Superbonus e cessione del credito: operazione verità spiegata semplice

Dalla nascita degli articoli 119 e 121 del Decreto Rilancio il comparto delle costruzioni ha assistito ad una vera e propria mistificazione della realtà

di Gianluca Oreto - 23/02/2023

Quando un argomento necessita di competenze altamente qualificate oltre che multidisciplinari ma è comunque sulla bocca (e la penna) di tutti, il rischio è sempre quello di imbattersi in informazioni sbagliate, faziose ed indirizzate da pregiudizi. È proprio quello che è accaduto e sta ancora accadendo quando si parla di superbonus e meccanismo di cessione dei crediti edilizi.

In questo approfondimento proveremo a chiarire i principali aspetti su cui si discute nelle ultime settimane, partendo dalle definizioni di base.

Superbonus: cos'è

Il superbonus è una detrazione fiscale prevista all'art. 119 del Decreto Legge n. 34/2020 (Decreto Rilancio). Non mi addentrerò su requisiti, condizioni, asseverazioni, visti e controlli previsti per utilizzare questa detrazione. In questa sede mi limiterò a rilevare che questo bonus consente a chi sostiene la spesa di maturare un credito pari all'aliquota prevista:

  • 110% per le spese sostenute fino al 2022 o 2023 a determinate condizioni;
  • 90% se sostenute nel 2023;
  • 70% se sostenute nel 2024;
  • 65% se sostenute nel 2025.

Questo credito viene suddiviso in 4 quote di pari importo (fino al 31 dicembre 2021 erano 5) che vengono utilizzate per ridurre le tasse pagate nei successivi anni. Se le mie tasse dell'anno (capienza annuale) non coprono l'intera quota annuale di detrazione, la parte eccedente viene persa.

Per semplicità faremo un esempio concreto:

  • nel 2022 sostengo 100.000 euro di spese che accedono al superbonus;
  • maturo un credito di 110.000 euro (100.000 x 110%);
  • ho la possibilità di utilizzare 4 rate di pari importo (pari in questo caso a 27.500 euro) per abbattere le mie tasse del 2023, 2024, 2025 e 2026;
  • se in uno degli anni la capienza fiscale (tasse pagate) risulta essere inferiore a 27.500 euro (ad esempio 25.000 euro), la restante parte eccedente non utilizzata in compensazione (in questo caso 2.500 euro) viene persa da contribuente.

L'ultimo Report pubblicato da Enea con i dati dell'utilizzo del Superecobonus al 31 gennaio 2023 ha evidenziato che l'investimento medio è di

  • 594.891,80 € per i condomini;
  • 113.845,67 € per gli edifici unifamiliari;
  • 96.877,90 € per le U.I. funzionalmente indipendenti.

Per avviare un intervento economicamente importante come quello che accede al superbonus serve, dunque, avere:

  • la capacità economica per sostenere le spese;
  • la capienza fiscale per portare in detrazione la quota annuale di superbonus.

Meccanismo delle opzioni alternative: cos'è

Per ovviare a queste problematiche e consentire a tutti l'utilizzo del bonus, unitamente all'art. 119 del Decreto Rilancio è stato previsto l'art. 121. La disposizione, non più utilizzabile per gli interventi assentiti con delibera condominiale, CILAS o altro titolo successivi al 16 febbraio 2023 (a seguito dell'entrata in vigore del Decreto Legge n. 11/2023, c.d. Decreto cessioni), consente di optare, in luogo dell'utilizzo diretto della detrazione spettante, alternativamente:

  • per un contributo sotto forma di sconto in fattura da parte del fornitore;
  • per la cessione del credito.

Anche qui non mi dilungherò a spiegare le modalità di utilizzo di queste opzioni alternative, ma è opportuno ricordare che il più grande errore del legislatore che ha messo in piedi questa misura è stato quello di estenderla a tutti i bonus edilizi minori che non avevano le stesse misure di controllo invece presenti per il superbonus.

Le frodi fiscali

L'assenza di misure di controllo sui bonus minori ha consentito un utilizzo distorto del meccanismo di cessione su interventi spesso neanche avviati. Tali frodi fiscali hanno avuto un duplice effetto:

  • la pubblicazione (sacrosanta) del Decreto Legge n. 157/2021 (Decreto antifrode), che ha esteso le stesse misure di controllo previste per il superbonus anche ai bonus minori e rafforzato i controlli preventivi dell'Agenzia delle Entrate;
  • lanciare le prime accuse contro il superbonus che sarebbe stato inizialmente definito come il principale artefice delle truffe.

