Abusi edilizi: occorre sempre demolirli?

L'applicazione di una sanzione alternativa rientra nell’ambito di scelte tecniche ampiamente discrezionali e rappresenta un’eccezione alla demolizione

di Redazione tecnica - 29/11/2023

Il regime sanzionatorio previsto dall'attuale normativa edilizia (il d.P.R. n. 380/2001) è caratterizzato principalmente dall'applicazione della sanzione demolitoria e di ripristino dello stato legittimo dei luoghi.

Abusi edilizi (formali e sostanziali) e doppia conformità

Preliminarmente occorre rilevare che una difformità edilizia può essere considerata di tipo formale o sostanziale e che solo nel primo caso è possibile pensare di poterla sanare successivamente alla realizzazione dell'intervento.

L'argomento è stato oggetto di parecchi interventi della giurisprudenza, tra i quali possiamo citare la sentenza della Corte Costituzionale n. 165 dell’1 luglio 2022 mediante la quale è stato chiarito che le conseguenze pecuniarie poste a carico di chi abbia realizzato interventi in difformità dal titolo posseduto dipendono dal fatto che queste:

  • sono rispettose della disciplina urbanistico-edilizia vigente sia al momento della realizzazione dell'abuso che al momento della presentazione dell'istanza di sanatoria edilizia (abuso formale);
  • non sanabili perché in contrasto con la disciplina urbanistico-edilizia vigente al momento della realizzazione dell'abuso oppure al momento della presentazione dell'istanza di sanatoria edilizia (abuso sostanziale).

Nel primo caso, a seguito di istanza di accertamento di conformità presentata ai sensi dell'art. 36 del Testo Unico Edilizia e al pagamento del doppio del contributo di costruzione è possibile ottenere il titolo sanante (il permesso di costruire in sanatoria). Da ricordare che alla richiesta di permesso in sanatoria il dirigente o il responsabile del competente ufficio comunale si pronuncia con adeguata motivazione, entro sessanta giorni decorsi i quali la richiesta si intende rifiutata (silenzio-rifiuto).

Nel secondo, invece, è necessario suddividere alcune casistiche adeguatamente (o quasi) normate dal d.P.R. n. 380/2001:

  • gli interventi eseguiti in assenza di permesso di costruire, in totale difformità o con variazioni essenziali (art. 31);
  • gli interventi di ristrutturazione edilizia in assenza di permesso di costruire o in totale difformità (art. 33);
  • gli interventi eseguiti in parziale difformità dal permesso di costruire (art. 34);
  • gli interventi abusivi realizzati su suoli di proprietà dello Stato o di enti pubblici (art. 35);
  • gli interventi eseguiti in assenza o in difformità dalla segnalazione certificata di inizio attività e accertamento di conformità (art. 37);
  • gli interventi eseguiti in base a permesso annullato (art. 38).

Interventi eseguiti in assenza di permesso di costruire, in totale difformità o con variazioni essenziali

L'art. 31, comma 1, del d.P.R. n. 380/2001 dispone:

Sono interventi eseguiti in totale difformità dal permesso di costruire quelli che comportano la realizzazione di un organismo edilizio integralmente diverso per caratteristiche tipologiche, planovolumetriche o di utilizzazione da quello oggetto del permesso stesso, ovvero l'esecuzione di volumi edilizi oltre i limiti indicati nel progetto e tali da costituire un organismo edilizio o parte di esso con specifica rilevanza ed autonomamente utilizzabile.

In questo caso, ai sensi del successivo comma 2:

Il dirigente o il responsabile del competente ufficio comunale, accertata l'esecuzione di interventi in assenza di permesso, in totale difformità dal medesimo, ovvero con variazioni essenziali, determinate ai sensi dell’articolo 32, ingiunge al proprietario e al responsabile dell’abuso la rimozione o la demolizione, indicando nel provvedimento l’area che viene acquisita di diritto, ai sensi del comma 3.

