Cessioni Superbonus: il Fisco sui crediti in attesa di accettazione

Cosa fare se il cessionario non decide se accettare o rifiutare i crediti in piattaforma? È possibile utilizzarli in detrazione diretta? Ecco la risposta dell'Agenzia delle Entrate

di Redazione tecnica - 14/05/2025

I possibili scenari

Nel parere non mancano le premesse di rito sull’articolo 119 del D.L. n. 34/2020, convertito con modificazioni dalla L. n. 77/2020, che ha introdotto la possibilità di fruire di una detrazione del 110% (percentuale scesa prima a 90% e poi al 70% e al 65%) per interventi di riqualificazione energetica e miglioramento del rischio sismico (c.d. “Superbonus”).

In alternativa all’utilizzo diretto in dichiarazione, l’articolo 121 dello stesso decreto ha previsto due opzioni alternative, ovvero lo sconto in fattura e la cessione del credito d’imposta. A partire dal D.L. n. 11/2023, l’utilizzo delle opzioni è stato ristretto fino ad essere quasi totalmente eliminato da successivi provvedimenti.

Dopo aver richiamato la normativa, l’Agenzia ha disegnato tre diversi scenari:

1. Credito “in attesa di accettazione”: nessuna disponibilità effettiva

Spiega il Fisco che il credito ceduto non può essere utilizzato fino a che non viene accettato formalmente dal cessionario tramite la “Piattaforma cessione crediti”. L’Agenzia ribadisce che si tratta di un rapporto privatistico: spetta al cessionario accettare o rifiutare, ed è il contribuente che deve sollecitare direttamente l’istituto coinvolto.

2. Rifiuto da parte del cessionario: il credito rientra nella disponibilità del cedente

Solo se la banca rifiuta formalmente il credito, questo ritorna nella disponibilità dell’originario beneficiario, che potrà utilizzarlo come detrazione nella propria dichiarazione dei redditi. Tuttavia, sottolinea l’Agenzia, essendo scaduti i termini per le dichiarazioni relative agli anni 2022 e 2023, l’utilizzo delle prime due rate richiederà l’invio della c.d. “dichiarazione integrativa”.

3. Opzione per la ripartizione in 10 anni

Come ha specificato lo stesso contribuente nella richiesta di parere, l’art. 119, comma 8-quinquies, consente ai contribuenti di scegliere, per le spese sostenute nel 2022, una ripartizione in 10 anni invece che 4. Tuttavia, spiega il Fisco, l’opzione - per altro irrevocabile - non è più esercitabile, in quanto utilizzabile solo nella dichiarazione dei redditi 2023 e solo se la prima rata relativa al 2022 non è stata indicata in alcuna dichiarazione dei redditi.

 

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