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Superbonus o Supermalus: la verità che non piace a nessuno

Dal Superbonus al Supermalus: in che modo hanno influito le detrazioni fiscali del 110% sul comparto delle costruzioni e sull'economia italiana?

di Gianluca Oreto - 13/09/2023

Si avvicina inesorabilmente il 31 dicembre 2023 e con questa data, fatta eccezione per nuove possibili proroghe per terminare i cantieri in corso, terminerà ufficialmente la corsa del Superbonus 110% (anche di quello al 90%). Poi l'aliquota diminuirà progressivamente al 70% nel 2024 e 65% nel 2025.

Superbonus o Supermalus?

In un Paese abituato a schierarsi, ancorando le proprie convinzioni sulla forza comunicativa di un titolo di giornale o su una dichiarazione più o meno interessata, è sempre utile tirare le fila e chiedersi se sia possibile recuperare dati e ricostruirne la storia, al fine di comprendere questa misura se possa davvero essere considerata il disastro di cui ha recentemente parlato il Presidente del Consiglio dei Ministri o più semplicemente un'esperienza da utilizzare per il futuro.

Lo scorso 23 febbraio ho provato a raccontare quel che è accaduto con gli articoli 119 e 121 del Decreto Legge n. 34/2020 (Decreto Rilancio), approfondendo soprattutto il tema legato ai numeri del superbonus e alla riclassificazione dei crediti edilizi.

Oggi proverò a definire le misure chiave che hanno influenzato questa detrazione che a 31 agosto 2023 ha sviluppato 85 miliardi di investimenti ammessi di cui 69 miliardi riguardano lavori già conclusi. Investimenti che corrispondono a circa 93,5 miliardi di euro di detrazioni fiscali (ovvero meno entrate nelle casse dello Stato). Ma, mentre i costi sono facili da quantificare, più complicato è parlare (e analizzare) dei benefici di questa misura, affrontati da diversi studi indipendenti tra i quali è possibile ricordare quelli pubblicati da Nomisma, Censis, Ance, Centro Studi CNI, Federcepicostruzioni, Cresme e Fondazione Nazionale dei Commercialisti.

Soprattutto secondo quest'ultimo, le stime eccessivamente prudenziali della Ragioneria Generale dello Stato avrebbero sottostimato la spesa aggiuntiva attribuibile agli interventi di superbonus 110% ma anche agli effetti indotti dall’art. 121 del Decreto Legge n. 34/2020 (Decreto Rilancio) che introducendo le opzioni per la cessione del credito e lo sconto in fattura per tutti i bonus edilizi ha rappresentato un vero e proprio boost per gli investimenti nel settore.

Superbonus tra detrazione diretta e cessione del credito

Partiamo dalle basi. Il superbonus è una detrazione fiscale che viene ripartita in X anni (4, 5 o 10) e va ad abbattere l'IRPEF (Imposta sul reddito delle persone fisiche). Come tutti i bonus edilizi non si può avere a priori la certezza che il contribuente abbia la capienza fiscale per portare in detrazione la relativa rata annuale. La parte di detrazione non utilizzata si perde. STOP.

Proprio per questo motivo, i bonus edilizi (superbonus incluso) sono sempre stati classificati come “non esigibili” o "non pagabili" (detti anche a fondo perduto o “perdibili”), ovvero detrazioni limitate all'ammontare dell'imposta dovuta che, se eccedono l'obbligazione del contribuente nel periodo in vigore, sono “persi”. Non vi è alcun rimborso da parte dello Stato.

Diversi sono, invece, i crediti "pagabili" sui quali eventuali eccedenze del credito rispetto al debito d’imposta del periodo sono comunque riconosciute al soggetto beneficiario (perché rimborsabili, o riportabili agli anni successivi o in altro modo utilizzabili).

Facendo un esempio pratico, immaginiamo un credito di 100 maturato nell'anno 0 e da ripartire in 5 quote annuali di pari importo: 20 a partire dall'anno 1 al 5. Se il credito è non pagabile, il contribuente potrà utilizzare il valore di 20 nei 5 anni per l'abbattimento dell'IRPEF, ma se in un determinato anno la sua capienza fiscale fosse inferiore a 20 (ad esempio 15), la differenza andrebbe persa (20-5= 5 perso).

