Falsi certificati di esecuzione lavori: legittima la sanzione ANAC

L’OE deve sopportare le conseguenze che derivano dalla presentazione di documenti falsi, a meno che non dimostri che al momento della loro produzione, altri ne avessero disponibilità e potessero alterarli

di Redazione tecnica - 23/06/2025

Il contesto normativo

Ai sensi dell’art. 86, co. 5, del d.P.R. 207/2010 (oggi dell’art. 24, co. 5, dell’allegato II.12 al d.lgs. n. 36/2023), «nel caso indicato al comma 2 - cioè per i lavori il cui committente non sia tenuto all'applicazione del codice - le relative dichiarazioni sono corredate dalla seguente documentazione: a) permesso a costruire ovvero dichiarazione di inizio attività, relativi all'opera realizzata, ove richiesti, con allegata copia autentica del progetto approvato; b) copia del contratto stipulato; c) copia delle fatture corrispondenti al quantitativo di lavori eseguiti; d) copia del certificato di regolare esecuzione rilasciato dal direttore dei lavori».

L’art. 86, co. 7, del d.P.R. 207/2010 (oggi art. 24, co. 7, dell’allegato II.12 al d.lgs. 36/2023) prosegue specificando che «fermo restando quanto previsto ai commi 5 e 6, nel caso indicato al comma 2 l'impresa deve presentare la certificazione di esecuzione lavori rilasciata dal committente e sottoscritta dal direttore dei lavori; i firmatari sono responsabili anche dell'indicazione degli eventuali subappaltatori, i quali dovranno altresì presentare la documentazione prevista al comma 5, lettera b)».

La documentazione del requisito relativo allo svolgimento dei lavori privati avviene, pertanto, necessariamente attraverso le certificazioni rilasciate dal committente e sottoscritte dal direttore dei lavori, che assumono, a tal fine, il valore probatorio della scrittura privata, disciplinato dall’art. 2702 c.c., secondo cui «la scrittura privata fa piena prova, fino a querela di falso, della provenienza delle dichiarazioni da chi l'ha sottoscritta, se colui contro il quale la scrittura è prodotta ne riconosce la sottoscrizione, ovvero se questa è legalmente considerata come riconosciuta».

Qualora la scrittura privata contenga dichiarazioni di terzi, la giurisprudenza ha stabilito che «nel caso che l'autenticità del documento formi oggetto di contestazione, il relativo onere probatorio incomberà a chi del documento vuol far uso sostenendone la genuinità».

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