Doppia conformità rigida: niente sanatoria edilizia in zona sismica

La Corte di Cassazione ribadisce che l’assenza dell’autorizzazione sismica preventiva impedisce la sanatoria edilizia ai sensi dell’art. 36 del d.P.R. n. 380/2001 (Testo Unico Edilizia)

di Redazione tecnica - 23/05/2025

Quali limiti incontra la sanatoria edilizia nei territori soggetti a vincolo sismico? È possibile regolarizzare un abuso strutturale realizzato senza autorizzazione sismica? E quale valore può avere un permesso di costruire in sanatoria rilasciato dal Comune, se l’intervento risulta privo dei requisiti tecnici essenziali?

Doppia conformità rigida e zone sismiche: la nuova sentenza della Cassazione

A queste domande ha risposto la Corte di Cassazione con la sentenza n. 16084/2025, confermando un principio tanto chiaro quanto spesso ignorato: un’opera edilizia realizzata in zona sismica non è sanabile ai sensi dell’art. 36 del Testo Unico Edilizia se manca l’autorizzazione sismica preventiva. La cosiddetta “doppia conformità rigida”, in questi casi, non può prescindere dalla conformità strutturale. Senza tale requisito, la sanatoria è giuridicamente preclusa, anche in presenza di un titolo edilizio rilasciato in buona fede.

Ricordiamo, infatti, che ai sensi dell’art. 36 del d.P.R. n. 380/2001 (Testo Unico Edilizia) – anche dopo le modifiche apportate dalla Legge n. 105/2024 di conversione del D.L. n. 69/2024 (Salva Casa) – è possibile ottenere il permesso di costruire in sanatoria solo se l’intervento risulti conforme alla disciplina urbanistica ed edilizia vigente sia al momento della realizzazione dello stesso, sia al momento della presentazione della domanda (la doppia conformità rigida, diversa da quella “alleggerita” di cui al nuovo art. 36-bis utilizzabile per sanare abusi parziali e variazioni essenziali).

Il caso oggetto dell’intervento degli ermellini riguarda la richiesta di revoca di un ordine di demolizione disposto con sentenza penale definitiva nel 2014. La ricorrente, condannata per violazioni edilizie ex art. 44 del d.P.R. n. 380/2001, aveva ottenuto nel 2022 un permesso di costruire in sanatoria, poi annullato in autotutela dal Comune nel 2023. Da qui la contestazione: secondo la ricorrente, l’ordine di demolizione era ormai superato.

A sostegno della propria istanza, la parte interessata aveva anche richiamato il diritto all’abitazione e le condizioni personali dei residenti (anziani e disabili), nonché l’impedimento a presenziare all’udienza per ragioni mediche. Tutte motivazioni respinte dalla Suprema Corte.

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