Permesso di costruire: le Regioni possono annullarlo?

Le Regioni possono annullare un permesso di costruire ai sensi del Testo Unico Edilizia DPR n. 380/2001?

di Redazione tecnica - 01/06/2020

Il permesso di costruire rilasciato da un Comune può essere messo in discussione dalla Regione a seguito di sollecitazioni da parte di terzi?

Permesso di costruire: la sentenza della CGA della Regione Siciliana

È una domanda che ha portato a parecchi ricorsi ma che ha ricevuto risposta dal Consiglio di Giustizia Amministrativa per la Regione Siciliana che con la sentenza n. 325 del 26 maggio 2020 è intervenuta in merito al ricorso per l’annullamento di una serie di decisioni di primo grado che a loro volta avevano rigettato dei ricorsi avverso la decisione del Comune che, a seguito dell’annullamento delle concessioni edilizie da parte della Regione, aveva prima definito il frazionamento di unità operato dagli appellanti come “lottizzazione abusiva” e, quindi, emesso i relativi provvedimenti sanzionatori previsti dall'art. 30 del d.P.R. n. 380/2001 (c.d. Testo Unico Edilizia), recepito dinamicamente dalla Regione Siciliana dall’art. 1 della Legge regionale n. 16/2016.

A seguito del provvedimento sanzionatorio per lottizzazione abusiva, il Comune disponeva l’acquisizione gratuita al patrimonio disponibile dell’Ente delle unità immobiliari di proprietà degli appellanti nonché lo sgombero degli stessi e la immissione dell’Ente nel possesso.

Annullamento permesso di costruire: i motivi del ricorso

Avverso le decisioni del TAR, glia appellanti hanno proposto ricorso in appello per i seguenti motivi:

  • mancato accoglimento del motivo legato all’insussistenza dei presupposti per l’autotutela stante il lungo lasso di tempo trascorso e la mancata comparazione tra l’interesse pubblico e quello privato;
  • mancato accoglimento del motivo relativo alla inesistenza, nel merito, dei presupposti per l’annullamento avuto riguardo alla corretta interpretazione delle norme tecniche attuative del PRG comunale;
  • mancato accoglimento del motivo relativo alla inesistenza, nel merito, dei presupposti per l’annullamento avuto riguardo alla non configurabilità del contestato fenomeno lottizzatorio;
  • mancato accoglimento del motivo relativo alla mancata autonoma valutazione del Comune in merito alla sussistenza dei presupposti per l’applicazione dell’art. 30 d.P.R. n. 380/2001;
  • mancato accoglimento del motivo relativo all’errata attivazione dei rimedi sanzionatori da parte del Comune;
  • mancato accoglimento del motivo relativo all’illegittimità derivata dei provvedimenti del Comune adottati in ragione di quanto disposto dall’Assessorato regionale territorio e ambiente;
  • mancato accoglimento della domanda risarcitoria.

Permesso di costruire e potere di autotutela

Prescindendo dalle valutazioni di merito operate dalla sentenza, interessante è la parte che tratta il potere di autotutela e l’ipotesi di annullamento del titolo edilizio da parte della Regione.

Il tema può così essere sintetizzato: se il potere ai sensi dell’art. 39 del Testo Unico Edilizia (annullamento regionale dei permessi di costruire entro 10 anni dal rilascio del titolo ed entro 18 mesi dalla notizia della violazione) sia o meno riconducibile al paradigma dell’autotutela dell’art. 21-novies della legge. n. 241/1990 sia con riferimento ai tempi di decadenza per il suo esercizio sia con riferimento alla congruità della motivazione.

Il potere di controllo delle Regioni

Il potere di controllo da parte della Regione gode di un’autonoma disciplina che ne prevede i tempi ed i necessari passaggi procedimentali.

La Regione Siciliana, con la legge n. 71/1978, in conformità alla norma nazionale, all’art. 53 disciplina l’annullamento dei provvedimenti comunali. Si tratta di un procedimento di “secondo grado” sul governo del territorio siciliano per evitare che gli enti locali adottino provvedimenti in materia urbanistica-edilizia che violino sia le scelte amministrative di ordine generale assunte dalla Regione sia gli atti generali degli stessi enti locali.

Il provvedimento dell’Assessore regionale per il territorio e l’ambiente è emesso “su parere del consiglio regionale dell’urbanistica”. Il parere si pone come atto propedeutico e costituente parte integrante del provvedimento assessoriale.

Secondo il Consiglio di Giustizia Amministrativa Siciliano, il potere di annullamento regionale è una autotutela speciale, riconducibile al paradigma dell’art. 21-novies della Legge n. 241/1990, salva la specialità dei termini di esercizio, che sono di perdurante vigenza.

Che si tratti di un potere di autotutela è desumibile dai seguenti rilievi:

  • l’annullamento dell’atto non è “dovuto” in presenza della riscontrata illegittimità. L’art. 39 t.u. edilizia configura il potere di annullamento regionale come un potere discrezionale, utilizzando l’espressione “possono essere annullati”;
  • l’annullamento non è un atto “coercibile” da parte del privato o da altro organo dell’Amministrazione.