Proprio a causa di questo sono cominciati i primi correttivi che, a partire dal Decreto Legge n. 4/2022 (Decreto Sostegni-ter), sono intervenuti sul meccanismo di cessione limitandolo prima ad una, fino ad arrivare alle attuali cinque cessioni stabilite recentemente dal Decreto Legge n. 176/2022 (Decreto Aiuti-quater).

Solo a febbraio 2022, dopo le prime limitazioni alla cessione, si è scoperto che nelle frodi fiscali il superbonus avrebbe inciso per appena il 3%, rappresentando meno dell'1% del totale degli interventi, a dimostrazione che la misura e i controlli previsti funzionavano.

Responsabilità solidale ed esplosione del superbonus

A giugno 2022, in piena crisi correttiva, è arrivata la circolare n. 23/E dell'Agenzia delle Entrate che ha fatto emergere quello che ho sempre definito un falso problema: la responsabilità solidale. Un problema che, però, ha bloccato le cessioni ulteriormente fino alla pubblicazione agostana della legge di conversione del Decreto Legge n. 73/2022 (Decreto Semplificazioni fiscali) con effetti cominciati a partire da settembre/ottobre.

Un problema recentemente affrontato anche dal Decreto Cessioni con la definizione della lista di documenti utili per eliminare la responsabilità dei cessionari ma non il sequestro preventivo del credito su cui resta sempre la scure dell'art. 321 del Codice di procedura penale.

In tutto questo è cominciata a circolare la voce relativa all'esplosione fuori controllo degli interventi di superbonus che secondo qualcuno sarebbe stata generata da una normativa definita folle. In realtà, dati alla mano, è bene ricordare che l'esplosione del superbonus è avvenuta a seguito della pubblicazione del Decreto Legge n. 77/2021 (Decreto Semplificazioni-bis), previsto dal Governo Draghi, che ha previsto due importanti novità:

  • la CILAS senza valutazione dello stato legittimo;
  • la deroga alle cause di decadenza degli incentivi fiscali prevista all'art. 49 del d.P.R. n. 380/2001 (Testo Unico Edilizia).

Due novità che hanno generato la malsana idea che un intervento di superbonus potesse essere avviato anche su edifici con difformità e/o abusi edilizi. Soprattutto la deroga all'art. 49 ha sciolto le briglie a tutti coloro i quali fino a quel momento erano indecisi se rischiare o meno in presenza di abusi.

La classificazione dei crediti edilizi

L'aspetto che più di tutti ha contributo, però, al blocco delle opzioni alternative previsto dal Decreto cessioni è quello relativo alla classificazione dei crediti edilizi. Una argomento su cui si è detto e scritto tanto tra cui che la classificazione del credito avrebbe inciso sul debito pubblico.

Recentemente, in audizione al Senato, il dott. Luca Ascoli, direttore delle statistiche di finanza pubblica di Eurostat, ha confermato che, prescindendo dalla sua classificazione, un credito fiscale non incide mai sul debito pubblico ma solo sul deficit (a cui differenza è enorme).

Anche qui facciamoci aiutare da un esempio concreto.

Immaginiamo che lo Stato decida di finanziare il superbonus pagando direttamente gli interventi. Considerato che non ha i soldi per finanziare i 65 miliardi di euro relativi agli investimenti fin'ora ammessi a detrazione, dovrà farseli prestare da qualcuno. In questo caso contrae un prestito che si aggiunge al debito pubblico e sul quale deve pagare anche gli interessi.

Nel caso del superbonus, però, la situazione è differente perché lo Stato non finanzia direttamente gli interventi ma chiede ai contribuenti di pagarseli per poi detrarli dalle tasse. Come detto nel primo paragrafo di questo approfondimento, la quota di superbonus annuale servirà a ridurre le tasse del contribuente in uno specifico anno e, quindi, anche le entrate annuali dello Stato.

La possibilità di detrarre il costo dipende, però, dalla capienza fiscale del contribuente. Con la conseguenza che a bilancio la quota utilizzata si potrà conoscere solo dopo che il contribuente stesso l'avrà utilizzata.

