Condono edilizio e vincoli paesaggistici: quando l’abuso non è sanabile?
Il Consiglio di Stato ribadisce i limiti invalicabili del “terzo condono” nel caso di superamento dei limiti volumetrici e di interventi sostanziali in area sottoposta a tutela
Le condizioni ostative al condono
Nel caso in esame, le condizioni ostative al rilascio del condono erano tre:
- tipologia dell’abuso (Allegato 1, tipo 1): le opere rientravano tra quelle maggiormente impattanti (nuovi volumi e superfici), non ammesse in condono se realizzate in aree vincolate, ai sensi dei commi 26 e 27 dell’art. 32;
- superamento del limite di 750 mc: il limite volumetrico, fissato dal comma 25 dell’art. 32 d.l. 269/2003, rappresenta una soglia inderogabile. E nel caso specifico, caratterizzato da una volumetria di oltre 1.500 mc, il superamento era evidente.
- effetti limitati del parere paesaggistico: Come chiarito dalla legge n. 308/2004, l’accertamento di compatibilità paesaggistica non incide sul procedimento edilizio, ma ha efficacia solo sul piano penale, estinguendo il reato paesaggistico.
No al frazionamento degli abusi
Altro profilo interessante della decisione è il rigetto della tesi difensiva basata sul “frazionamento” dell’intervento. I giudici hanno chiarito che l’intervento va considerato nella sua interezza e non può essere “spacchettato” per rientrare nei limiti volumetrici: «Il limite di 750 mc si applica all’intera costruzione indicata nella domanda di condono… anche ove frazionata in più istanze o in più unità abitative».
In conclusione: un caso emblematico
Il ricorso è stato quindi respinto: nonostante il parere paesaggistico favorevole, l’intervento non presentava le condizioni per la condonabilità ai sensi dell’art. 32 del d.l. 269/2003, per superaento dei limiti volumetrici in area vincolata. Nessuna apertura, infine, nemmeno alla luce del decreto “salva casa”, che – come ricorda il Consiglio – non ha valore retroattivo né automatico.
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