VEPA in area vincolata: serve davvero il titolo edilizio?

Riflessione critica sulla sentenza del TAR Lazio n. 9579/2025 e sul principio di “indifferenza del titolo” nelle aree soggette a vincolo

di Gianluca Oreto - 29/05/2025

Le criticità della pronuncia

La posizione del TAR, pur formalmente coerente con la giurisprudenza maggioritaria, presenta alcuni elementi critici che ritengo opportuno evidenziare puntualmente.

Edilizia libera e vincoli: due piani distinti

L’art. 6 del d.P.R. n. 380/2001 prevede che determinati interventi (tra cui le VEPA) possano essere eseguiti senza titolo edilizio, ma fatte salve le normative di settore, tra cui il Codice dei beni culturali e del paesaggio. Questo implica che l’autorizzazione paesaggistica sia necessaria, ma non trasforma automaticamente l’intervento in uno subordinato a titolo edilizio.

Il titolo edilizio

Se l’intervento è “edilizia libera”, che senso ha richiedere un titolo edilizio? E quale sarebbe, di preciso? I giudici parlano astrattamente di titolo “quantunque minimale” (definizione che appare discutibile) accostandolo alla SCIA ex art. 22 del Testo Unico Edilizia. Ma per quale motivo non si potrebbe anche utilizzare la comunicazione di inizio lavori asseverata (CILA) ai sensi dell’art. 6-bis del d.P.R. n. 380/2001? E, oltretutto, non si potrebbe "gestire" la difformità presentando una CILA tardiva ai sensi del comma 5 del citato art. 6-bis? Si potrebbe applicare questo meccanismo anche alle VEPA in zona vincolata, evitando così un formalismo inutile?

Il rischio di svuotare la semplificazione normativa

Se si arriva a concludere che per ogni VePA in area vincolata occorre autorizzazione paesaggistica + titolo edilizio (qualunque), si neutralizza il significato stesso di “attività edilizia libera”. In sostanza, si crea un regime ibrido, in cui l'intervento è formalmente libero ma sostanzialmente sottoposto a una doppia autorizzazione.

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