L'argomento è stato oggetto della recente Sentenza del Consiglio di Stato 24 novembre 2023, n. 10087 che riguarda l'opposizione ad una decisione di primo grado relativamente ad un ordine di demolizione emesso nei confronti di un intervento illegittimamente realizzato dopo la presentazione di un'istanza di condono edilizio.

In tal senso, come chiariscono i giudici di secondo grado, ai sensi dell’articolo 31 del Testo unico Edilizia, anche considerando l’insistenza di rigorosi vincoli paesaggistici ed architettonici nell’area interessata dall’edificazione, l’ente locale è obbligato ad ingiungere al responsabile la demolizione delle opere e la conseguente riduzione in pristino dello stato dei luoghi.

La sanzione alternativa alla demolizione

A questo punto occorre fare un preciso "distinguo" relativamente alla possibilità di applicare una sanzione alternativa alla demolizione (c.d. fiscalizzazione dell'abuso). È ormai pacifico che:

  1. la sanzione alternativa non riguarda il caso di Interventi eseguiti in assenza di permesso di costruire, in totale difformità o con variazioni essenziali. In questo caso, come prevede il citato art. 31, alla demolizione non c'è alcuna alternativa;
  2. la sanzione alternativa "può" (non deve) essere comminata:
    • in caso di totale difformità o variazione essenziale dal titolo nell’ambito di una ristrutturazione edilizia (art. 33, comma 2, del d.P.R. n. 380 del 2001);
    • a fronte di accertata difformità solo parziale (art. 34, comma 2, e 2-bis, che ne ha esteso l’applicabilità anche agli interventi soggetti a S.c.i.a. alternativa al permesso di costruire di cui all’art. 23, comma 01);
    • all’esito di un annullamento, giudiziale o in autotutela, del titolo stesso (art. 38).
  3. la sanzione alternativa è comminata a valle dell'ordinanza di demolizione sia su specifica richiesta dell'interessato che in caso di accertamento diretto della pubblica amministrazione.

Nel caso oggetto della sentenza del Consiglio di Stato, viene contestata (anche se non era questo il caso) la violazione dell’articolo 33, comma 2 del Testo Unico Edilizia, non avendo l’amministrazione considerato la possibilità di applicare la sanzione pecuniaria pari al doppio del valore venale dell’incremento patrimoniale, piuttosto che quella demolitoria.

Benché, come anticipato, la difformità si dovesse inquadrare all'interno dell'art. 31 del d.P.R. n. 380/2001 (per il quale non c'è alternativa alla demolizione), i giudici hanno rilevato che la parte appellante non ha allegato alcun elemento dal quale inferire che la disposta riduzione in pristino potrebbe implicare un grave pregiudizio statico alla restante parte dell’immobile, che è requisito prescritto per l’operatività della disposizione.

Come scritto, l’obiezione è stata disattesa, sia in considerazione del regime vincolistico dell’area (che rendeva dovuta la scelta dell’amministrazione) e sia, in ogni caso, in considerazione del fatto che l’applicazione di una sanzione alternativa, che rappresenta un’eccezione rispetto all’ordinario ricorso a quella demolitoria, rientra nell’ambito di scelte tecniche che sono ampiamente discrezionali e che l’amministrazione non ha inteso adottare nel caso di specie, con una decisione che si rivela immune da palese irragionevolezza e/o comunque da vizi estrinseci di illegittimità.

Gli effetti sananti della sanzione alternativa

A conclusione di questo approfondimento occorre ricordare che le 3 diverse sanzioni alternative comminate ai sensi degli artt. 33 (comma 2), 34 (commi 2 e 2-bis) e 38, del Testo Unico Edilizia non producono i medesimi effetti sullo stato legittimo dell'immobile.

Nei primi due casi, infatti, al pagamento della sanzione alternativa non si produce alcun effetto sanante sull'abuso edilizio che resta tale ma viene solo tollerato.

Nel caso, invece, di interventi eseguiti in base a permesso annullato, l'art. 38 del T.U. Edilizia, nel caso del pagamento della sanzione alternativa, dispone l'effetto sanante al pari del permesso di costruire in sanatoria di cui all'articolo 36.

© Riproduzione riservata