Distanze tra fabbricati: la Cassazione sugli interventi di demolizione e ricostruzione

La Suprema Corte ricorda che, in caso di modifiche planivolumetriche, vanno valutate alla luce dello ius superveniens le condizioni in cui un edificio ricostruito possa godere delle distanze preesistenti

di Redazione tecnica - 11/05/2025

Il concetto chiave: distanza legittimamente preesistente

L’art. 2-bis, comma 1-ter del T.U. Edilizia oggi stabilisce che "in ogni caso di intervento che preveda la demolizione e ricostruzione di edifici […], la ricostruzione è comunque consentita nei limiti delle distanze legittimamente preesistenti […], anche con ampliamenti fuori sagoma e superamento dell’altezza massima dell’edificio demolito."

Questo significa che il principio delle distanze legittimamente preesistenti si consolida come criterio guida, anche per interventi che comportano modifiche rilevanti, purché l’edificio originario fosse legittimo al momento della demolizione.

Tale principio si pone come elemento di raccordo tra esigenze di rigenerazione urbana e tutela degli interessi dei confinanti. Attenzione però: se il nuovo edificio non rispetta la posizione o il volume preesistente, o se mancano gli estremi per qualificare l’intervento come ristrutturazione, ritorna in campo l’obbligo di rispettare le distanze minime di 10 metri imposte dal D.M. 1444/1968.

 

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