Autorizzazione paesaggistica e permesso di costruire: il Consiglio di Stato sul principio di separazione
Le Amministrazioni devono garantire la differenziazione tra attività di tutela paesaggistica ed esercizio di funzioni amministrative in materia urbanistico-edilizia. Ma è sempre possibile?
Il Codice dei Beni Culturali e del Paesaggio (d.Lgs. n. 42/2004), all’art. 146, comma 6, stabilisce la separazione tra funzione paesaggistica e funzione edilizia. Come si attua la norma nei piccoli comuni, dove il personale a disposizione è ridotto? Il rilascio dei titoli da parte della stessa struttura è legittimo, oppure può metterne a rischio la validità?
Sono queste alcune delle questioni al centro della sentenza del 25 giugno 2025, n. 5539, con cui il Consiglio di Stato ha riformato la decisione del TAR, che aveva annullato un permesso di costruire e una autorizzazione paesaggistica relativi a un intervento di recupero e ampliamento su un fienile ubicato in area rurale.
Autorizzazione paesaggistica e permesso di costruire: garantire istruttoria autonoma
Il contenzioso origina dal ricorso presentato dai proprietari di un’abitazione confinante con un ex fienile, trasformato – in parte in sanatoria – mediante interventi di consolidamento, modifica delle aperture, ampliamento del volume entro il 20% e inserimento di una scala esterna e di un porticato.
I ricorrenti hanno contestato la legittimità dei titoli edilizi rilasciati dal Comune, lamentando, tra l’altro, la perdita del valore testimoniale dell’immobile e la violazione dell’art. 146, comma 6, del d.lgs. n. 42/2004.
Superando le conclusioni del TAR, il Consiglio di Stato ha ritenuto che l’intervento contestato non integrasse un cambio di destinazione d’uso da agricola a residenziale. L’immobile, infatti, pur essendo stato ampliato e dotato di alcuni elementi accessori, è rimasto formalmente e funzionalmente destinato a magazzino.
Quanto alla disciplina urbanistica, le NTA del PGT ammettevano su manufatti a “valore testimoniale” interventi di consolidamento, ampliamento entro il 20%, e modifica del numero di unità immobiliari, vietando espressamente il cambio di destinazione da agricola a residenziale. Il Collegio ha osservato che tali limiti sono stati rispettati e che l’intervento, ancorché configurabile come ristrutturazione ai sensi dell’art. 3 del d.P.R. n. 380/2001 (Testo Unico Edilzia), non eccedeva quanto ammesso dalla disciplina locale.
Non solo: la differenziazione tra attività di tutela paesaggistica ed esercizio di funzioni amministrative in materia urbanistico-edilizia era stata comunque garantita dall'Amministrazione, confermando la piena legittimità dei titoli rilasciati. Vediamo il perché.
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