Permesso di costruire annullato: quando è possibile applicare la sanzione pecuniaria?

L'Adunanza Plenaria del Consiglio di Stato chiarisce quali sono i vizi che è impossibile rimuovere in caso di permesso di costruire annullato

di Redazione tecnica - 11/09/2020

Quando è possibile applicare la sanzione pecuniaria alternativa alla demolizione dell'abuso, nel caso di intervento effettuato sulla base di un permesso di costruire poi annullato?

Interventi eseguiti in base a permesso di costruire annullato: l'art. 38 del DPR n. 380/2001 (Testo Unico Edilizia)

Per rispondere a questa domanda basterebbe leggere l'art. 38 del DPR n. 380/2001 (Testo Unico Edilizia) che norma proprio il caso di interventi eseguiti sulla base di un permesso di costruire poi annullato. In particolare, il comma 1 dell'art. 38 prevede: "In caso di annullamento del permesso, qualora non sia possibile, in base a motivata valutazione, la rimozione dei vizi delle procedure amministrative o la restituzione in pristino, il dirigente o il responsabile del competente ufficio comunale applica una sanzione pecuniaria pari al valore venale delle opere o loro parti abusivamente eseguite, valutato dall'agenzia del territorio, anche sulla base di accordi stipulati tra quest'ultima e l'amministrazione comunale. La valutazione dell'agenzia è notificata all’interessato dal dirigente o dal responsabile dell’ufficio e diviene definitiva decorsi i termini di impugnativa".

Interventi eseguiti in base a permesso di costruire annullato: la sanzione

Nel caso, dunque, non sia possibile la rimozione dei vizi delle procedure e la restituzione in pristino, è possibile applicare una sanzione pecuniaria la cui corresponsione produce i medesimi effetti del permesso di costruire in sanatoria di cui all'articolo 36 del Testo Unico Edilizia.

Interventi eseguiti in base a permesso di costruire annullato: la problematica

La problematica a cui non è riuscita a rispondere il Consiglio di Stato è relativa proprio al quando è possibile stabilire quale tipo di vizi consenta di fatto la sanatoria dell'intervento? è il caso della sentenza n. 1735 dell'11 marzo 2020 con la quale il Consiglio di Stato ha rimesso la questione all'Adunanza Plenaria che ha risposto con sentenza n. 17 del 7 settembre 2020 che ha provato a definire il perimetro entro il quale far rientrare i "vizi" che consentono, in luogo della demolizione, l’applicazione del regime di “fiscalizzazione” dell’abuso edilizio (c.d. permesso di costruire in sanatoria).

Interventi eseguiti in base a permesso di costruire annullato: il caso di specie

Nel caso trattato dall'Adunanza Plenaria del Consiglio di Stato, i proprietari di un fondo rurale richiedevano e ottenevano dal Comune un permesso di costruire. Eseguito l’intervento, il permesso di costruire in questione veniva impugnato da un terzo dinanzi ad un TAR che, accogliendolo, annullava il provvedimento. Il Comune proponeva ricorso dinanzi al Consiglio di Stato per l'annullamento della sentenza del TAR che però veniva confermata dai giudici di Palazzo Spada.

A seguito della conferma da parte del Consiglio di Stato, il Comune applicava ai proprietari del fondo:

  • su alcuni interventi, la sanzione pecuniaria di cui all’art. 38 T.U. 380/2001, rinviando per la liquidazione a un successivo atto della competente Agenzia delle entrate;
  • su altri, la demolizione, poi imposta con la successiva ordinanza.

Contro tale provvedimento venivano proposti due distinti ricorsi:

  • da una parte il proprietario del fondo che chiedeva di evitare la demolizione della parte non sanata;
  • dall'altra parte il terzo che chiedeva la demolizione dell'intero abuso edilizio.

Il TAR, accogliendo il ricorso dei terzi, ordinava al Comune la demolizione dell'intero manufatto.