Nel caso in cui il credito fosse considerato "pagabile", l'eventuale differenza tra capienza fiscale e rata dovrebbe essere rimborsata al soggetto beneficiario.

Un concetto ribadito anche alla luce del meccanismo delle opzioni alternative (sconto in fattura e cessione del credito) per il quale la normativa di rango primario (art. 121, comma 3, terzo periodo, del Decreto Rilancio) prevede:

La quota di credito d'imposta non utilizzata nell'anno non può essere usufruita negli anni successivi, e non può essere richiesta a rimborso.

Questo è un dato di fatto che, però, si è dovuto scontrare con l'aggiornamento del Manual on Government Deficit and Debt (MGDD), a seguito del quale ISTAT ha provveduto ad una riclassificazione dei due principali bonus edilizi utilizzati a partire dal 2020: il superbonus e il bonus facciate.

Secondo Eurostat, è possibile considerare "pagabile" anche un credito che ha elevata probabilità di non essere "sprecati". Probabilità che dipenderebbe da tre caratteristiche:

  • la trasferibilità a terzi;
  • l'utilizzo differito nel tempo;
  • l'utilizzo in compensazione con altri debiti fiscali e contributivi.

Un criterio a seguito del quale ISTAT ha riclassificato come "pagabili ma non rimborsabili" i crediti maturati per gli interventi di Superbonus e bonus facciate. Una riclassificazione che ha avuto effetti immediati sul Bilancio dello Stato.

I crediti "non pagabili", infatti, vanno contabilizzati sugli anni in cui sono utilizzati. Quelli pagabili, invece, sono interamente imputati nell'anno in cui il credito viene maturato.

L'esplosione del superbonus, la proroga dei termini e le semplificazioni

Fatta questa dovuta premessa di carattere contabile, che incide sulla capacità di spesa dello Stato, è opportuno rispondere ad una domanda: come mai il superbonus è riuscito in maniera incontrollata a superare quota 90 miliardi di euro?

Leggendo molti giornali generalisti si parla spesso di colpe che gli stessi rappresentanti del Governo tendono sempre ad addossare ad una parte del Parlamento. Nessuno parla più dell'effetto moltiplicatore degli interventi di superbonus, né degli incassi immediati di tasse e tributi, né tantomeno della riduzione della disoccupazione o del miglioramento della qualità energetica e strutturale degli edifici...

Concetti sempre difficili da analizzare a mente serena e che eviterò di trattare, considerate le diverse analisi e report già citati (a dire il vero tutte allineati su un moltiplicatore comunque positivo).

Per rispondere alla domanda sull'ammontare degli investimenti in superbonus è necessario considerare 3 aspetti:

  • l'orizzonte temporale e il consolidamento della normativa;
  • il meccanismo di cessione del credito;
  • le semplificazioni normative arrivate con il Decreto Legge n. 77/2021 (Decreto Semplificazioni-bis).

Riguardo all'orizzonte temporale, il legislatore che ha messo a punto gli articoli 119 e 121 del Decreto Rilancio aveva previsto un utilizzo del superbonus molto limitato (dall'1 luglio 2020 al 31 dicembre 2021) e stanziato delle somme.

Lo stesso Governo e Parlamento hanno poi previsto:

  • una proroga al 30 giugno 2022;
  • una diminuzione della rateazione del superbonus in 4 quote annuali di pari importo per la parte di spesa sostenuta nell’anno 2022 (che sarebbe servito per incentivare la cessione del credito).

Pur essendo chiaro che il motore del superbonus sia stato proprio il meccanismo di cessione che ne ha consentito l'utilizzo indiscriminato a tutti i soggetti (non solo a quelli privi di capacità di spesa e capienza economica), la miccia che ha fatto esplodere gli interventi è stata accesa con il citato Decreto Semplificazioni-bis, voluto dal Governo Draghi e che il Parlamento ha convertito in legge in modo quasi compatto (alla Camera su 279 votanti, 265 favorevoli e 14 contrari di cui uno solo di Fratelli d'Italia).