Ma anche a voler accedere alla tesi secondo cui il potere regionale è un potere di vigilanza e controllo, questo non giustifica senz’altro la sua sottrazione all’ambito di applicazione dell’art. 21-novies della Legge n. 241/1990; infatti tale norma non reca una delimitazione dell’annullamento di ufficio all’ambito della c.d. autotutela, e fa riferimento a tutti i casi in cui l’annullamento possa essere disposto dalla stessa Amministrazione autrice dell’atto o da “altro organo previsto dalla legge”.

La valutazione comparativa dell’interesse pubblico

In riferimento alla valutazione comparativa dell’interesse pubblico e privato ed enunciazione dell’interesse pubblico concreto e attuale all’annullamento, al fine dell’annullamento non è sufficiente la sussistenza di una illegittimità dell’atto e il mero interesse pubblico al ripristino della legalità violata. Occorre invece che sia stata commessa una grave violazione urbanistico edilizia e che vi sia un interesse pubblico concreto e attuale al ripristino della legalità violata.

Il fatto che gli atti comunali illegittimi “possono essere annullati” dalla Regione esclude qualsiasi obbligatorietà ed automaticità del provvedimento regionale di annullamento, che deve, invece, recare una congrua motivazione sull’interesse pubblico a procedere. La motivazione di un atto di annullamento d’ufficio di un titolo edilizio non può limitarsi al mero richiamo alla legalità. Sotto questo profilo l’annullamento regionale non si differenzia sensibilmente dall’annullamento operato in autotutela dal Comune, secondo cui “l'opera di comparazione degli interessi pubblici e privati coinvolti (la cui necessità non è, peraltro, esplicitamente esclusa nemmeno dall'orientamento giurisprudenziale più rigoroso, che pure intravvede un interesse pubblico in re ipsa) debba essere espletata con perspicuo rigore, dandone conto con adeguata motivazione, ed escludendo meccanismi presuntivi sia con riferimento alla sussistenza dell'interesse pubblico all'annullamento, che, non da ultimo, con riguardo all'eventuale affidamento del privati")”.

Anche il Consiglio di Stato (sentenza n. n. 4822 del 2018) ha statuito che “Seppure la norma del t.u. edilizia che attribuisce alla Regioni il potere di annullamento straordinario dei titoli edilizi illegittimi non presenta il grado di puntualità, con riferimento ai presupposti che debbono sussistere per l’esercizio corretto del relativo potere, che si riscontra nella lettura della disposizione dell’art. 21-novies l. 241/1990, che contiene i principi generali in materia di atti amministrativi di ritiro di precedenti provvedimenti, appare inevitabile affermare che, comunque, tali prescrizioni debbono essere osservate anche in caso di esercizio del potere di annullamento straordinario dei titoli edilizi, ex art. 39 d.P.R. n. 380/2001, per effetto di una doverosa lettura costituzionalmente orientata della relativa disposizione e quindi rispettosa del principio generale di cui all’art. 97 Cost..”

È solo mediante un’articolata e completa motivazione che il provvedimento rispetta i requisiti della legittimità. La motivazione deve essere tanto più congrua quanto più giustificato è il legittimo affidamento dei privati nella stabilità di provvedimenti amministrativi anche in materia di titolo edilizi. La stabilità dei provvedimenti amministrativi costituisce un valore che acquista una rilevanza sempre maggiore in un sistema che vuole l’agire della Pubblica Amministrazione ispirato al principio di correttezza e buon andamento di matrice costituzionale.

Tanto maggiore è l’affidamento dei privati tanto più esaustiva deve essere la motivazione da cui possa desumersi la sussistenza del pubblico interesse che non sia il mero richiamo alla violazione delle regole urbanistiche e l’avvenuta ponderazione e comparazione con i contrastanti interessi di cui sono portatori gli stessi.

Annullamento Permesso di Costruire: il caso di specie

Nel caso oggetto della sentenza, l’assenza di comportamenti fraudolenti deve essere desunta da quanto ricostruito nella nota redatta dal Comune e inviata all’Assessorato regionale territorio ed ambiente ed alla Procura della Repubblica. Per questo, la motivazione del principale provvedimento impugnato con il primo ricorso introduttivo del procedimento di primo grado non raggiunge l’indispensabile livello di sufficienza per poterlo considerare legittimo non consentendo di ricostruire l’iter argomentativo che dia conto della ponderazione dei contrapposti interessi in gioco.

Conseguentemente deve ritenersi fondato anche il sesto motivo, illegittimità derivata dei provvedimenti adottati dal Comune, in quanto adottati, essenzialmente, in ragione di quanto disposto dall’Assessorato Regionale Territorio e Ambiente.

A cura di Redazione LavoriPubblici.it

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