Vicinitas e calcolo volume edificabile: il Consiglio di Stato sul sottotetto

Il Consiglio di Stato si esprime sul requisito di vicinitas e sul conteggio della volumetria edificabile in presenza di sottotetto abitabile

di Redazione tecnica - 21/12/2021

Chi è legittimato a impugnare un titolo edilizio rilasciato dalla pubblica amministrazione? Nel calcolo della volumetria edificabile va considerato il sottotetto?

Vicinitas e calcolo volume edificabile: nuova sentenza del Consiglio di Stato

A rispondere a queste domande ci ha pensato il Consiglio di Stato con la sentenza n. 7785 del 22 novembre 2021 che ci consente di approfondire due temi molto interessanti, uno dei quali recentemente trattato dall’Adunanza Plenaria del Consiglio di Stato.

Sul concetto di vicinitas, recentemente l'AP del Consiglio di Stato ha affermato alcuni principi chiave per i quali:

  • occorre distinguere la legittimazione e l’interesse al ricorso contro un titolo edilizio per il quale il criterio della vicinitas non vale da solo ed in automatico a dimostrare la sussistenza dell’interesse al ricorso, che va inteso come specifico pregiudizio derivante dall’atto impugnato;
  • l’interesse al ricorso è suscettibile di essere precisato e comprovato dal ricorrente nel corso del processo;
  • nelle cause in cui si lamenti l’illegittimità del titolo autorizzatorio edilizio per contrasto con le norme sulle distanze tra le costruzioni imposte da leggi, regolamenti o strumenti urbanistici, non solo la violazione della distanza legale con l’immobile confinante con quello del ricorrente, ma anche quella tra detto immobile e una terza costruzione può essere rilevante ai fini dell’accertamento dell’interesse al ricorso, tutte le volte in cui da tale violazione possa discendere con l’annullamento del titolo edilizio un effetto di ripristino concretamente utile, per il ricorrente, e non meramente emulativo.

Il requisito di vicinitas

Nel caso oggetto del nuovo intervento del Consiglio di Stato, si ricorre contro una sentenza del TAR che aveva dichiarato inammissibile il ricorso per “difetto di legittimazione in capo agli enti ricorrenti, e per mancanza di prova del requisito della “vicinitas” da parte dei ricorrenti che hanno agito quali soggetti residenti sulla via XXX senza tuttavia comprovare tale qualità”.

Il giudice di primo grado, muovendo dal presupposto che “incombe sul ricorrente la dimostrazione del requisito dello stabile collegamento con il luogo dell'intervento che deve essere comprovato sulla base di base di puntuali allegazioni documentali di certa efficacia probante”, ha ritenuto che “nella specie rispetto ai ricorrenti che hanno agito in qualità di residenti su via XXX, non è stata fornita alcuna prova documentale a fondamento dell’invocato requisito della “vicinitas”, né con la produzione allegata al ricorso, né successivamente per controdedurre sulla specifica eccezione sollevata al riguardo dalla parte controinteressata. Di qui è restata del tutto preclusa al Tribunale la verifica da effettuarsi “ex ante” della corrispondenza della qualità invocata a quanto dichiarato in atti, e quindi, l’accertamento, nei termini sopra esposti, in capo ai ricorrenti persone fisiche, di una posizione giuridica differenziata sulla quale l'attività dell'Amministrazione è destinata a incidere …”.

Il Consiglio di Stato ha confermato le premesse del TAR ma non le conclusioni. Nel caso di specie, il rapporto di stabile collegamento con la zona in cui insiste l’immobile da costruire è comprovato in re ipsa ove si consideri che tutti gli istanti risiedono in immobili contigui, adiacenti, prossimi all’erigenda palazzina. Al riguardo è sufficiente osservare i numeri civici delle rispettive abitazioni per rendersi agevolmente conto della vicinitas alla fonte della presunta lesione (civici 8, 10, 12, 14, 15, 19, 21).

