APER, con Decreto Rinnovabili si rischia la paralisi del settore

Dopo la firma del Capo dello Stato, crescono le preoccupazioni degli operatori che temono la paralisi per tutto il settore delle rinnovabili, determinando un...

09/03/2011
Dopo la firma del Capo dello Stato, crescono le preoccupazioni degli operatori che temono la paralisi per tutto il settore delle rinnovabili, determinando una situazione di crisi generalizzata per tutte le imprese che avevano basato le loro strategie sugli impianti di produzione di energia verde.

Dopo la lettera inviata dalle principali associazioni di categoria che rappresentano la quasi totalità del settore fotovoltaico al Presidente della Repubblica Giorgio Napolitano affinché non firmasse il decreto (leggi news), APER ha inviato due lettere: una indirizzata al Ministro dello Sviluppo Economico, Paolo Romani, e una inviata al Ministro delle Politiche Agricole Alimentari e Forestali, Giancarlo Galan e per conoscenza a Confagricoltura, alla Coldiretti e alla Confederazione italiana agricoltori.

Con la lettera indirizzata al Ministro Romani, APER ha evidenziato come il decreto, che in recepimento della direttiva europea avrebbe dovuto promuovere lo sviluppo delle fonti rinnovabili ai fini del raggiungimento degli obiettivi al 2020, si è invece rivelato uno strumento per sanzionare presunti sviluppi speculativi del settore. Oltre al fatto che rimandare la definizione del valore degli incentivi a futuri provvedimenti introduce un clima di incertezza che penalizza ulteriormente il settore. APER ha, inoltre, criticato il pericoloso effetto retroattivo del decreto che va a bloccare non solo i progetti futuri, ma anche quelli già avviati e finanziati, mettendo a rischio fallimento aziende fino a ieri stabili e in crescita.
Il Presidente di APER, Roberto Longo, si è, altresì, detto disponibile a partecipare da subito ai tavoli di concertazione per la correzione del provvedimento in discussione nonché alla definizione dei decreti attuativi annunciati.

La lettera indirizzata al Ministro Galan risponde alle sue recenti dichiarazioni in merito alla sua soddisfazione per quanto contenuto nello schema di Decreto in oggetto, in merito alle fortissime limitazioni poste all'utilizzo dei terreni agricoli per la realizzazione degli impianti fotovoltaici, in quanto sarebbero "una bestemmia dal punto di vista paesaggistico ed un insulto all'agricoltura, visto che sottraggono grandi superfici".
APER ha puntualizzato che ad oggi meno della metà degli impianti realizzati (3,7 GW connessi alla rete elettrica nazionale, come riportato sul portale del Gestore dei Servizi Elettrici), insiste su terreni agricoli, e se anche tutti gli 8.000 MW previsti dal PAN fossero realizzati in aree agricole occuperebbero meno dello 0,1% della superficie coltivabile in Italia, e nella maggioranza questi interessano aree agricole marginali, non produttive, o comunque non utilizzate da diverso tempo a scopi agricoli dai proprietari in quanto assolutamente non remunerativi, e praticamente in nessun caso sottraggono terreni a colture agricolo di pregio, essendo ciò normalmente (nonché correttamente e opportunamente, aggiungiamo) impedito dalle norme regionali e/o locali che regolano la realizzazione di questi impianti.
Tutto ciò premesso, APER ha evidenziato il grave danno arrecato dalle disposizioni di cui all'art. 10 comma 4 dello schema di decreto adottato dal Consiglio dei Ministri, in quanto ritiene che le limitazioni poste recheranno non soltanto un pesantissimo freno allo sviluppo del settore fotovoltaico in Italia, ma anche grave nocumento al settore agricolo, che invece si avviava a trarre benefici dai proventi offerti dalla diversificazione delle attività verso iniziative di produzione di energia fotovoltaica, senza che vi sia per questo alcuna effettiva contropartita a favore del settore stesso.
APER ha evidenziato anche le segnalazioni fa parte dei propri associati in merito alle gravi preoccupazioni dei proprietari terrieri che vedono privarsi con l'approvazione del decreto di una importante opportunità e possibili fonti di reddito non altrimenti compensate.

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