SCIA edilizia inefficace e poteri dell’Amministrazione: i limiti temporali all’autotutela
La SCIA edilizia non produce effetti in presenza di gravi difformità o dichiarazioni false: il Consiglio di Stato chiarisce tempi e limiti per l’esercizio dei poteri repressivi dell’Amministrazione.
Il principio: la SCIA inefficace è sempre contestabile
Il Consiglio di Stato ha ritenuto infondate le censure, ribadendo che in presenza di una SCIA edilizia inefficace (cioè affetta da gravi difformità o da presupposti non veritieri), l’Amministrazione può intervenire in qualsiasi momento. Il decorso dei 30 giorni previsti dall’art. 23, comma 6, non preclude l’esercizio del potere di autotutela, che resta soggetto esclusivamente al rispetto dei principi generali e ai presupposti sostanziali previsti dalla Legge n. 241/1990.
Secondo i giudici, il potere repressivo degli abusi edilizi, soprattutto quando accompagnati da dichiarazioni mendaci, è espressione del principio di buon andamento e legalità (art. 97 Cost.) e può essere esercitato anche in assenza di comunicazione di avvio del procedimento nei casi di SCIA inefficace.
“…l’esercizio dei poteri di vigilanza e di repressione degli illeciti – ricordano i giudici – rappresenta una delle imprescindibili modalità di cura dell’interesse pubblico affidato all’una o all’altra branca dell’Amministrazione ed è espressione del principio di buon andamento di cui all’art. 97 Cost., pertanto per l’inibizione dei lavori o dell’intervento edilizio preannunciati con una DIA, o una SCIA, permane in capo ad essa il potere di controllo urbanistico – edilizio e l’eventuale potere sanzionatorio in ordine ad interventi realizzati in violazione della pertinente normativa”.
Il Consiglio ha evidenziato l’infondatezza dell’affidamento riposto dai ricorrenti sulla legittimità dell’intervento. I rilievi tecnici condotti dal Comune hanno, infatti, dimostrato una trasformazione sostanziale del manufatto rispetto a quanto assentito: da semplice copertura sorretta da pilastri (priva di volumetria urbanistica e di contributi concessori) a locale chiuso, tramezzato e con destinazione commerciale.
Le dichiarazioni del progettista circa l’altezza interna dell’immobile e la conformità allo stato di progetto sono risultate false e tali da giustificare l’intervento repressivo e il rigetto della SCIA in sanatoria.
Documenti Allegati
Sentenza Consiglio di Stato 2 aprile 2025, n. 2807IL NOTIZIOMETRO