Superbonus e lavori mai iniziati: colpa anche del committente se resta a guardare

Il Tribunale di Savona evidenzia il concorso di colpa tra impresa e condominio per i ritardi nei lavori legati ai bonus edilizi.

di Cristian Angeli - 05/05/2025

La decisione del Tribunale: inadempimento e corresponsabilità

Il Tribunale ha dunque respinto le eccezioni sollevate dall’impresa, affermando con chiarezza che l’assenza di clausole sospensive o risolutive legate alla riuscita della cessione del credito rendeva il contratto pienamente vincolante. In altri termini, l’impossibilità sopravvenuta derivante da un evento esterno, come l’instabilità normativa in materia di bonus edilizi, non è stata ritenuta sufficiente a giustificare l’inadempimento.

È stata inoltre rigettata la possibilità di invocare la presupposizione, ovvero l’istituto giuridico che consente lo scioglimento del contratto nel caso in cui venga meno una condizione non espressamente dichiarata ma data per implicita dalle parti. Tale eccezione, in quanto fatto impeditivo, deve essere sollevata tempestivamente dalla parte interessata: circostanza non avvenuta nel caso in esame, dove l’impresa si è limitata a fare riferimento alla sopravvenuta impossibilità e all’eccessiva onerosità, senza mai richiamare espressamente la presupposizione.

A ciò si aggiunge il comportamento concretamente tenuto dall’impresa: alla data dell’entrata in vigore del decreto blocca cessioni (febbraio 2023), i lavori non erano ancora stati avviati, nonostante fossero previsti per settembre 2022. L’inerzia dell’impresa, che aveva preferito destinare le proprie risorse ad altri cantieri, ha impedito di rientrare nell’ambito di applicazione della clausola di salvaguardia contenuta nel D.L. 11/2023, che avrebbe consentito la prosecuzione delle operazioni di cessione del credito per i lavori già iniziati.

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