Superbonus 110%: la non soluzione per lo sblocco dei crediti edilizi

Con la conversione in legge del Decreto Aiuti nessuna soluzione efficace è stata prevista per il problema dei blocco dei crediti edilizi che sta mortificando imprese e professionisti

di Gianluca Oreto - 19/07/2022

La montagna ha partorito il più classico dei topolini. Con la conversione in legge del Decreto Aiuti, la scelta è stata quella di rimandare al futuro la sostenibilità del comparto delle costruzioni. Perché le modifiche apportate al meccanismo di cessione dei crediti edilizi certamente non avranno alcun effetto per imprese e professionisti che da gennaio attendono pazienti una soluzione.

La conversione in legge del Decreto Aiuti

Con la pubblicazione in Gazzetta Ufficiale della Legge di conversione n. 91/2022 era stata prevista una modifica che probabilmente sarebbe servita per riaprire il mercato dei crediti edilizi, ostaggio di continue modifiche normative che da gennaio 2022 hanno avuto come unico risultato quello di bloccare l'acquisto dei crediti da parte delle Banche, Poste Italiane e CDP, oltre che azzerare la fiducia di tutti gli attori coinvolti verso una misura fiscale che, problemi di gioventù a parte, era davvero servita a far rialzare la testa al Paese.

Gli articoli del Decreto Aiuti coordinato alla legge di conversione da prendere in considerazione per quel che riguarda la circolazione dei bonus edilizi sono:

  • l'art. 14, comma 1, lettera b), numeri 1) e 2), e comma 1-bis;
  • l'art. 57, comma 3.

Con l'art. 14, la scelta è stata quella di modificare quanto era stato previsto dal Governo con la pubblicazione del Decreto Legge n. 50/2022. Ricordiamo, infatti, che con il Decreto Aiuti era stata data la possibilità alle banche di cedere i crediti ai "clienti professionali privati". Soggetti particolari che, complice lo strumento utilizzato dal legislatore (il Decreto Legge ovvero un provvedimento di urgenza che necessita di conversione prima di rendere permanenti gli effetti), non hanno mai giocato un ruolo in questi ultimi due mesi in cui il mercato dei crediti edilizi è rimasto bloccato.

Con la conversione in legge è stata data la possibilità alle banche di cedere il credito a favore di soggetti diversi dai consumatori o utenti (ovvero da persone fisiche che agiscono per scopi estranei all'attività imprenditoriale, commerciale, artigianale o professionale), che abbiano stipulato un contratto di conto corrente con la banca stessa, ovvero con la banca capogruppo, senza facoltà di ulteriore cessione.

In questo modo le banche avrebbero potuto cedere i crediti a società, professionisti e partite Iva (con la sola eccezione, appunto, dei consumatori finali).

La riapertura totale del mercato sarebbe stata garantita dal successivo comma 1-bis con il quale era previsto che le nuove disposizioni si potessero applicare alle cessioni o sconto in fattura comunicate all’Agenzia delle Entrate prima della data di entrata in vigore della legge di conversione del Decreto Aiuti stesso.

Gli effetti sull'economia reale

Se questa disposizione fosse servita davvero a dare ossigeno al comparto non è dato saperlo. Anche perché il successivo articolo 57, comma 3 del Decreto Aiuti post conversioni ha previsto esplicitamente che le nuove disposizioni per la cessione del credito, si applicano alle comunicazioni della prima cessione o dello sconto in fattura inviate all'Agenzia delle entrate a partire dal 1° maggio 2022.

E le comunicazioni inviate prima di questa data? Ricordiamo che secondo una indagine condotta a fine maggio 2022 dalla Confederazione Nazionale dell’Artigianato e della Piccola e Media Impresa (CNA), 33mila imprese artigiane erano a rischio fallimento con conseguente perdita di 150mila posti di lavoro nella filiera delle costruzioni, proprio a causa del blocco della cessione dei crediti edilizi.

La scelta, però, è stata quella di rimandare. E la soluzione, se mai arriverà, sarà fornita con ogni probabilità dal nuovo Governo che nascerà dopo che il Premier Draghi avrà deciso le sorti dell'attuale.

I numeri del Superbonus 110%

Mentre il dottore studia, è importante sottolineare alcuni numeri, che nulla hanno a che vedere con aspetti di natura tecnica. Del superbonus, infatti, si può criticare l'efficacia e la qualità degli interventi, ma non certamente due degli aspetti più sollevati dai media:

  • frodi fiscali;
  • costo complessivo.

Sulle frodi è stata la stessa Agenzia delle Entrate a smentire chi ha visto gli operatori del superbonus come dei furfanti. Dei circa 5 miliardi di frodi fiscali, appena il 3% ha riguardato il bonus 110%, ovvero meno dell'1% del totale di interventi realizzati.

Per quanto concerne il costo a carico dello Stato, l'Associazione Nazionale Costruttori Edili (ANCE) e l'Istituto di ricerca Nomisma hanno pubblicato recentemente due studi con alcuni numeri:

  1. per ogni miliardo di euro speso in Superbonus dallo Stato:
    • 470 milioni di euro corrispondono a maggiori entrate;
    • 530 milioni di euro sarebbe il costo effettivo dello Stato;
  2. 38,7 miliardi di euro di spesa in superbonus (fino a giugno 2022) hanno generato 124,8 miliardi di euro:
    • 56,1 miliardi come effetto diretto - la spesa aggiuntiva in superbonus genera una produzione nel settore delle costruzioni ed in tutti i settori che devono attivarsi per produrre semilavorati, prodotti intermedi e servizi necessari al processo produttivo;
    • 25,3 miliardi come effetto indiretto - ogni settore attivato direttamente ne attiva altri in modo indiretto;
    • 43,4 miliardi come effetto indotto - le produzioni dirette e indirette remunerano il fattore lavoro con redditi che alimentano una spesa in consumi finali che a sua volte richiede maggiori produzioni;
  3. il superbonus 110% ha portato:
    • 410.000 occupati nel settore delle costruzioni;
    • 224.000 occupati nei settori collegati.

Sul tema è opportuno ricordare l'esposto di Codacons a 104 Procure della Repubblica affinché si indaghi sull'operato del Governo e del sistema bancario.

Conclusioni

Come ripetuto allo sfinimenento, il superbonus 110% è stata una misura nata attraverso lo strumento normativo peggiore, che ha necessitato di 10 correttivi nel primo biennio solo per far fronte a dimenticanze ed errori, ma che ha avuto un effetto sull'economia reale.
Se ne può criticare l'efficacia tecnica, si può anche scegliere di non proseguire con altre proroghe ma non si può e non si deve dimenticare il numero di imprese e professionisti che hanno investito e operato nel giusto, al momento vittime solo per aver creduto nello Stato.

Ma probabilmente la risposta migliore me la diede un amico costruttore quando dopo la nascita del superbonus decise di non lavorare con questa misura e mi disse "Quando c'è di mezzo lo Stato, fidarsi è bene ma non fidarsi è meglio". Dopo 26 mesi, come dargli torto?

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