Terzo condono edilizio, le condizioni per ottenerlo

Scadenze, limiti volumetrici e funzionalità dell'edificio. Tanti sono i paletti imposti dalla L. n. 326/2003, e se non si rispettano il condono è impossibile

di Redazione tecnica - 10/09/2022

Terzo condono edilizio, ultima chiamata per una sanatoria non sempre possibile. Ne è conferma la sentenza n.7348/2022 del Consiglio di Stato sul ricorso presentato contro un'Amministrazione comunale che aveva annullato in autotutela i provvedimenti di condono edilizio legati ad alcune unità immobiliari facenti parte di un unico fabbricato residenziale realizzato negli anni ’80, condonato ai sensi della legge n. 47/1985 (cd. “Primo Condono Edilizio").

Immobile non ultimato, niente condono edilizio 

Secondo il Comune, l’immobile oggetto di condono non risultava completo di tompagnature esterne a luglio 2003, motivo per cui, in assenza di requisiti richiesti per ottenere il condono ai sensi del D.Lgs. n. 269/2003, convertito con legge n. 326/2003 (cd. “Terzo Condono Edilizio"), aveva annullato in autotuela i titoli abiitativi. 

La vicenda è quindi finita davanti al giudice amministrativo che ha richiesto una CTU, utile a valutare se le sopraelevazioni realizzate mancavano di tompagnature perimetrali, tramezzi interni, impianti tecnologici e rifiniture, oppure se dette opere esistevano già nel marzo 2003; inoltre con la perizia sarebbe stato stabilito se le opere in contestazione erano comunque tecnicamente condonabili.

La relazione del CTU: immobile non condonabile

Nella relazione finale depositata dal CTU, è stato precisato che:

  • le tompagnature esterne e le tramezzature interne sono state realizzate tra gennaio e settembre 2003, ma che non potevano essere date risposte più puntali sullo stato dei luoghi alle date dell'11.07.2003 e del marzo 2003”  
  • le opere oggetto delle istanze di concessione in sanatoria ex L. 326/2003 presentate nel 2004, accolte e poi respinte con il provvedimento in autotutela, non erano tecnicamente condonabili a termini della normativa cogente pro tempore, sia perché il nuovo volume realizzato in ampliamento superava di gran lunga l'incremento massimo consentito di quello della costruzione preesistente, sia perché alla data limite prevista del 31.03.2003 esse non erano ultimate.

Sulla base della CTU il TAR ha quindi respinto il ricorso. I proprietari hanno presentato appello al Consiglio di Stato, che ha confermato il giudizio di primo grado. Vediamo il perché.

La sentenza del Consiglio di Stato

Mentre secondo gli appellanti una foto del marzo 2003 dimostrava l’esistenza delle tompagnature, la relazione fornita dal CTU al TAR ha dimostrato il contrario e il mancato rispetto delle condizioni per ottenere il condono edilizio ai sensi della legge n. 326/2003 che, com’è noto, impone il 31 marzo 2003, quale deadline di ultimazione dei lavori.

Il CTU ha infatti accertato che la fotografia è in contrasto con la documentazione presentata, risultando quindi indimostrato il rispetto del termine di ultimazione. Sul punto, Palazzo Spada ha richiamato il consolidato principio giurisprudenziale, per cui :

  • l’onere della prova circa l’ultimazione dei lavori entro la data utile per ottenere il condono edilizio grava sul richiedente la sanatoria, in quanto solo l'interessato può fornire inconfutabili atti, documenti ed elementi probatori;
  • nell’ipotesi di richiesta di condono edilizio, la prova del richiedente in ordine alla data di ultimazione dei lavori deve essere rigorosa e deve fondarsi su documentazione certa e univoca e comunque su elementi oggettivi, non avendo alcuna rilevanza eventuali dichiarazioni sostitutive di atto di notorietà o mere dichiarazioni rese da terzi, in quanto non suscettibili di essere verificate.

Terzo condono edilizio: limitazioni alla sanatoria

La non condonabilità dell’intervento è stata inoltre motivata con altre due ragioni nella stessa relazione del CTU:

  • l’intervento è stato frazionato in due parti, ciascuna di esse rientrante nel limite dei 750 m³, quando invece esso, per le sue caratteristiche, andava considerato unitariamente così da risultare in violazione del limite volumetrico di 750 mc imposto dalla normativa del cd. terzo condono.
  • l’inidoneità funzionale delle opere condonande: come rammentato dal CTU, l’art. 3, comma 2, lett. b) della legge n. 10/2004 della regione Campania prevede che sono condonabili le opere che “sono state ultimate dopo il 31 marzo 2003. Si considerano ultimate le opere edilizie completate al rustico comprensive di mura perimetrali e di copertura e concretamente utilizzabili per l’uso cui sono destinate”.

Di conseguenza, il ricorso è stato respinto: è legittimo l’annullamento in autotutela del condono edilizio rilasciato sulla base di dichiarazioni non corrette da parte dei proprietari degli immobili.

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