Terzo condono edilizio, il no del Consiglio di Stato alla sanatoria

Gli interventi rientranti nella tipologia 1, 2 e 3 dell'Allegato 1 della legge n. 326/2003 realizzati in area vincolata non sono suscettibili di sanatoria

di Redazione tecnica - 27/07/2022

Le leggi sul condono edilizio non sono tutte uguali e, tra la legge n. 47/1985, la legge n. 724/1994 e la legge n. 326/2003 le maglie sono diventate più strette. Lo ricorda anche la sentenza n. 6149/2022 del Consiglio di Stato, con la quale è stato confermato il dinego di permesso di costruire per il cambio di destinazione d’uso e aumento volumetrico all'interno di un edificio situato in zona sottoposta a vincolo agricolo.

Terzo condono edilizio e diniego di sanatoria: la sentenza del Consiglio di Stato

Nel caso in esame, il Comune aveva negato la sanatoria ai sensi dell’art. 2, comma 3, della L.R. Lombardia n. 31/2004, poiché interventi ricadenti in ambito vincolato di zona a destinazione agricola e rientranti nella tipologia 1 tra le ipotesi di sanatoria identificate dalla legge n. 326/2003, quindi ossia realizzati in assenza o in difformità del titolo abilitativo edilizio e non conformi alle norme e alle prescrizioni degli strumenti urbanistici. Secondo l’art. 2, comma 3, della L.R. n. 31 del 2004 nelle aree in questione potevano essere condonate solo le opere abusive riconducibili alla tipologia 6.

Non solo: già il TAR aveva specificato che, anche considerando gli interventi come ristrutturazione edilizia ai sensi dell’art. 10, comma 1, lett. c), del d.P.R. 380 del 2001 (Testo Unico Edilizia), essi rientravano nella tipologia di illecito 3 di cui all’Allegato 1 del d.l. n. 269/2003 e quindi non era ugualmente applicabile l’art. 2, comma 3 della legge regionale n. 31/2004.

Sulla questione, il giudice amministrativo ha quindi affermato che "Gli interventi effettuati sono di trasformazione, che l’Amministrazione comunale ha ascritto alla tipologia di illecito 1: fattispecie esclusa dal novero delle opere condonabili. Tale qualificazione, in realtà, potrebbe essere, invero, rettificata, nel senso che le opere controverse (pur sempre riconducibili alla trasformazione di un edificio esistente) potrebbero rientrare in un intervento di ristrutturazione edilizia ai sensi dell’art. 10, comma 1, lett. c) del d.P.R. 380/2001. Il che, comunque, non determinerebbe un esito diverso ai fini del richiesto accoglimento della domanda di condono”. 

Il Consiglio di Stato ha condiviso quanto stabilito in primo grado, in quanto la ristrutturazione edilizia integra una fattispecie riconducibile alla tipologia di illecito 3 di cui all’Allegato 1 del d.l. n. 269/2003, motivo per cui non può trovare applicazione sia la previsione generale di cui all’art. 1, comma 2, della legge n. 31 del 2004, secondo cui sono ammesse alla sanatoria di cui al comma 1 anche le tipologie di illecito ai numeri 4, 5,6, dell’allegato 1 del d.l. n. 269/2003, sia quella più specifica, applicabile alla fattispecie, di cui all’art. 1, comma 3, secondo cui ‘nelle aree demaniali, nelle aree a parco regionale, fatte salve le zone di rinvio alla pianificazione comunale, sono suscettibili di sanatoria le sole opere abusive riconducibili alla tipologia di illecito numero 6 di cui all’allegato 1 del d.l. n. 269/2003, convertito dalla l. n. 326/2003”.

Condono edilizio e opere realizzate in difformità

Nel caso specifico, le opere realizzate non sono condonabili perché realizzate in difformità dal titolo abilitativo edilizio formatosi a seguito dell'approvazione di un piano di recupero, e ricadono all’interno della perimetrazione di un Parco Agricolo, la cui istituzione è anteriore alla realizzazione delle opere.

Spiegano i giudici di Palazzo Spada che “in base alla legge n. 326/2003 il condono edilizio di opere abusivamente realizzate in aree sottoposte a specifici vincoli è applicabile esclusivamente agli interventi di minore rilevanza indicati ai numeri 4, 5 e 6 dell'allegato 1 (restauro, risanamento conservativo e manutenzione straordinaria), previo parere favorevole dell'Autorità preposta alla tutela del vincolo, mentre non sono in alcun modo suscettibili di sanatoria le opere abusive di cui ai numeri 1, 2 e 3 del medesimo allegato; ciò anche se l'area è sottoposta a vincolo di inedificabilità relativa e gli interventi risultano conformi alle norme urbanistiche e alle prescrizioni degli strumenti urbanistici. Non possono, dunque, essere sanate quelle opere che hanno comportato la realizzazione di nuove superfici e nuova volumetria in zona assoggettata a vincolo paesaggistico, sia esso di natura relativa o assoluta, o comunque di inedificabilità, anche relativa.

Condono e cambio di destinazione d'uso

Inoltre, "in materia di edilizia, il mutamento di destinazione d'uso giuridicamente rilevante è solo quello tra categorie funzionalmente autonome dal punto di vista urbanistico, atteso che nel loro ambito possono aversi mutamenti di fatto ma non diversi regimi urbanistico costruttivi, stanti le sostanziali equivalenze dei carichi urbanistici nell'ambito della medesima categoria; pertanto, il cambio di destinazione d'uso strutturale non consentito dalla disciplina urbanistica è quello il quale comporta una variazione in aumento dei carichi urbanistici che impone una adeguata dotazione di standard urbanistici".

In questo caso, gli interventi di trasformazione del deposito attrezzi in abitazione e di ufficio e soppalco in residenza con ampliamento della superficie del soppalco hanno determinato un oggettivo aumento volumetrico. Ne consegue che è avvenuta una variazione in aumento dei carichi urbanistici, realizzata in difformità dal ‘titolo abilitativo edilizio’.

Terzo condono edilizio: no alla sanatoria anche per inedificabilità relativa

Infine, il Consiglio ha ricordato appunto che per il cosiddetto terzo condono, di cui all’art. 32 del d.l. n. 269 del 2003, come convertito, anche i vincoli che non comportino l’inedificabilità assoluta assumono carattere ostativo alla sanatoria. Esso ha un carattere più restrittivo rispetto ai precedenti, in ragione dell’effetto ostativo alla sanatoria anche dei vincoli che comportano inedificabilità relativa.

Il ricorso è stato quindi respinto, confermando il diniego di condono edilizio ai sensi della legge n. 326/2003 per abusi edilizi maggiori realizzati in area vincolata.

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