Architetti e Ingegneri: riforma Inarcassa iniqua, scorretta e deleteria

Cambiamento non è mai sinonimo di miglioramento e benché molto spesso i motivi che ci spingono a non accettarlo si basino su uno spasmodico attaccamento vers...

23/05/2013
Cambiamento non è mai sinonimo di miglioramento e benché molto spesso i motivi che ci spingono a non accettarlo si basino su uno spasmodico attaccamento verso logiche ormai note, altre volte si configura come un semplice arretramento. La riforma Inarcassa, entrata ufficialmente in vigore nel 2013, è stata concepita per cambiare il sistema contributivo di Architetti e Ingegneri nel nome dell'equità inter e intragenerazionale e in modo da coniugare l'equilibrio economico e finanziario della Cassa, ma dimenticando il principio cardine su cui si sarebbe dovuta basare: le persone.

L'applicazione di un contributo minimo (soggettivo e integrativo) incrementato complessivamente del 44% rispetto al 2012 (da € 2.020 a € 2.910) va certamente contro ogni principio di equità sociale soprattutto in questo periodo di crisi economica che sta falcidiando migliaia di professionisti in Italia. Per tale motivo è partita da due Architetti Salenti, Claudio Marasco e Valeria Solazzo una petizione (firma la petizine on line) contro una riforma definita "profondamente iniqua, scorretta e deleteria".

L'Architetto Claudio Marasco ha, in particolare, voluto fare alcune precisazioni sui motivi fondamentali da cui è nata la petizione e che riportiamo integralmente di seguito.

1 - Attività professionale
La libera professione di architetto/ingegnere, per sua stessa natura, non si sviluppa negli anni con un percorso di tipo lineare ma ovviamente conosce periodi più floridi e periodi di calo delle commesse, a prescindere dall'età del professionista.

E soprattutto: la nostra professione si basa sulle idee, che in concreto si tramutano nella capacità di ogni professionista di affrontare e risolvere problemi di tipo tecnico, normativo, organizzativo. Ogni professionista che si rispetti sviluppa il proprio lavoro cercando di infondere nei propri progetti la massima qualità possibile, ovvero quello che in parole povere per i cittadini può definirsi "bello".

"Bello" per un professionista significa un progetto che non abbia difetti di tipo statico, che rispetti le norme urbanistiche, che abbatta i consumi energetici, "bello" è un edificio che dia qualità ai propri spazi interni ed agli spazi circostanti, "bella" è una città che funzioni, in cui ad esempio i flussi di traffico siano pensati preventivamente e scorrano fluidamente, in cui i servizi siano facilmente accessibili a tutti, in cui le categorie più deboli (disabili, anziani, bambini) possano vivere una vita dignitosa e non dover combattere con percorsi ad ostacoli, gas inquinanti e pirati della strada.

Ma per raggiungere questo "Bello" occorre necessariamente che noi professionisti possiamo esprimere le nostre IDEE, fornire le nostre soluzioni. Oggi questo non avviene a causa della pessima condizione in cui versa la nostra professione, fatta di incarichi pubblici dati agli amici degli amici, di scelta del professionista (da parte del privato) fatta solo in funzione del prezzo più basso, di mancato rispetto delle competenze professionali. Certamente molto di tutto questo è anche colpa nostra, ma sarebbe ora che iniziassimo a cambiare queste condizioni insensate, che gravano non solo sulla nostra attività professionale, ma anche sulla qualità della vita dei cittadini. Ci si chieda perché le nostre città stanno diventando così brutte ed invivibili, perché il nostro patrimonio storico architettonico sta andando in rovina, perché non si riesce a valorizzare l'immenso patrimonio immobiliare di cui disponiamo. Noi architetti ed ingegneri NON ABBIAMO VOCE IN CAPITOLO.

2 - Inarcassa ente previdenziale, la previdenza è di tipo contributivo
Inarcassa è l'ente che si occupa di erogare le pensioni esclusivamente ad architetti ed ingegneri. Non incide sui costi previdenziali dello Stato, poiché si sovvenziona e si sostenta attraverso il versamento dei propri iscritti, architetti ed ingegneri appunto.

Noi non graviamo sulle casse dello stato. E la dirigenza dell'ente investe la liquidità, o dovrebbe farlo, secondo il criterio del "buon padre di famiglia", ovvero cercando di impiegare tale liquidità in investimenti senza rischio o a basso rischio. Inoltre è tenuto a illustrare con chiarezza ai propri iscritti come ha investito tale liquidità: ebbene noi iscritti fatichiamo a sapere come vengono investiti i nostri soldi. Non riusciamo a capire, e le voci sono discordanti, se Inarcassa gode di ottima salute (secondo alcuni), o è prossimo alla chiusura e al commissariamento (secondo altri). Già questa "poca chiarezza" genera sfiducia nei contribuenti e molti hanno da tempo iniziato a chiedersi se mai beneficeranno delle decine di migliaia di euro che hanno versato negli anni. Molti infatti - quelli che hanno potuto - hanno iniziato ad aprirsi posizioni pensionistiche integrative presso altre enti erogatori.

In tutto questo si apre poi una considerazione di non poco conto e per nulla secondaria: la nostra previdenza è di tipo CONTRIBUTIVO, ovvero "quanto versi tanto ricevi". Come Le ho accennato prima, la nostra professione è fatta di cicli per cui può capitare (estremizzo il concetto) che un professionista che un anno abbia fatturato somme esorbitanti, magari l'anno successivo per qualunque motivo resti completamente fermo e non fatturi neppure un euro. È corretto allora che quel professionista versi adeguatamente l'anno in cui ha potuto permetterselo, e gli sia concesso di non versare contributi nell'anno in cui non ha incassato. Insomma sarebbe opportuno che la nostra "Inarcassa" ci assomigli.

L'arch. Claudio Marasco ha "solo" chiesto una riforma realmente equa che abbia considerazione delle fasce più deboli con un reddito che oggi gli consente solo di coprire con fatica le spese vive. "Architetti ed ingegneri che (a qualunque età) fatturano 5.000/6.000 euro - ha affermato Marasco - Come si può chiedere a costoro di versare 3.000 euro per poter continuare ad esistere? È chiaro che la risposta sarà quella di chiudere la partita iva".

Ma quella degli Architetti salentini non si propone di essere solo una mera protesta contro un regime iniquo e scorretto, ma si basa su richieste precise e puntuali sulle necessità dei professionisti:
  1. certezza dei pagamenti ai professionisti;
  2. rotazione degli incarichi pubblici;
  3. divieto di svolgere la libera professione per chi ha contratti di dipendente pubblico o privato;
  4. abolizione degli uffici tecnici comunali.

Per ultimo sottolineiamo l'animosità e l'ardore dell'architetto Marasco e della sua ultima considerazione alla nostra redazione.

"Gli architetti e gli ingegneri sono coloro che hanno rivoluzionato il nostro stile di vita: abbiamo concepito i ponti, abbiamo concepito i grattacieli, i giardini pensili, gli acquedotti. Le nostre idee hanno cambiato la storia. Abbiamo cambiato il modo di vivere generazione dopo generazione. Non penserà che possiamo fermarci davanti una piccola "riforma contributiva"!"

Augurandoci che la riforma contributiva non sia un ulteriore chiodo tombale che negli ultimi anni sta distruggendo intere generazioni di professionisti, lasciamo a voi ogni commento.

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