Rigenerazione urbana a Milano: approvate nuove linee di indirizzo per l’edilizia e l’urbanistica

Approvate dal Comune di Milano le nuove linee di indirizzo per l’urbanistica e l’edilizia: quando serve il piano attuativo, quando basta un titolo diretto. Il confronto tecnico con il DDL “Salva Milano”.

di Redazione tecnica - 09/05/2025

Il confronto con il “Salva Milano” nazionale

Nel mentre, in Parlamento è sempre fermo il cosiddetto Decreto Salva Milano, che affronta proprio il tema della pianificazione attuativa in ambiti edificati e urbanizzati. Si tratta di una norma di interpretazione autentica che chiarisce due punti cardine della disciplina urbanistica:

  1. Non serve il piano attuativo nei contesti consolidati
    Il DDL stabilisce che non è obbligatorio il piano particolareggiato o di lottizzazione convenzionata per interventi su lotti situati in ambiti già edificati e urbanizzati, anche se comportano altezze o volumi superiori ai limiti normativi vigentia meno che non vi sia un interesse pubblico attuale e motivato a limitare tali interventi. Si tratta di una lettura estensiva dell’art. 41-quinquies della L. n. 1150/1942 e del DM 1444/1968.
  2. Ristrutturazione edilizia anche con radicali trasformazioni morfologiche
    Sempre il DDL amplia l’ambito dell’art. 3, comma 1, lett. d) del d.P.R. 380/2001, specificando che anche interventi con sagoma, sedime, prospetti e planivolumetria integralmente diversi possano qualificarsi come ristrutturazione edilizia, purché nel rispetto della volumetria ammessa dagli strumenti urbanistici e della normativa regionale.

La differenza di impostazione rispetto alle linee guida milanesi è evidente:

  • mentre Milano stabilisce soglie rigide e tipizzate (altezza, densità, superficie) oltre le quali è sempre richiesto il piano attuativo,
  • il DDL “Salva Milano” ribalta la logica e consente l’intervento diretto salvo motivato interesse pubblico a impedirlo.

Si tratta di un confronto tra regolazione prescrittiva locale e interpretazione flessibile nazionale. La prima tende a rafforzare il ruolo del Comune nel governo delle trasformazioni; la seconda mira a liberare l’iniziativa privata da vincoli ritenuti eccessivamente rigidi, almeno nei contesti già urbanizzati.

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