Superbonus 110%: quanto costa davvero allo Stato?

Da Ance l’Indagine conoscitiva sugli effetti macroeconomici e di finanza pubblica degli incentivi fiscali in edilizia

di Gianluca Oreto - 03/05/2023

Mentre proseguono alla Camera in Commissione Bilancio le audizioni nell'ambito dell'indagine conoscitiva sugli effetti macroeconomici e di finanza pubblica derivanti dagli incentivi fiscali in materia edilizia e dopo la pubblicazione degli ultimi dati ISTAT, l'Associazione Nazionale Costruttori Edili (ANCE) ha pubblicato un interessante contributo in merito all'impatto del Superbonus 110% sul gettito dello Stato, prendendo in considerazione i soli effetti diretti che derivano dall'attivazione dei cantieri coinvolti dagli interventi.

Superbonus 110%: il Dossier ANCE

Sugli effetti diretti e indiretti del Superbonus 110% nell'ultimo anno abbiamo già registrato diversi contributi tra i quali quelli di Nomisma, Censis, Ance, Centro Studi CNI, Federcepicostruzioni, Cresme e Fondazione Nazionale dei Commercialisti.

Il nuovo dossier messo a punto dai costruttori prende in considerazione la recente riclassificazione dei bonus edilizi operata da Eurostat a cui è seguita quella di ISTAT che ha considerato pagabili i bonus edilizi di cui all'art. 119 del Decreto Legge n. 34/2020 (il Superbonus) e di cui all'art. 1, commi da 219 a 224 della Legge n. 160/2019 (il bonus facciate), riclassificandoli retroattivamente con effetti sul rapporto deficit/PIL per gli anni 2020 e 2021 che è diminuito rispettivamente di 0,2 e 1,8 punti percentuali. Una classificazione che, però, potrebbe cambiare nuovamente entro il prossimo 30 giugno.

Il nuovo studio di ANCE utilizza un modello empirico, partendo da un progetto reale e standardizzato in modo da calcolare, per ogni fase della lavorazione, la ricchezza prodotta in termini di redditi e utili d’impresa, e, per questa via, determinare la quota di consumi e investimenti dei soggetti coinvolti. In questo modo l'analisi, in modo del tutto prudenziale, arriva a determinare le maggiori entrate nel bilancio dello Stato che derivano dai redditi pagati agli operai di quei cantieri, dai prodotti utilizzati, dalle parcelle dei professionisti e dai redditi degli imprenditori.

Diversamente da altri studi che prendono in considerazione anche le stime sugli effetti indiretti, il lavoro presentato da ANCE ha il pregio di basarsi su dati empirici che forniscono considerazioni immediate sugli effetti degli incentivi. Una semplificazione che, però, sembra bastare per comprendere (al di là di qualsiasi considerazione tecnica o miglioramento possibile) la forza degli investimenti nella riqualificazione energetica del patrimonio immobiliare italiano.

Un modello basato su un caso reale

Il lavoro proposto da ANCE si basa sulla modellazione di un cantiere tipo che comprendesse le caratteristiche progettuali più ricorrenti, per identificare le diverse componenti economiche che concorrono alla sua realizzazione.

Successivamente, per ciascuna delle attività del progetto è stata stimata la componente lavoro e la componente «prodotti», così da isolare gli effetti determinati dai salari pagati ai lavoratori e dalla remunerazione degli altri fattori della produzione.

L'ultima fase è stata quella di stimare i comportamenti dei diversi percettori di redditi (imprese, professionisti, lavoratori), in modo da valutare i successivi impieghi di questi redditi in consumi, risparmio e investimento. Ciascuno di questi impieghi, infatti, determina effetti economici positivi per l’erario, in termini di maggiore IVA, imposte sui redditi, contributi, ecc. In termini di effetti, il modello si limita a considerare gli effetti diretti e indiretti, senza considerare le conseguenze che, a cascata, si producono nell’economia. Sono, invece, considerati gli effetti che derivano dalla minor spesa, per le famiglie, relativa ai costi energetici e dall’aumento di valore degli immobili riqualificati. Si tratta di stime molto contenute, basate su ipotesi assolutamente prudenziali, che abbiamo voluto considerare per completezza di analisi, più che per i risultati (poco rilevanti) a cui conducono.

Fase 1: l'intervento tipo

Entrando nel dettaglio, l’intervento-tipo viene suddiviso nelle singole lavorazioni previste e, per ciascuna, viene determinato il relativo costo. Il risultato è un capitolato che configura i valori di ripartizione delle singole lavorazioni che compongono il totale dell’intervento. In questo modo, il computo metrico costituisce un parametro di ripartizione dei costi per singole lavorazioni degli interventi.

Ecco la ripartizione delle componenti di un intervento-tipo:

  • Isolamento termico 31,7%;
  • Impianti e materiali 21,1%;
  • Progettazione 9,7%;
  • Serramenti 9,3%;
  • IVA 9,1%;
  • Opere edili 8,7%;
  • Ponteggi 8,1%;
  • Sicurezza 2,3%.

A questo punto l’intervento viene parametrato ad un importo di 1 milione di euro. Alla somma così calcolata si aggiunge l’ammontare IVA corrispondente (10%). In questo schema, quindi, le singole ripartizioni possono essere applicate agli importi effettivamente realizzati, su base nazionale.

Intervento tipo

Fase 2: manodopera e materiali

A questo punto viene calcolato il costo della manodopera impiegata nel cantiere e dei materiali coinvolti, e la relativa scomposizione nelle singole componenti per determinare il gettito per lo Stato.

Opere edili

La valutazione dei risultati

Parametrando l'intervento sul milione di euro ne discende che:

  • 440.000 euro sono impiegati in prodotti e impianti;
  • 380.000 euro è la componente stipendi;
  • 110.000 euro le parcelle;
  • 100.000 euro l'IVA;
  • 70.000 euro il costo dei materiali edili.

L’esito di questo modello empirico porta a quantificare che, se lo Stato spende 57 miliardi per i bonus, ne incassa, direttamente, 26 miliardi, ovvero il 47% della spesa complessiva.

In definitiva, il 47% dei crediti fiscali rientra all’erario come nuove tasse, IVA e contributi vari.

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