La vicinitas è stata, altresì, supportata da una sufficiente prospettazione del pregiudizio asseritamente subito dalla costruzione. Anche in questo caso, è sufficiente la piana lettura dei versati atti e, segnatamente, di quanto allegato e dichiarato dai ricorrenti i quali hanno paventato i seguenti pregiudizi:

  • aggravio di carico urbanistico impattante su di una strada larga meno di 5 metri, caratterizzata da un’urbanizzazione che negli anni avrebbe peggiorato la qualità della vita dei suoi residenti;
  • frequenti allagamenti (circostanza documentata con foto);
  • asserita fragilità del sistema di smaltimento delle acque;
  • aumento del flusso veicolare, diminuzione dei parcheggi pubblici, standard urbanistici ritenuti irreperibili nella zona.

Il calcolo della volumetria edificabile: il sottotetto

Confermata, dunque, la vicinitas si è passati al tema principale del ricorso: il calcolo della volumetria edificabile. I ricorrenti hanno, infatti, contestato che nel computo della volumetria edificabile sarebbe stato completamente escluso l'intero piano sottotetto.

In particolare, l’edificio da realizzare consiste nella edificazione di tre piani ad uso residenziale oltre il piano terra ed il piano sottotetto. Il progettista ha calcolato il volume edificato moltiplicando la somma della superficie utile delle tre unità abitative presenti su un piano pari a mq 184,20 per l’altezza dei soli tre piani ad uso residenziale pari a mq 8,70, ottenendo il risultato di mc 1.603,00 circa.

Questa tecnica di calcolo ha consentito al progetto di sviluppare il volume massimo assentibile ai sensi dell’art. 37 del regolamento edilizio comunale, comprensivo del premio di cubatura, pari a mc 1.603,50.

Il risultato è stato ottenuto applicando l’indice fondiario dato di 2 mc\mq alla superficie del lotto pari a mq 703,00 ed aggiungendo un premio di cubatura previsto dalla legge regionale nella misura del 40% del volume del fabbricato preesistente.

Da come si evince, nel calcolo della volumetria massima ottenibile è stato sottratto l’intero piano sottotetto. Questo perché il regolamento edilizio comunale prevede che “Gli spazi ricavati sotto le falde del tetto o con la copertura inclinata possono classificati: A) non abitabili e non computabili ai fini volumetrici”, qualora “hanno: altezza media non superiore a mt 2,40 calcolata, con media aritmetica, tra il punto più basso e il colmo …”.

Nel caso di specie, però, il sottotetto ha una altezza media interna di mt 2,40 (oscillando tra un minimo di mt 1,70 e un massimo di mt 3,10). Il sottotetto in questione, per caratteristiche costruttive e dimensionali, non si presta in realtà ad una qualificazione in termini di mero volume tecnico, con conseguente scomputo ai fini della determinazione del volume dell’edificato. Neppure appare coerente con la normazione secondaria del comune, che acconsente alla realizzazione di sottotetti solo se non abitabili in ragione di determinate caratteristiche strutturali e funzionali.

L'esclusione dei volumi tecnici

I volumi tecnici, ai fini dell'esclusione dal calcolo della volumetria ammissibile sono, infatti, esclusivamente i volumi strettamente necessari a contenere ed a consentire l'accesso a quegli impianti tecnici indispensabili per assicurare il comfort abitativo degli edifici, che non possano, per esigenze tecniche di funzionalità degli impianti, essere inglobati entro il corpo della costruzione realizzabile nei limiti imposti dalle norme urbanistiche.

Nel caso di specie, come si evince dagli elaborati tecnici di progetto, l’edificio in questione si compone di tre piani fuori terra, oltre il sottotetto le cui caratteristiche, per dimensioni, distribuzione spazi, allocazione stanze, previsione di spazi, aperture e affacci esterni corrispondono, sul piano funzionale d’uso e della proiezione planovolumetrica, a quelle dei piani sottostanti.

