SCIA e mutamento di destinazione d’uso: il Consiglio di Stato chiarisce i limiti del potere comunale

Il Consiglio di Stato chiarisce che un obbligo dichiarato in SCIA non preclude variazioni successive se compatibili con il piano urbanistico: nessun mutamento rilevante senza passaggio tra categorie funzionali.

di Redazione tecnica - 29/05/2025

È possibile contestare ex post un mutamento di destinazione d’uso se l’immobile mantiene una destinazione mista già assentita? Un obbligo dichiarato nella SCIA può vincolare irreversibilmente il futuro utilizzo degli spazi? E quando un intervento edilizio configura davvero un cambio d’uso urbanisticamente rilevante?

SCIA e mutamento di destinazione d’uso: interviene il Consiglio di Stato

A queste domande ha risposto il Consiglio di Stato con la sentenza n. 2924 del 4 aprile 2025, affrontando un caso in cui un’amministrazione comunale ha annullato in autotutela alcune SCIA edilizie relative a interventi su un immobile legittimamente destinato a usi misti (commerciale e turistico-ricettivo).

Le SCIA erano state presentate per:

  • adeguamenti interni e impiantistici;
  • la realizzazione di 30 camere d’albergo al posto di 15 preesistenti, mediante trasformazione di spazi adibiti a uffici e appartamento del custode;
  • l’apertura di una palestra e un bar;
  • la regolarizzazione di una scala esterna;
  • attività accessorie di fitness e servizi connessi.

Secondo il Comune, tali interventi violavano un obbligo precedentemente assunto dal privato in una SCIA del 2017, con cui si dichiarava l’uso esclusivamente ricettivo di alcune porzioni dell’immobile. Le modifiche, secondo l’ente, configuravano un mutamento di destinazione d’uso non conforme al piano urbanistico.

Tesi respinta dal Consiglio di Stato, che ha ritenuto gli annullamenti comunali privi di fondamento sia sotto il profilo urbanistico sia procedurale.

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