Interventi eseguiti in base a permesso di costruire annullato: i 3 orientamenti della giurisprudenza

Avverso la sentenza proponevano distinti appelli i proprietari del fondo e il Comune a cui rispondeva il Consiglio di Stato rimettendo la questione all'Adunanza Plenaria che ha ripreso i 3 orientamenti già previsti dalla giurisprudenza e per i quali:

  • un primo orientamento ritiene possibile la fiscalizzazione dell’abuso per ogni tipologia dell’abuso stesso, ossia a prescindere dal tipo, formale ovvero sostanziale, dei vizi che hanno portato all’annullamento dell’originario titolo, secondo una logica che considera l’istituto come un caso particolare di condono di una costruzione nella sostanza abusiva;
  • un secondo orientamento (molto più vecchio e restrittivo), secondo il quale la fiscalizzazione dell’abuso sarebbe possibile soltanto nel caso di vizi formali o procedurali emendabili, mentre in ogni altro caso l’amministrazione dovrebbe senz’altro procedere a ordinare la rimessione in pristino, con esclusione della logica del condono;
  • un terzo orientamento, intermedio, che si discosta da quello restrittivo per ritenere possibile la fiscalizzazione, oltre che nei casi di vizio formale, anche nei casi di vizio sostanziale, però emendabile: anche in tal caso, non vi sarebbe la sanatoria di un abuso, perché esso verrebbe in concreto eliminato con le opportune modifiche del progetto prima del rilascio della sanatoria stessa, la quale si distinguerebbe dall’accertamento di conformità di cui all’art. 36 dello stesso T.U. 380/2001 per il fatto che qui non sarebbe richiesta la “doppia conformità”.

Interventi eseguiti in base a permesso di costruire annullato: i principi di diritto

Dopo aver ripreso le caratteristiche previste dalla normativa e averne interpretato i principi ispiratori, l'Adunanza Plenaria, proprio perché trattasi di eccezionale deroga al principio di necessaria repressione a mezzo demolizione degli abusi edilizi, ha rilevato che la disposizione è presidiata da due condizioni:

  • la motivata valutazione circa l’impossibilità della rimozione dei vizi delle procedure amministrative;
  • la motivata valutazione circa l’impossibilità di restituzione in pristino.

Condizioni declinate in modo generico dal legislatore, non avendo quest’ultimo chiarito cosa debba intendersi per “vizi delle procedure amministrative” e per “impossibilità” di riduzione in pristino.

La stessa Corte Costituzionale con la sentenza n. 209/2010 ha avuto modo di chiarire che l'espressione vizi delle procedure amministrative non si presta ad una molteplicità di significati, tale da abbracciare i vizi sostanziali, che esprimono invece un concetto ben distinto da quello di vizi procedurali e non in quest'ultimo potenzialmente contenuto.

La tutela dell’affidamento attraverso l’eccezionale potere di sanatoria contemplato dall’art. 38 non può inn definitiva giungere sino a consentire una sorta di condono amministrativo affidato alla valutazione dell’amministrazione, in deroga a qualsivoglia previsione urbanistica, ambientale o paesaggistica, pena l’inammissibile elusione del principio di programmazione e l’irreversibile compromissione del territorio, ma è piuttosto ragionevolmente limitata a vizi che attengono esclusivamente al procedimento autorizzativo, i quali non possono ridondare in danno del privato che legittimamente ha confidato sulla presunzione di legittimità di quanto assentito.

Interventi eseguiti in base a permesso di costruire annullato: la risposta dell'Adunanza Plenaria

Rispondendo compiutamente al quesito posto dall’ordinanza di rimessione:

i vizi cui fa riferimento l’art. 38 sono esclusivamente quelli che riguardano forma e procedura che, alla luce di una valutazione in concreto operata dall’amministrazione, risultino di impossibile rimozione.

Accedi allo Speciale Testo Unico Edilizia e resta sempre aggiornato

A cura di Redazione LavoriPubblici.it

© Riproduzione riservata