Violazione distanze legali, l’abuso va demolito

La deroga prevista per la densità edilizia si applica esclusivamente ad edifici pubblici o di pubblico interesse

di Redazione tecnica - 30/05/2022

La costruzione di un vano aggiuntivo senza titolo edilizio e in violazione delle distanze legali non è un intervento sanabile e non può ottenere l’accertamento di conformità. A confermarlo è il Consiglio di Stato, con la sentenza n. 3793/2022, sul ricorso presentato a seguito dell’ordine di demolizione ingiunto da un’Amministrazione Comunale, dopo avere accertato l’esistenza in un’abitazione di un vano aggiuntivo, realizzato a una distanza inferiore a quella legale da un altro edificio.

Abusi edilizi e violazione distanze legali: la sentenza del Consiglio di Stato

Su questo vano era stata presentata un’istanza di sanatoria, che è stata rigettata per due motivi:

  • l'ampliamento volumetrico si presentava in contrasto con quanto previsto dalle NTA;
  • la deroga prevista dall’art. 14 del d.P.R. n. 380/2001 (Testo Unico Edilizia) in tema di densità edilizia, altezza e distanza tra fabbricati, non era applicabile in quanto riservata ai soli edifici pubblici o di interesse pubblico.

Di conseguenza, non sussiste il requisito della doppia conformità di cui all’art. 36 del d.P.R. n. 380/2001.

Accertamento di conformità e sospensione ordine di demolizione

Il Consiglio ha anche richiamato la consolidata giurisprudenza, secondo cui la presentazione di una istanza di accertamento di conformità ai sensi dell’art. 36 del d.P.R. 6 giugno 2001, n. 380, non rende inefficace il provvedimento sanzionatorio pregresso e, quindi, non determina l’improcedibilità, per sopravvenuta carenza d’interesse, dell’impugnazione proposta avverso l’ordinanza di demolizione, ma comporta soltanto un arresto temporaneo dell’efficacia della misura repressiva, che riacquista la sua efficacia nel caso di rigetto della domanda di sanatoria. Da questo punto di vista, il consolidamento del diniego di sanatoria comporta l’incontestabilità sostanziale dell’abuso.

Infine, il Consiglio ha ribadito che, a fronte di immobili sforniti di titolo abilitativo, l’ordine di demolizione è atto dovuto e vincolato e non necessita di motivazione aggiuntiva rispetto all’indicazione dei presupposti di fatto e all’individuazione e qualificazione degli abusi edilizi. All’illecito edilizio, che ha natura permanente, si applica il principio ‘tempus regit actum’, ovvero la disciplina sanzionatoria in vigore al momento del suo accertamento.

Quindi l’ordine di demolizione, che trova in questo caso il suo presupposto nel diniego di sanatoria ormai divenuto definitivo, avrebbe potuto essere annullato solo per vizi suoi propri, che non sono stati rilevati, motivo per cui il ricorso è stato respinto.

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