Affidamento diretto, determina a contrarre e falso ideologico: interviene la Cassazione

La sentenza della Cassazione penale richiama alla responsabilità i RUP: se la verifica dei requisiti è fittizia, scatta il reato di falso ideologico

di Redazione tecnica - 17/06/2025

I principi espressi dalla Cassazione

La Suprema Corte, accogliendo il ricorso del Pubblico Ministero, ha ribaltato l’ordinanza del Tribunale del riesame, chiarendo due punti chiave:

  • la determina di affidamento comporta implicitamente l’attestazione che i requisiti dell’affidatario (tra cui la “documentata esperienza pregressa” richiesta dall’art. 50, comma 1, lett. b) del Codice) sono stati verificati e risultano sussistenti;
  • la mancata menzione esplicita della verifica nell’atto non salva il dirigente dalla responsabilità penale, se il presupposto è oggettivamente falso o privo di riscontro.

L’affidamento diretto previsto dalle lettere a) e b), comma 1, art. 50, del Codice dei contratti prevede, infatti, che per procedere con questa tipologia di procedura si debba assicurare “che siano scelti soggetti in possesso di documentate esperienze pregresse idonee all'esecuzione delle prestazioni contrattuali anche individuati tra gli iscritti in elenchi o albi istituiti dalla stazione appaltante”.

La norma non consente margini interpretativi: per procedere con affidamento diretto è necessario accertare e documentare esperienze pregresse idonee all’esecuzione delle prestazioni contrattuali, anche tramite iscrizione in elenchi o albi tenuti dalla stazione appaltante.

In mancanza di tale attività istruttoria, è configurabile il reato di falso ideologico in atto pubblico (art. 479 c.p.), indipendentemente dalla presenza di formule esplicite nell’atto.

Il giudice del rinvio dovrà riesaminare il caso applicando il principio secondo cui l’efficacia dispositiva della determina comporta una responsabilità per attestazioni anche solo implicite, se fondate su presupposti oggettivamente insussistenti.

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