Tettoia trasformata in veranda: è sopraelevazione abusiva

La sopraelevazione non è ammessa qualora risulti lesiva dell’aspetto architettonico dell’edificio ovvero risulti necessaria l’autorizzazione dei condomini

di Redazione tecnica - 31/05/2023

La sopraelevazione in un condominio non è ammessa, non solo se le condizioni statiche dell’edificio non la permettono, ma anche se risulti lesiva dell’aspetto architettonico dell’edificio oppure risulti necessaria l’autorizzazione dei condomini.

Trasformazione di una tettoia in veranda: il no della Cassazione

Sulla base di questi presupposti, la Corte di Cassazione, con la sentenza n. 12795/2023, ha cassato quanto stabilito in appello in relazione alla trasformazione in veranda abitabile di una pensilina posta sulla terrazza di un palazzo.

Come aveva precisato il condominio nel ricorso presentato agli ermellini, la veranda era stata realizzata in violazione dell’art. 1127 del c.c. (Costruzione sopra l’ultimo piano dell’edificio) e dell’art. 1120 dello stesso c.c. (Innovazioni), oltre che dello stesso regolamento condominiale e della delibera assembleare che aveva autorizzato solo la realizzazione della pensilina, finalizzata ad evitare eventuali infiltrazioni d’acqua piovana.

Secondo il giudice d’appello, sebbene il manufatto fosse stato realizzato in difformità rispetto a quanto assentito dall’assemblea condominiale, esso non alterava in alcun modo l’aspetto architettonico ed il decoro dell’edificio; inoltre era visibile dalla parte posteriore rispetto al prospetto del condominio e lo sarebbe stato comunque, con analogo ingombro, qualora fosse stato realizzato con una diversa copertura o se la pensilina non fosse stata chiusa a vetri.

Sopraelevazione in condominio è una nuova costruzione

Nel valutare la questione, la Corte di Cassazione ha ricordato che ai fini dell’art. 1127 c.c., la sopraelevazione di edificio condominiale è, infatti, costituita dalla realizzazione di nuove costruzioni nell’area sovrastante il fabbricato, per cui l’originaria altezza dell’edificio è superata con la copertura dei nuovi piani o con la superficie superiore terminale delimitante le nuove fabbriche.

Nella definizione enunciata dalle Sezioni Unite, la nozione di sopraelevazione ex art. 1127 c.c. comprende, non solo il caso della realizzazione di nuovi piani o nuove fabbriche, ma anche quello della trasformazione dei locali preesistenti mediante l’incremento delle superfici e delle volumetrie, seppur indipendentemente dall’aumento dell’altezza del fabbricato.

Non vi è sopraelevazione, in caso di modifica solo interna ad un sottotetto, contenuta negli originari limiti strutturali, delle parti dell’edificio sottostanti alla sua copertura.

Tanto chiarito, secondo gli ermellini la sentenza d’appello è in evidente contrasto con l’orientamento costante della Corte e con il chiaro disposto dell’art. 1127 secondo cui la sopraelevazione non è ammessa, non solo se le condizioni statiche dell’edificio non la permettono, ma anche se risulti lesiva dell’aspetto architettonico dell’edificio ovvero risulti necessaria l’autorizzazione dei condomini.

Modifiche al prospetto e regolamento condominiale

Il Giudice non poteva considerare legittima anche alla luce delle previsioni del regolamento condominiale di natura contrattuale, eventualmente più restrittive.

Spiegano i giudici di Piazza Cavour che un regolamento di condominio cosiddetto “contrattuale”, ove abbia ad oggetto la conservazione dell’originaria “facies” architettonica dell’edificio condominiale, comprimendo il diritto di proprietà dei singoli condomini mediante il divieto di qualsiasi opera modificatrice, stabilisce in tal modo una tutela pattizia ben più intensa e rigorosa di quella apprestata al mero “decoro architettonico” dagli artt. 1120 comma 2 e 1138, comma 1 c.c., con la conseguenza che la realizzazione di opere esterne integra di per sé una modificazione non consentita dell’originario assetto architettonico, che giustifica la condanna alla riduzione in pristino in caso di sua violazione.

Il ricorso è stato quindi accolto: l’accertamento della Corte di appello non ha rilevato un profilo rilevante ai fini della decisione da prendere, considerata peraltro la diversità sostanziale dell’opera rispetto a quella autorizzata con la delibera assembleare e da ciò che era consentito dal regolamento condominiale.

 

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