Veranda sul terrazzo: senza permesso di costruire è abusiva

Non può essere ricondotta a pertinenza urbanistica una struttura che alteri la sagoma dell'immobile e comporti un aumento del carico urbanistico

di Redazione tecnica - 26/01/2024

La costruzione di una veranda su un terrazzo, comportante la realizzazione di un nuovo vano, l’aumento volumetrico e la modifica della sagoma dell’immobile, non può certamente essere configurata come mera pertinenza, ma risponde alla definizione di ristrutturazione edilizia “pesante” per la quale è necessaria il permesso di costruire.

Veranda sul terrazzo: pertinenza o nuova costruzione?

Lo conferma il Consiglio di Stato con la sentenza del 3 gennaio 2024, n. 130, con la quale ha respinto il ricorso contro l’ordine di demolizione di una veranda a uso cucina, completa di infissi, pavimentazione e impianto elettrico e che secondo il proprietario rappresentava invece una struttura pertinenziale, aperta su tre lati e la cui copertura era una semplice tettoia

Il ricorso era già stato respinto dal TAR, che aveva anche specificato come la presentazione di un’istanza ai sensi dell’art. 36 del d.P.R. n. 380/2001 non determina l’inefficacia dell’ordine demolitorio, bensì solo un arresto dell’efficacia del provvedimento, posto in uno stato di temporanea quiescenza e che, in caso di diniego, anche silente della domanda, esso riprende vigore.

Accertamento di conformità: il silenzio diniego

Il Consiglio di Stato ha confermato le statuizioni del giudice di primo grado: in tema di accertamento di conformità, l’art. 36, comma 3, del d.P.R. n. 380/2001 (Testo Unico Edilizia) stabilisce chiaramente e univocamente che «sulla richiesta di permesso in sanatoria il dirigente o il responsabile del competente ufficio comunale si pronuncia con adeguata motivazione, entro sessanta giorni decorsi i quali la richiesta si intende rifiutata». Si tratta dunque di un’ipotesi di silenzio significativo di rigetto, dove il silenzio ha natura provvedimentale negativa in relazione alla pretesa del privato.

Dato che il termine di 60 giorni era trascorso, ciò implicava che l’istanza di sanatoria fosse stata respinta dal Comune, tramite un provvedimento implicito per silentium che non risulta essere stato impugnato e che, pertanto, non può essere messo in discussione in questa sede. Alla ormai definitivamente accertata abusività dell’immobile consegue la legittimità del consequenziale e vincolato ordine di demolizione.

Per altro l’edificazione di una stanza sul terrazzo di pertinenza dell’appartamento, con un volume di 90 mc, destinata a cucina e corredata di pavimentazione, infissi, impianto elettrico e idrico sanitario comporta, per dimensioni e struttura, una percepibile alterazione della sagoma dell’immobile e un non trascurabile aumento di carico urbanistico, configurandosi, pertanto, come un intervento di ristrutturazione edilizia di cui all’art. 3, comma 1, lettera d), del d.P.R. n. 380/2001, con conseguente necessità, in applicazione dell’art. 10, comma 1, lettera c), del medesimo decreto, di un permesso di costruire, dovendo escludersi che detto manufatto possa essere sussunto nella categoria della pertinenza.

Pertinenza urbanistica: definizioni ed elementi distintivi

In proposito va sottolineato che la nozione di pertinenza accolta dalla giurisprudenza amministrativa è però meno ampia di quella civilistica e gli elementi che la caratterizzano sono:

  • l’esiguità quantitativa del manufatto, nel senso che il medesimo deve essere di entità tale da non alterare in modo rilevante l’assetto del territorio e il c.d. carico urbanistico;
  • l’esistenza di un collegamento funzionale tra tali opere e la cosa principale, con la conseguente incapacità per le medesime di essere utilizzate separatamente ed autonomamente. Un’opera può definirsi accessoria rispetto a un’altra, da considerarsi principale, solo quando la prima sia parte integrante della seconda, in modo da non potersi le due cose separare senza che ne derivi l’alterazione dell'essenza e della funzione dell’insieme. Tale vincolo di accessorietà deve desumersi dal rapporto oggettivo esistente fra le due cose e non dalla semplice utilità che da una di esse possa ricavare colui che abbia la disponibilità di entrambe;
  • la mancanza di un autonomo valore di mercato.

Continua Palazzo Spada specificando che i beni che nel diritto civile assumono senz'altro natura pertinenziale non sono tali ai fini dell'applicazione delle regole che governano l'attività edilizia, ogniqualvolta assumono autonomia rispetto a un’altra costruzione, con conseguente loro assoggettamento al regime concessorio.

Ne discende, dunque, che in materia edilizia sono qualificabili come pertinenze solo le opere che siano prive di autonoma destinazione e che esauriscano la loro destinazione d’uso nel rapporto funzionale con l’edificio principale, così da non incidere sul carico urbanistico.

Sul punto va anche rimarcato che «la qualifica di pertinenza urbanistica è applicabile soltanto ad opere di modesta entità e accessorie rispetto ad un'opera principale, quali ad esempio i piccoli manufatti per il contenimento di impianti tecnologici et similia, ma non anche opere che, dal punto di vista delle dimensioni e della funzione, si connotino per una propria autonomia rispetto all'opera cosiddetta principale e non siano coessenziali alla stessa, tale, cioè, che non ne risulti possibile alcuna diversa utilizzazione economica».

Anche per la tettoia ci vuole il permesso di costruire

Inoltre l’assunto che l’opera sia una tettoia aperta su tre lati è incoerente con quanto accertato dal Comune, trattandosi di una struttura appare completamente chiusa e munita di finestre.

In ogni caso, spiega il Consiglio, il permesso di costruire è indispensabile anche per le tettoie, qualora:

  • esse abbiano consistenza strutturale e morfologica non riconducibile alla tipologia della tettoia aperta removibile (pergotenda), quale mero elemento di arredo;
  • alterino la sagoma dell’edificio.

In presenza di una tettoia (peraltro di dimensioni considerevoli), che sebbene sia ipoteticamente aperta su tre lati e poggiata su pilastri, ha una copertura stabile superiore ed è visivamente impattante, è necessario l’ottenimento del predetto titolo edilizio.

In sostanza, un tale tipo di tettoia deve essere qualificata quale nuova costruzione, non potendo essere considerata un intervento di manutenzione straordinaria ai sensi dell’art. 3, comma 1, lettera b), del d.P.R. n. 380/2001, in quanto non consiste nella rinnovazione o nella sostituzione di un elemento architettonico, ma nell’aggiunta di un elemento strutturale dell’edificio, con modificazione del suo prospetto e, pertanto, la sua costruzione, pertanto, necessita del previo rilascio di permesso di costruire e non può essere assentito mediante semplice denuncia di inizio di attività.

Abusi edilizi non estinguono con il tempo

Infine, nessun rilievo ha il passaggio del tempo, atteso che il dovere dell’amministrazione di reprimere gli abusi edilizi non viene eliso né mitigato dal trascorrere di un lasso temporale anche notevole, non essendo tra l’atro necessaria alcuna motivazione circa la prevalenza dell’interesse pubblico alla salvaguardia dell’armonioso e ordinato sviluppo del territorio sull’interesse del privato, il quale in una situazione di abusivismo non può vantare alcun legittimo affidamento.

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