Direttiva Green: definire subito il piano di ristrutturazione

L’analisi del Centro Studi CNI: il tempo a disposizione per operare è poco, necessario individuare linee di intervento e finanziamento

di Redazione tecnica - 20/03/2024

Direttiva Green: definizione del campo di azione

Secondo il CNI, un primo aspetto problematico riguarda l’individuazione di tecniche e tecnologie da mettere in campo per raggiungere il primo step di riduzione del 16% di consumi energetici per il 2030 e poi il secondo step previsto per il 2035. Il Consiglio Nazionale valuta positivamente il fatto che sia stata lasciata libertà ad ogni singolo Stato sulla scelta delle modalità e del mix di strumenti da mettere in campo.

Sulla base dell’esperienza condotta dal settore dell’ingegneria nell’ambito del Superecobonus, il doppio salto di classe energetica, pur rilevante, appare oggi troppo vincolante. Secondo il CNI è possibile mettere in campo mix di interventi differenti, a seconda di condizioni strutturali diverse, per raggiungere gli obiettivi fissati dalla Direttiva, garantendo efficienza tecnica e efficacia in termini di spesa.

Tutto questo presuppone, però, di avere un quadro molto preciso delle condizioni di dispersione termica e lo stato strutturale degli edifici su cui occorrerà intervenire. In generale, attraverso la banca dati Enea sulle Attestazioni di Prestazione Energetica, si sa che gli immobili residenziali nelle classi meno performanti, ovvero E, F e G rappresentano il 70,1% del totale dei 12 milioni di immobili presenti in Italia.

Ragionando in termini unità abitative occupate da residenti, secondo le stime del Centro Studi CNI, quelle più energivore, secondo la classificazione nazionale (classi E, F e G) sarebbero 13,4 milioni. Si tratta però di stime di massima che il Consiglio Nazionale degli Ingegneri ritiene insufficienti.

Per progettare nel modo più efficace possibile, senza sprechi di risorse finanziarie, un intervento così massiccio come richiesto dalla Direttiva EPBD, è necessario un livello di dettaglio ben più elevato di quello di cui si dispone attualmente: “Da tempo, infatti, il Centro Studi CNI ha messo in evidenza la carenza di dati di dettaglio sullo stato effettivo del patrimonio edilizio e la mancanza di diagnosi energetiche degli edifici (l’APE non è una diagnosi energetica) che consentano sia di stabilire una scala di priorità che un insieme di interventi differenziati a seconda delle condizioni dei singoli edifici su cui si intende intervenire”.

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