore fa riferimento, ha messo in luce un importante principio della disciplina civilistica sui condomìni, dal quale dipende l’inquadramento del soggetto tenuto a versare il corrispettivo per l’esecuzione di lavori edilizi. In estrema sintesi, in base all’art. 1135 C.C., solo l’assemblea dei condòmini può disporre interventi di manutenzione straordinaria obbligando l’intera compagine a pagarne il prezzo. Di conseguenza, si è detto, chiunque (l’amministratore, un condòmino o anche il DL) decida autonomamente di incaricare un’impresa all’esecuzione di nuovi o diversi lavori, paga di tasca propria, non avendo il potere di “impegnare” il condominio. Vi è, però, un’unica grande eccezione: in caso di urgenza, la scelta dell’amministratore (o di altro soggetto “avente titolo”) è legittima, purché egli ne renda conto alla prima assemblea utile.

Dal quesito esposto, sembra che l’amministratore abbia agito per garantire, nell’interesse del condominio, la fruizione del Superbonus al 110%. Tuttavia, le buone intenzioni non bastano. In base alla giurisprudenza nota in materia di “urgenza” dei lavori in condominio, come vedremo, sono urgenti solo gli interventi che scongiurano pregiudizio all’immobile o pericolo per le persone.

Perché bisogna finire i lavori entro il 31 dicembre 2023

Il DL 176/2022 (art. 9, co. 1, lett. a) ha disposto il passaggio della percentuale del Superbonus dal 110% al 90% già nel 2023, al 70% nel 2024 e al 65% nel 2025. In seguito, la Legge di Bilancio (L 197/2022, art. 1, co. 894) ha però previsto alcune deroghe che permettono l’accesso al 110% anche nel 2023 in base ad alcuni requisiti temporali che si immagina che il condominio di cui fa parte il gentile lettore siano stati rispettati. Si ricorda, però, che è principio generale in materia di bonus edilizi che questi spettino effettivamente solo a lavori conclusi, cosicché lasciare i lavori incompiuti equivale a non avere diritto alla detrazione. Nel caso specifico, essendo previsto lo sconto in fattura (seppur parziale) ai sensi dell’art. 121 del DL34/2020, non terminarli entro il 31/12/2023 significa poter accedere all’aliquota più alta (110%) solo per una parte delle spese sostenute, perché quelle relative al 2024 sarebbero agevolabili al 70%. 

La giurisprudenza sulla nozione di “urgenza”

A prescindere da quale sia il motivo della fretta, è chiaro che nello svolgere pratiche edilizie che accedono al Superbonus vi sia una certa “urgenza”, almeno nel senso comune del termine.

Non può dirsi lo stesso, però, in relazione al senso giuridico di tale concetto. Se è vero, come è vero, che l’amministratore in caso di urgenza ha il potere di ordinare lavori di manutenzione straordinaria “senza il permesso” dell’assemblea, obbligando così tutto il condominio a pagare, è anche vero che la prima domanda da porsi riguarda la nozione stessa di urgenza. A tale fine, viene in aiuto, tra le altre, una recente sentenza del Tribunale di Napoli, la n. 4111 del 20 aprile 2023, nella quale il giudice ha chiarito che tale potere “eccezionale” dell’amministratore è strettamente connesso al suo dovere di garantire il buono stato e la sicurezza dell'edificio.

La causa vede un condominio opporsi al pagamento di alcuni lavori eseguiti da una ditta, in più rispetto a quelli votati in assemblea. L’impresa edile, dal suo canto, dichiara di essere stata autorizzata dall’amministratore per via dell’urgenza degli interventi. Il tribunale di Napoli riconosce detta urgenza, ma ciò che risulta interessante sono le motivazioni con cui “verifica” il ricorrere di tale condizione. Infatti, si legge nella sentenza, “non v'è dubbio, nel caso di specie, che vi fosse urgenza al fine di scongiurare un pericolo imminente e di preservare l'incolumità della collettività condominiale e di terzi. Le parti dell'edificio interessate, infatti, minacciavano di rovinare con pericolo non solo per l'integrità dell'edificio ma anche per la pubblica incolumità”. Il carattere di urgenza, insomma, riguarda l’impossibilità di differire i lavori senza che si verifichi un pericolo o un danno per il condominio stesso, ma tali eventi negativi devono riguardare la sicurezza dell’edificio.

Alla luce degli orientamenti giurisprudenziali in materia, dunque, diventa difficile immaginare che nel caso presentato dal gentile lettore l’amministratore abbia “dovuto” variare i lavori deliberati per assolvere al proprio compito di tutela del buono stato e della sicurezza dell’edificio, in quanto il suo comportamento era mirato al massimo a tutelare un interesse economico della compagine condominiale. Di conseguenza il condominio ha, almeno in linea teorica, tutto il diritto di non versare il corrispettivo più alto derivato dagli ordini impartiti dall’amministratore all’impresa, perché la necessità di “far presto” per rientrare in una scadenza fiscale non rappresenta un motivo d’urgenza.

Tuttavia una simile contestazione economica dovrà essere valutata con cura sul piano fiscale, poiché potrebbe avere essa stessa l’effetto di impedire la fruizione del 110%, che presuppone non solo la conclusione dei lavori entro il 31 dicembre 2023 (nel caso di cessione del credito), non solo l’emissione delle relative fatture, ma anche il pagamento delle stesse. A tal fine è giusto ricordare che lo “sconto in fattura” rappresenta a tutti gli effetti una forma di pagamento. 

A cura di Cristian Angeli,
ingegnere strutturista
esperto di detrazioni fiscali applicate all’edilizia
www.cristianangeli.it

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