Tettoia in area vincolata: quando è abuso edilizio?

Non può essere realizzato senza alcun permesso il manufatto le cui caratteristiche dimensionali, strutturali e morfologiche siano tali da modificare stabilmente l’assetto del territorio e alterare lo stato dei luoghi

di Redazione tecnica - 19/12/2023

Nuova costruzione per la quale è necessario il relativo titolo abilitativo, oppure intervento in edilizia libera? È copiosa la giurisprudenza che gravita intorno alla definizione di tettoia.

Realizzazione tettoia: quale permesso è necessario?

Secondo una recente sentenza del TAR Lazio, la n. 18710 del 30 novembre 2023, non si scappa: la tettoia che si distingue per caratteristiche dimensionali, strutturali e morfologiche tali da modificare stabilmente l’assetto del territorio e alterare lo stato dei luoghi, arrecando un significativo impatto visivo e volumetrico, non può essere realizzata senza alcun permesso ed è abusiva, tanto più se costruita in zona sottoposta a vincolo.

Ed è così che il giudice ha confermato la legittimità dell’ordine di demolizione impartito su due grandi tettoie in legno con copertura in tegole, oltre che di una struttura in legno adibita a deposito attrezzi e della pavimentazione di ceramica sottostante le tettoie.

Secondo il ricorrente, i manufatti avrebbero avuto unicamente la funzione di protezione dagli agenti atmosferici, sarebbero state prive di impatto ambientale e non avrebbero alterato l’assetto del territorio, rientrando tra gli interventi di edilizia libera di cui all’art 6, comma 1, lett. e-quinquies del d.P.R. n. 380/2001 (Testo Unico Edilizia) quali “opere accessorie”, con esonero dall’obbligo di autorizzazione paesaggistica ai sensi dell’art. 2 d.P.R. n. 31/2017.

Di diverso avviso il TAR, che ha escluso che si trattasse di “elementi di arredo delle aree pertinenziali degli edifici” o di “interventi esclusi dall'autorizzazione paesaggistica”, quanto piuttosto di manufatti di dimensioni rilevanti, stabilmente ancorati al suolo e collocati in aderenza alla facciata dell’edificio, insistenti su una superficie pavimentata e dotati di copertura con tegole, con caratteristiche dimensionali, strutturali e morfologiche tali da modificare stabilmente l’assetto del territorio e alterare lo stato dei luoghi, arrecando un significativo impatto visivo e volumetrico.

Ne deriva che era necessario un titolo abilitativo, sia sotto il profilo edilizio che paesaggistico.

La nozione di pertinenza urbanistica

Né si può parlare di pertinenza: tale nozione assume, in ambito urbanistico, un’accezione più restrittiva di quella civilistica, intendendosi per “pertinenze” unicamente opere:

  • di dimensioni estremamente modeste e ridotte;
  • inidonee ad alterare in modo significativo l’assetto del territorio;
  • prive di autonomia funzionale, esaurendo la propria destinazione d’uso nel rapporto funzionale con l’edificio principale, così da non incidere sul carico urbanistico.

Nel caso in esame, entrambe le tettoie, per le loro non irrilevanti dimensioni e caratteristiche strutturali, si configuravano come opere di notevole impatto visivo e dotate autonoma funzione e non come interventi minimali con oggettiva finalità di mero arredo, riparo e protezione dell’immobile cui accedono.

Lo stesso vale per l’altra opera abusiva contestata, una struttura in legno di 3 mq, ascritta dal ricorrente alla categoria dell’edilizia cd. libera in quanto configurante in tesi un “vano tecnico”, invocando, al fine di escluderne la demolizione, l’art. 32 d.P.R. n. 380/2001 (cfr. comma 2, secondo cui “Non possono ritenersi comunque variazioni essenziali quelle che incidono sulla entità delle cubature accessorie, sui volumi tecnici e sulla distribuzione interna delle singole unità abitative”).

Ricorda il TAR che nel concetto di “vano” o “volume tecnico” sono sussumibili, per consolidata giurisprudenza, quegli spazi esclusivamente destinati ad ospitare impianti necessari per l’utilizzo dell’abitazione e che si risolvono in semplici interventi di trasformazione senza generale aumento di carico territoriale o di impatto visivo, e dunque unicamente quei volumi realizzati per “esigenze tecnico-funzionali della costruzione (per la realizzazione di impianti elettrici, idraulici, termici o di ascensori), che non possono essere ubicati all’interno di questa e che sono del tutto privi di propria autonoma utilizzazione funzionale, anche potenziale”.

In questo caso il manufatto non era destinato ad ospitare impianti tecnici ma era adibito al “ricovero di strumenti necessari per la manutenzione del giardino e per deposito legna”, assovendo quindi a una sua autonoma funzione.

Autorizzazione paesaggistica: le deroghe

In riferimento alla pavimentazione, le voci A.10 e A.12 della Tab. A del d.P.R. n. 31/2017, annoverano tra gli interventi esonerati dall’obbligo di conseguire l’autorizzazione paesaggistica rispettivamente le “opere di manutenzione e adeguamento degli spazi esterni, pubblici o privati, relative a manufatti esistenti, quali marciapiedi, banchine stradali, aiuole, componenti di arredo urbano, purché eseguite nel rispetto delle caratteristiche morfo-tipologiche, dei materiali e delle finiture preesistenti, e dei caratteri tipici del contesto locale” e gli “interventi da eseguirsi nelle aree di pertinenza degli edifici non comportanti significative modifiche degli assetti planimetrici e vegetazionali, quali l’adeguamento di spazi pavimentati, la realizzazione di camminamenti, sistemazioni a verde e opere consimili che non incidano sulla morfologia del terreno (…)”.

La disciplina semplificatoria è applicabile unicamente a quegli interventi effettuati su opere già esistenti, senza che ne sia alterata la connotazione, o comunque all’inserimento nelle aree pertinenziali (quali sono i giardini) di elementi di minimo impatto per cui nel caso specifico di pavimentazioni, può trattarsi esclusivamente di interventi di manutenzione e adeguamento di aree pavimentate preesistenti.

Tali caratteri non sono in alcun modo riscontrabili in questo caso, che riguarda la realizzazione ex novo di superfici pavimentate e la “funzione” cui la pavimentazione è eventualmente adibita non esime dall’obbligo di conseguire i titoli abilitativi necessari, tra cui indubbiamente l’autorizzazione paesaggistica.

Infine, a simili abusi non si può applicare la sanzione pecuniaria in luogo di quella demolitoria: è granitico indirizzo giurisprudenziale quello che prevede come doverosa l’applicazione della sanzione demolitoria per le opere abusivamente eseguite in area gravata da vincolo paesaggistico, prive della preventiva autorizzazione paesaggistica.

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