Decreto taglia cessioni: ISTAT sulla classificazione dei bonus edilizi

L’audizione di ISTAT nell’ambito dell’esame del disegno di legge di conversione del D.L. n. 39/2024 che ha eliminato definitivamente il meccanismo delle opzioni alternative

di Gianluca Oreto - 30/04/2024

Il Decreto Legge 29 marzo 2024, n. 39 (Decreto tagli cessioni) “intervenendo sulle condizioni di fruibilità del credito, e quindi sulla modalità di utilizzo dello stesso da parte del beneficiario, richiede alle autorità statistiche di rivalutare la classificazione statistica del Superbonus per gli interventi realizzati a partire dal 2024”. Lo ha messo nero su bianco ISTAT nel documento depositato in sesta Commissione permanente (Finanze e tesoro) al Senato nell’ambito del ciclo di audizioni per l’esame del disegno di legge di conversione del D.L. n. 39/2024.

La classificazione contabile del Superbonus

Un ciclo di audizioni a cui hanno partecipato parecchi portatori d’interesse tra i quali l’Istituto nazionale di statistica (ISTAT) che ha focalizzato la sua attenzione sulla classificazione e riclassificazione dei bonus edilizi.

Un argomento molto delicato oltre che interessante che ci ha visti impegnati su queste pagine già da giugno 2021 quando Eurostat (l'Ufficio statistico dell'Unione europea), alla luce del meccanismo delle opzioni alternative (sconto in fattura e cessione del credito) di cui all’art. 121 del Decreto Legge n. 34/2020 (Decreto Rilancio), ha inviato una lettera al Presidente ISTAT esprimendosi provvisoriamente sul trattamento contabile del Superbonus e del Bonus facciate (non si comprende perché non sugli altri bonus edilizi “minori”) e confermandone la classificazione come crediti “non pagabili”.

Da quel momento in poi è accaduto di tutto. Prima è arrivato il Decreto-Legge 27 gennaio 2022, n. 4 (Decreto Sostegni-ter), convertito con modificazioni dalla Legge 28 marzo 2022, n. 25, mediante il quale è stato avviato lo smantellamento del meccanismo delle opzioni alternative (e a cui sono seguiti altri provvedimenti prima di trovare un “equilibrio”).

Poi (siamo già a gennaio 2023, ovvero già in piena crisi dovuta al blocco della cessione del credito) arriva l’aggiornamento del Manual on Government Deficit and Debt (MGDD) relativamente al capitolo sulla classificazione dei crediti fiscali. Un aggiornamento definito “programmato” e a seguito del quale Eurostat, prendendo atto delle norme sulla cessione del credito italiane, ha aggiunto 3 criteri per la classificazione dei crediti come pagabili o non pagabili:

  • trasferibilità del credito;
  • compensabilità con qualsiasi tipo di imposta;
  • differibilità per lungo tempo.

Alla luce di queste caratteristiche, ma senza modificare il SEC2010 (allegato A al Regolamento UE n. 549/2013 relativo al Sistema europeo dei conti nazionali e regionali dell’Unione europea), l’MGDD (che rappresenta solo un manuale interpretativo delle regole del SEC2010) ha inserito una nuova tipologia di credito fiscale “border line”. Il credito “pagabile ma non rimborsabile”.

Per comprendere cos’è questa tipologia di credito, occorre fare un passo indietro e riferirsi al paragrafo 20.167 del SEC2010 per il quale i crediti sono unicamente di due tipologie (non esistono “ibridi” o “border line”):

  • crediti pagabili, ovvero quelli per cui l'eventuale ammontare del credito che superi il debito d'imposta viene pagato al beneficiario;
  • crediti non pagabili o “non recuperabili”, ovvero quelli per cui sono limitati all'ammontare del debito d'imposta, in quanto la parte non compensata con i debiti viene persa dal beneficiario.

Alla luce delle 3 citate caratteristiche per l’MGDD occorre considerare la probabilità che il credito possa non essere utilizzato dal beneficiario:

  • se questa è alta, il credito resta “non pagabile”;
  • viceversa, se è bassa (quindi il credito può essere non utilizzato), allora il credito è “pagabile”.

L’MGDD, però, non dice nulla sulla non pagabilità di questi crediti “border line”. Nasce così il “ragionevole” dubbio che la riclassificazione del superbonus come credito “pagabile” (nonostante l’art. 121, comma 3, secondo periodo reciti “La quota di credito d'imposta non utilizzata nell'anno non può essere usufruita negli anni successivi, e non può essere richiesta a rimborso”) possa consentire ai contribuenti di richiedere il rimborso della parte di credito non utilizzata.

© Riproduzione riservata

Documenti Allegati