Gare d'appalto e contenziosi: la Cassazione interviene sul contributo unificato
Un’imposizione cumulativa di tributi giudiziari, se non giustificata da obiettive esigenze di bilanciamento, può costituire un ostacolo dissuasivo all’esercizio del diritto alla tutela giurisdizionale
Il principio affermato dalla Cassazione
La Cassazione ha sottolineato come la distinzione tra motivi aggiunti propri, che ampliano le censure sullo stesso atto, e impropri, che impugnano atti successivi connessi, non sia decisiva.
Ciò che va verificato è la connessione “forte” tra gli atti impugnati, ovvero il rapporto di pregiudizialità-dipendenza che intercorre tra loro: se l’annullamento del primo atto (esclusione) comporta l’illegittimità del secondo (aggiudicazione), allora non vi è ampliamento effettivo della controversia.
I criteri per la “connessione forte”
A questo proposito, per valutare se il contributo sia dovuto, la Cassazione indica alcuni parametri tecnici:
- identità dei vizi giuridici sollevati contro i diversi atti;
- stessa sequenza procedimentale: se l’atto successivo (es. aggiudicazione) dipende logicamente e cronologicamente dalla legittimità del primo (es. esclusione);
- finalità della domanda giudiziale: se l’obiettivo dell’impugnazione con motivi aggiunti è il rientro in gara per ottenere l’aggiudicazione, si è sempre nell’ambito della medesima vicenda processuale.
In tali casi, la riscossione di più contributi unificati è incompatibile con la direttiva 89/665/CEE, come chiarito anche dalla Corte di Giustizia UE (sentenza C-61/14).
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