Sismabonus e centri storici: si corre il rischio di vanificare gli sforzi

Complicate e spesso inutilmente prescrittive normative rischiano di ingabbiare le detrazioni fiscali per la riduzione del rischio sismico (sismabonus)

di Gianluca Oreto - 29/06/2021

L'ultima settimana ha posto sotto la nostra lente di ingrandimento due risposte dell'Agenzia delle Entrate che riguardano la fruizione delle detrazioni fiscali previste per la riduzione del rischio sismico (sismabonus) con specifico riferimento agli interventi sui centri storici.

Tutela e recupero dei centri storici

E l'aspetto non è banale. Perché in Italia ci sono 109 centri storici che occupano circa 172 Kmq, ovvero lo 0,06% del territorio italiano. Una porzione di territorio contenuta ma ricca di storia e architettura, che più di tutti gli altri richiederebbe di una amministrazione illuminata che possa riqualificarla.

Sono diversi gli strumenti normativi messi a punto dai vari governi. Si pensi alla Legge 6 ottobre 2017, n. 158 (c.d. Legge Piccoli comuni o Salva borghi) con la quale è stato istituito un fondo da 100 milioni di euro per la tutela e la valorizzazione del loro patrimonio naturale, rurale, storico-culturale e architettonico dei piccoli comuni.

Ma non solo, perché una serie di disposizioni di natura fiscale consente ad oggi l'utilizzo delle detrazioni fiscali, con aliquote molto convenienti. In particolare:

  • il bonus facciate, ovvero una detrazione fiscale del 90% da applicare alle spese sostenute per il recupero o restauro della facciata esterna degli edifici esistenti (inclusi quelli di sola pulitura o tinteggiatura esterna) ubicati in zona A (centri storici) o B (parti già urbanizzate, anche se edificate in parte);
  • il sismabonus ordinario, che in questo caso prevede una aliquota variabile in riferimento agli interventi di riduzione del rischio sismico;
  • il più recente superbonus 110% che incrementa il sismabonus al 110% senza alcuna necessità di passaggio da una classe di rischio sismico inferiore ad una superiore.

Speciale Superbonus

Il sismabonus

Tralasciando il bonus facciate (da utilizzare per quelle situazioni di degrado "esteriore"), occupiamoci adesso del sismabonus e del sismabonus 110%. Stiamo parlando della detrazione prevista dall'art. 16, commi da 1-bis a 1 septies del D.L. n. 63/2013 per gli interventi di cui all'art. 16-bis, comma 1, lettera i) del DPR n. 917/1986 (TUIR). Con l'obiettivo di incentivare la riqualificazione strutturale del patrimonio immobiliare (molto vecchio), l'art. 119, comma 4 del Decreto Legge n. 34/2020 (Decreto Rilancio) ha incrementato al 110% questa detrazione per una determinata finestra temporale.

Tutto molto bello. Peccato che il cattivo modus operandi legislativo, che troppo spesso utilizza la tecnica del ricorso a norme precedenti nel tempo, rischia di vanificare questo obiettivo. Dalla nascita del superbonus (previsto pure per gli interventi di riqualificazione energetica, sempre più spesso contribuenti, tecnici e imprese ricorrono all'interpello all'Agenzia delle Entrare per chiarire quei dubbi che, ahinoi, tutte le leggi ci lasciano.

Sismabonus e centri storici

E uno di questi dubbi riguarda proprio l'applicabilità del sismabonus per interventi realizzati all'interno dei centri storici. L'art. 16-bis, comma 1, lettera i) del TUIR alla fine dispone:

"Gli interventi relativi all'adozione di misure antisismiche e all'esecuzione di opere per la messa in sicurezza statica devono essere realizzati sulle parti strutturali degli edifici o complessi di edifici collegati strutturalmente e comprendere interi edifici e, ove riguardino i centri storici, devono essere eseguiti sulla base di progetti unitari e non su singole unità immobiliari".

E proprio l'Agenzia delle Entrate ha risposto ad due contribuenti sulla necessità che l'eventuale intervento di riduzione del rischio sismico su un edificio in centro storico dovesse essere realizzato sulla base di un progetto unitario, escludendo che questo possa coincidere con l'unità strutturale di cui alle norme tecniche per le costruzioni.

Per provare a chiarire meglio il dilemma sulla definizione di "progetto unitario", abbiamo interpellato due ingegneri strutturisti, Andrea Barocci e Cristian Angeli. Quest'ultimo ha fornito una lettura differente che ci offre nuovi e interessanti spunti di riflessione.

Secondo l'ing. Cristian Angeli, infatti, la risposta dell'Agenzia delle Entrata sarebbe stata fornita sulla base di informazioni incomplete dell'istante che pur parlando di centro storico, non avendo ancora presentato il titolo edilizio, si è limitato a parlare dell'unità strutturale senza le necessarie valutazioni sull’inquadramento architettonico e urbanistico dell'intervento interventi. Limitandosi ad una presentazione di natura ingegneristica-strutturale, l'istante non avrebbe fornito tutte le informazioni necessarie per una corretta risposta.

Ciò non toglie che l'Agenzia delle Entrate una risposta l'ha fornita e ha già fatto molto discutere. Si è limitata, infatti, ad escludere il sismabonus senza le necessarie valutazioni necessarie per la verifica del concetto di progetto unitario.

Si rischia di vanificare gli sforzi

Il rischio è che sempre più contribuenti e tecnici possano cominciare a dubitare sull'effettivo utilizzo di questo strumento fiscale per i centri storici. Benché le nostre "valutazioni" e ipotesi, resta il fatto che nessuna norma fiscale o tecnica definisca il concetto di progetto unitario. E' un progetto che studia la risposta strutturale di tutta una "stecca di edifici"? Oppure è un progetto che prende in considerazione i vincoli imposti dal Comune? O entrambi?

Probabilmente un intervento chiarificatore dei Ministeri competenti potrebbe sciogliere ogni riserva.

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