A seguito dell'introduzione della CILAS e della deroga ai principi di cui all'art. 49 del d.P.R. n. 380/2001 (Testo Unico Edilizia), è stato superato lo "scoglio" che impediva l'utilizzo del superbonus in presenza di abusi o difformità edilizie che andavano ad incidere sullo stato legittimo degli immobile. Una "semplificazione" che da una parte ha incentivato gli interventi e dall'altra ha generato la "malsana" idea che si potesse tranquillamente intervenire in assenza di verifica di conformità edilizia e urbanistica (aspetto che nei prossimi anni porterà tanto lavoro ad avvocati e tribunali).

Sull'argomento ho recentemente messo a confronto i numeri sviluppati nei primi 11 mesi di utilizzo del superbonus (fino ad agosto 2021) con i successivi. Ne è venuto fuori che a seguito delle semplificazioni normative volute dal Governo Draghi il superbonus ha cominciato a correre ad una velocità cinque volte superiore.

Il blocco della cessione del credito

Non riuscendo ad intervenire direttamente sul numero di interventi (e quindi sulle detrazioni), il Governo Draghi (lo stesso che pochi mesi prima aveva fatto esplodere i numeri) ha avviato un complesso processo di disincentivazione basato su due aspetti:

  • la modifica al meccanismo di cessione del credito;
  • una vera e propria campagna contro le frodi nel superbonus (poi dimostrata falsa dagli stessi numeri pubblicati dall'Agenzia delle Entrate e dalla Guardia di Finanza).

Dal Decreto Legge n. 4/2022 (Decreto Sostegni-ter) è accaduto l'imprevedibile i cui effetti non sono stati compresi almeno per tutto il 2022. Con la modifica al meccanismo di cessione, le frodi scovate soprattutto nei bonus minori ante Decreto Antifrode (D.L. n. 157/2021) e la scarsa aria che ha cominciato ad avvolgere il mondo dei bonus, ha progressivamente portato banche ed intermediari ad uscire dal mercato, lasciando contribuenti, professionisti, imprese e fornitori con un ammontare imprecisato di crediti maturati (le cifre ballano tra i 30 e i 100 miliardi di euro) senza nessuno disponibile ad acquistarli.

Un dramma economico e sociale che secondo Ance coinvolgerebbe 33mila imprese e 350mila famigli e che stenta a trovare una soluzione che potrebbe arrivare mediante:

  • l'acquisto dei crediti da parte delle partecipate dello Stato;
  • oppure la dilazione dei tempi di detrazione (anche a 15/20 anni) con un prestito garantito per la copertura dei costi.

Superbonus: costo o investimento

Partendo dal presupposto che il superbonus, come qualsiasi altra misura economica prevista dallo Stato, è un investimento che ha generato ricchezza, ridotto il nero e migliorato il patrimonio immobiliare, è innegabile che qualsiasi progetto debba sempre prevedere:

  • obiettivi chiari;
  • tempistiche determinate;
  • adeguate coperture economiche.

Aspetti che sul superbonus non sono mai stati pianificati correttamente perché si è partiti da una normativa scritta male, modificata in corsa (peggio) e prorogata senza alcuna progettualità, salvo poi ammettere che la spesa ha superato qualsiasi aspettativa. Tutti errori che hanno coinvolto tutte le forze parlamentari, anche quelle che oggi si stracciano le vesti puntando il dito contro "gli altri".

In un articolo di Giorgio Santilli pubblicato su "La Stampa" il giornalista chiede provocatoriamente:

"Se lo Stato avesse deciso di stanziare 96 miliardi in opere pubbliche, quanti anni avremmo dovuto attendere per vedere un cantiere?".

La risposta è scontata ma non è sufficiente per pensare di giustificare una misura che ha proceduto senza alcun controllo e pianificazione ma che al contempo ha consentito a tutti di acquisire informazioni ed esperienza che (si spera) non vadano persi.

L'economia ha bisogno del comparto delle costruzioni.
Il comparto delle costruzioni non può prescindere da un sistema di bonus fiscali affidabile, duraturo e con obiettivi chiari a tutti.

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