Requisiti di partecipazione: il Consiglio di Stato sulle verifiche a campione

La sentenza di Palazzo Spada: legittimo l'operato del RUP imperniato sui principi di efficienza ed economicità dell'attività amministrativa

di Redazione tecnica - 07/05/2025

Verifiche a campione: quando sono ammesse

Il Consiglio di Stato ha confermato la legittimità della decisione di primo grado, fornendo chiarimenti di interesse generale per la corretta impostazione delle procedure pubbliche.

In particolare il Collegio ha ribadito che le verifiche a campione non sono vietate, a meno che la legge di gara non disponga diversamente. La verifica “a tappeto” non è imposta da nessuna norma, né tantomeno costituisce un obbligo operativo per il RUP.

Da questo punto di vista, l’art71 del d.P.R. n. 445/2000espressamente richiamato dal disciplinare, legittima il controllo a campione sulle dichiarazioni rese dai concorrenti.

La verifica svolta a campione quindi è stata ritenuta congrua e proporzionata, anche alla luce dei principi di efficienza e economicità dell’azione amministrativa.

Il valore delle dichiarazioni rese in sede di gara

Inoltre le dichiarazioni rese dai concorrenti, se valutate positivamente dalla stazione appaltante e confermate dalla verifica a campione, costituiscono elementi istruttori validi ai sensi dell’art. 3, comma 1, della Legge 241/1990. È dunque legittimo che l’amministrazione:

  • operi un richiamo per relationem alle dichiarazioni già acquisite;
  • non proceda ad ulteriori accertamenti su ciascun componente se le verifiche effettuate non hanno evidenziato incongruenze.

Chiarimenti sulla documentazione da produrre 

In riferimento all’offerta tecnica, secondo i giudici di Palazzo Spada è sufficiente produrre schede curricolari anonime, atte a consentire la valutazione di coerenza e qualità professionale.

Solo dopo l’aggiudicazione, il concorrente è tenuto a presentare i curricola nominativi, entro 10 giorni, per consentire la verifica di corrispondenza con quanto dichiarato;

Nel caso in esame, nessun passaggio della legge di gara imponeva la presentazione di contratti di lavoro già sottoscritti, impegno troppo oneroso per un’impresa che non sia certa dell’aggiudicazione in proprio favore.

 

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