Credito pagabile e non pagabile

A questo punto facciamo un piccolo passo indietro rilevando che secondo il Sistema Europeo di Contabilità Nazionale (SEC) i crediti possono essere:

  • pagabili - sono quelli per cui una obbligazione da parte del Governo deve essere riconosciuta all'inizio, cioè al momento dell'evento generatore che provoca la creazione del credito stesso;
  • non pagabili - sono quelli che non provocano una obbligazione immediata ma riducono le entrate fiscali in futuro.

Secondo l'ultimo aggiornamento del Manual on Government Deficit and Debt (MGDD) operato da Eurostat, alla luce del meccanismo di cessione previsto dal Decreto Rilancio, sulla pagabilità del credito inciderebbe la probabilità che una parte consistente dello stesso possa essere pagata o no:

  • se la probabilità che una parte consistente del credito possa essere non pagata è alta (e quindi andare persa), allora il credito sarà classificato come non pagabile;
  • viceversa se la probabilità che una parte consistente del credito possa essere pagata è alta, allora il credito sarà classificato come pagabile.

Per verificare questa probabilità i criteri da considerare sono 3:

  • la trasferibilità del credito;
  • la compensabilità con qualsiasi tipo di imposta;
  • la differibilità per lungo tempo.

Ed è proprio il primo criterio che avrebbe indotto ISTAT ed EUROSTAT alle loro riflessioni che avrebbero impatto sulla classificazione del credito e, come diretta conseguenza, sul Bilancio annuale dello Stato perché se il credito:

  • è pagabile, allora andrà imputato interamente nell'anno 0 (in cui viene creato);
  • è non pagabile, andrà "spalmato" sugli anni in cui viene utilizzato.

Ciò che è certo, però, riguarda l'impatto sulle casse dello Stato che resta immutato nel totale degli anni di contribuzione sia che il credito risulti pagabile che non pagabile.

Attenzione: fino alla decisione sulla pagabilità di questo credito (che compete solo ad ISTAT che deciderà entro l'1 marzo 2023), tutti i crediti edilizi saranno considerati "non pagabili" quindi dovranno essere imputati nella quota annuale prevista.

Il Superbonus costa 2.000 euro per ogni italiano?

Concludiamo con le recenti dichiarazioni del Ministro Giancarlo Giorgetti che per motivare la scelta di bloccare il meccanismo di cessione dei crediti ha affermato che il superbonus è costato 2.000 euro per ogni italiano dalla culla fino all'età più avanzata.

Considerato che in Italia siamo poco meno di 60 milioni, utilizzando una delle operazioni basilari della matematica, il superbonus sarebbe costato a tutti noi 120 miliardi di euro. Affermazione sbagliata perché questo totale al più riguarda l'ammontare di tutti i bonus edilizi (ma evidentemente nella narrazione fa più comodo parlare solo del costo del Superbonus).

Ma anche prendendo per buona questa affermazione, sarebbe utile considerare anche gli effetti prodotti dal superbonus evidenziati nelle analisi di Nomisma, Censis, Ance, Centro Studi CNI, Federcepicostruzioni, Cresme e della Fondazione Nazionale dei Commercialisti. Soprattutto dall'ultimo report di Nomisma sarebbe emerso che i 71,8 miliardi euro investiti dallo Stato hanno generato:

  • un impatto economico complessivo sull’economia nazionale pari a 195,2 miliardi di euro di cui:
    • 87,7 miliardi di effetto diretto;
    • 39,6 miliardi di effetti indiretti;
    • 67,8 miliardi di indotto.
  • un risparmio medio in bolletta pari a 964 euro all’anno;
  • un incremento di 641.000 occupati nel settore delle costruzioni e di 351.000 occupati nei settori collegati.

Conclusioni

Ciò premesso, è bene rilevare che anche se il superbonus fosse costato 2.000 euro per italiano e si fosse voluto limitare il suo utilizzo, si sarebbe potuto agire direttamente alla fonte riducendo la quantità di interventi e prevedendo un piano pluriennale che considerasse (ad esempio) le criticità ed esigenze del patrimonio edilizio. Ovvero ciò che il Governo non ha fatto con il Decreto Aiuti-quater che ha addirittura aperto nel 2023 una nuova (finta) finestra temporale per le unifamiliari.

Bloccare la cessione del credito, invece, vuol dire consentire l'utilizzo del superbonus solo a chi (come scritto in premessa) possieda capacità economica e capienza fiscale, lasciando ancora una volta al margine della società chi non ne ha le possibilità (per un motivo o per un altro).

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