SCIA e mutamento di destinazione d’uso: il Consiglio di Stato chiarisce i limiti del potere comunale

Il Consiglio di Stato chiarisce che un obbligo dichiarato in SCIA non preclude variazioni successive se compatibili con il piano urbanistico: nessun mutamento rilevante senza passaggio tra categorie funzionali.

di Redazione tecnica - 29/05/2025

I principi affermati dal Consiglio di Stato

La sentenza offre importanti chiarimenti sulla corretta applicazione dell’art. 23-ter del d.P.R. n. 380/2001 (Testo Unico Edilizia) e sul valore giuridico delle dichiarazioni allegate alla SCIA:

  • nessun vincolo irrevocabile da obblighi dichiarati in SCIA: l’allegazione di un atto unilaterale d’obbligo alla SCIA non preclude al titolare del titolo edilizio la possibilità di modificare successivamente la destinazione d’uso, purché nel rispetto dello strumento urbanistico;
  • prevalenza delle categorie funzionali e delle superfici utili: l’edificio risultava legittimamente destinato a usi misti (commerciale e turistico-ricettivo). La trasformazione di superfici accessorie (depositi, pasticceria, ecc.) in SPA, palestra o bar non ha inciso sulla destinazione prevalente né ha comportato passaggio tra categorie urbanistiche autonome;
  • valutazione oggettiva dell’art. 23-ter del d.P.R. 380/2001: il mutamento d’uso è urbanisticamente rilevante solo se avviene tra le categorie di cui all’art. 23-ter: residenziale, turistico-ricettiva, produttiva/direzionale, commerciale, rurale. Il criterio guida è quello della destinazione prevalente, determinata in base alla superficie utile;
  • illegittimo l’annullamento tardivo senza motivazione di pubblico interesse: le SCIA annullate erano state presentate via PEC in modo valido e nei termini. Il provvedimento comunale è intervenuto oltre i 30 giorni previsti dall’art. 19, comma 6-bis della Legge 241/1990 ed era privo di motivazione sull’interesse pubblico. Il silenzio-assenso risultava quindi consolidato.
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