Permesso di costruire in sanatoria: chi può impugnarlo?

Il Consiglio di Stato ricorda che la vicinitas in sé non basta e che bisogna valutare sia la legittimazione che l’interesse al ricorso

di Redazione tecnica - 28/08/2023

Nei casi di impugnazione di un titolo edilizio da parte di un soggetto che possieda delle proprietà adiacenti, è necessario accertare la sussistenza sia della legittimazione che dell’interesse al ricorso. Questo perché il criterio della vicinitas non può valere da solo e in automatico a dimostrare la sussistenza dell’interesse al ricorso, inteso come specifico pregiudizio derivante dall’atto impugnato.

Abusi edilizi e vicinitas: la legittimazione e l'interesse al ricorso

A spiegarlo è il Consiglio di Stato, con la sentenza n. 7375/2023, con la quale ha respinto il ricorso del proprietario di una struttura ricettiva sul mare, che aveva impugnato il permesso di costruire in sanatoria rilasciato a una società di servizi nautici e tutti gli atti collegati alla compatibilità paesaggistica degli interventi (pontili galleggianti e darsena).

Nel valutare la questione, i giudici d'appello hanno precisato che, nei casi di impugnazione di un titolo edilizio, “riaffermata la distinzione e l’autonomia tra la legittimazione e l’interesse al ricorso quali condizioni dell’azione, è necessario che il giudice accerti, anche d’ufficio, la sussistenza di entrambi e non può affermarsi che il criterio della vicinitas, quale elemento di individuazione della legittimazione, valga da solo e in automatico a dimostrare la sussistenza dell’interesse al ricorso, che va inteso come specifico pregiudizio derivante dall’atto impugnato”.

Il criterio della vicinitas, spiega Palazzo Spada, non ha un carattere assoluto, dovendo essere parametrato all'incidenza territoriale del potere dell'amministrazione e necessitando di un apprezzamento caso per caso.

Non solo: ai fini della sussistenza delle condizioni dell’azione avverso provvedimenti lesivi anche dal punto di vista ambientale, il criterio della vicinitas, ossia il fatto che i ricorrenti risiedono abitualmente in prossimità del sito prescelto per la realizzazione dell’intervento o abbiano uno stabile e significativo collegamento con esso, tenuto conto della portata delle possibili esternalità negative, rappresenta un elemento comunque di per sé qualificante dell’interesse a ricorrere.

No alla sanatoria condizionata

Venendo al merito della questione, il ricorrente aveva fatto presente che il permesso di costruire in sanatoria era stato rilasciato in violazione dell’art. 36 del d.P.R. n. 380/2001 (Testo Unico Edilizia), in quanto si trattava di un titolo rilasciato a condizione di effettuare alcuni lavori. Ricordiamo che la norma sull'accertamento di conformità prevede il rilascio del permesso in sanatoria a condizione che l'intervento sia conforme alla normativa vigente al tempo della realizzazione dell'abuso che al momento della presentazione dell'istanza.

Nel caso in esame, Palazzo Spada ha premesso che :

  • il permesso di costruire in sanatoria contenente prescrizioni di abusi edilizi è in palese contrasto con l'art. 36, d.P.R. n. 380/2001 in quanto postulerebbe una sorta di conformità ex post, condizionata all'esecuzione delle prescrizioni e quindi non esistente al tempo della presentazione della domanda di sanatoria;
  • Il rilascio di un permesso in sanatoria con prescrizioni, con le quali si subordina l’efficacia dell’accertamento alla realizzazione di lavori che consentano di rendere il manufatto conforme alla disciplina urbanistica vigente al momento della domanda o al momento della decisione, contraddice la rigida statuizione normativa poiché si farebbe a meno della doppia conformità dell’opera richiesta dalla norma se si ammettesse l’esecuzione di modifiche postume rispetto alla presentazione della domanda di sanatoria;
  •  la valutazione di compatibilità paesaggistica non può riferirsi al manufatto ottenuto grazie alle modifiche proposte, in quanto, ai sensi dell’art. 167, co. 4, d.lgs. n. 42 /2004, è consentita la sanatoria delle opere così come esistenti al momento dell’istanza e non delle opere progettate in maniera da alterarne la consistenza originaria.

In questo caso non si era in presenza di permesso di costruire in sanatoria condizionato, in quanto le prescrizioni imposte dall’Amministrazione servivano a circoscrivere il novero delle opere suscettibili di sanatoria, ovvero ad assicurarne la compatibilità con la disciplina di settore al fine di consentirne la fruizione. In particolare, il permesso di costruire impugnato in prime cure contemplava, da un lato, la sanatoria di talune opere (pontili e recinzione) e dall’altra l’“adeguamento normativo della darsena” tra cui, appunto, la sostituzione dei pontili con pontili galleggianti. Questo secondo passaggio lessicale, conclude il Consiglio, non vanifica l’intima essenza di sanatoria edilizia, proprio perché non riflette ragioni di stampo urbanistico e/o paesaggistico bensì di sicurezza anche per finalità antincendio.

Di conseguenza, il ricorso è stato respinto, confermando la legittimità del permesso di costruire in sanatoria.

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