Si tratta di sottotetto con una muratura perimetrale che presenta una altezza media di mt. 2,40 (mt 3,10 max – mt. 1,70 min.), dotato di ampie camere e locali, con predisposizione idonea immediatamente all’uso abitativo.

Le caratteristiche strutturali dell’opera fanno venire in rilievo in rilievo un “quid novi”, ossia un organismo del tutto autonomo sul piano funzionale, non riconducibile alla qualificazione di “volume tecnico” inteso, quest’ultimo, nella sua accezione urbanistica, come volume esclusivamente adibito alla sistemazione di impianti aventi un rapporto di strumentalità necessaria con l’utilizzo della costruzione, e che non possono essere ubicati all’interno della parte abitativa.

I locali del sottotetto, per come in concreto funzionalmente progettati, si disvelano non complementari all’abitazione, tali potendo essere soltanto le soffitte, gli stenditoi chiusi o i locali c.d. di sgombero.

Neppure il sottotetto in questione, per la sua consistenza, può essere qualificato come una pertinenza. Ai fini urbanistici ed edilizi il concetto di pertinenza assume un significato più circoscritto rispetto alla nozione civilistica e si fonda sulla assenza di:

  • autonoma destinazione del manufatto pertinenziale;
  • incidenza sul carico urbanistico;
  • modifica all'assetto del territorio.

Nel caso di specie, il sottotetto – per la sua consistenza volumetrica – non palesa le caratteristiche del volume tecnico. Il volume tecnico è soltanto quello privo di autonomia funzionale, anche solo potenziale, in quanto destinato esclusivamente a contenere, senza possibilità di alternative e, comunque, per una consistenza volumetrica del tutto contenuta, impianti serventi di una costruzione principale per essenziali esigenze tecnico-funzionali di essa.

I volumi tecnici per la circolare del CSLP

I giudici di Palazzo Spada ricordano, pure, la circolare 14 marzo 1972, n. 214 del Consiglio superiore dei lavori pubblici, secondo la quale il concetto di volume tecnico riguarda solo i volumi “in stretta connessione con la funzionalità degli impianti tecnici indispensabili per assicurare il comfort abitativo degli edifici… necessari a contenere ed a consentire l'accesso di quelle parti degli impianti tecnici (idrico, termico, elevatorio, televisivo, di parafulmine, di ventilazione, ecc.) che non possono per esigenze di funzionalità degli impianti stessi, trovare luogo entro il corpo dell'edificio realizzabile nei limiti imposti dalle norme urbanistiche”.

I volumi tecnici nella giurisprudenza

La giurisprudenza amministrativa ha anche precisato che i volumi tecnici degli edifici sono esclusi dal calcolo della volumetria a condizione che non assumano le caratteristiche di vano chiuso, utilizzabile e suscettibile di abitabilità; ne consegue che nel caso in cui, come quello in esame, un intervento edilizio sia di altezza e volume tale da poter essere destinato a locale abitabile, ancorché designato in progetto come volume tecnico, deve essere computato a ogni effetto, sia ai fini della cubatura autorizzabile, sia ai fini del calcolo dell’altezza e delle distanze ragguagliate all’altezza.

Conclusioni

È evidente che il non considerare come volume edificato il sottotetto (come quello in esame) che, per caratteristiche urbanistico-edilizie si presenta (funzionalmente e strutturalmente) idoneo ai fini abitativi, rappresenta una sostanziale elusione dei principi urbanistico-edilizi in tema di volume edilizio.

In conclusione, considerato che nel caso di specie la volumetria progettata costituisce, per dimensione nonché caratteristiche d’uso anche solo potenziali, volume commerciale e non volume tecnico, e che, quindi, debba essere considerata per intero nel calcolo del valore delle opere, il ricorso è stato accolto ed è stato annullato il permesso di costruire nella parte in cui ha escluso il sottotetto dal calcolo del volume edificato.

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