Stato legittimo, tolleranze costruttive e sanatoria edilizia: guida ai presupposti e alle possibilità di regolarizzazione

Il Testo Unico Edilizia post Salva Casa dispone una diversa gestione delle difformità edilizie, partendo da un concetto diverso di stato legittimo. Vediamo cosa cambia

di Redazione tecnica - 04/05/2025

Sanatoria edilizia e doppia conformità: art. 36 vs. art. 36-bis

Dopo aver ricostruito correttamente lo stato legittimo dell’immobile ed escluso la possibilità di ricondurre l’intervento all’ambito delle tolleranze costruttive o tra i casi particolari di cui all’art. 34-ter, si apre la questione centrale: l’intervento può essere sanato? E se sì, quale procedura è applicabile?

Nel Testo Unico Edilizia, esistono due principali forme di accertamento di conformità, corrispondenti a due distinti regimi sanzionatori:

  • l’art. 36, che rappresenta la tradizionale sanatoria fondata sulla doppia conformità piena;
  • il più recente art. 36-bis, introdotto dal “Decreto Salva Casa”, che introduce un meccanismo semplificato per i casi specificamente individuati dal legislatore.

La differenza tra le due discipline risiede, in primo luogo, nella tipologia di difformità edilizia che ciascuna norma è chiamata a gestire. L’art. 36 si applica ai casi di abuso edilizio più gravi, ossia quelli realizzati in totale assenza di titolo abilitativo o in totale difformità dallo stesso. Sono le situazioni in cui l’opera, nella sua interezza, non trova alcuna corrispondenza con quanto assentito o dichiarato. Si pensi, ad esempio, alla costruzione di un edificio in assenza di permesso di costruire, oppure alla realizzazione di un ampliamento non previsto né autorizzato.

In queste ipotesi, per ottenere la regolarizzazione, l’intervento deve rispettare la doppia conformità “piena” o “simmetrica”, ovvero risultare conforme sia alla disciplina urbanistica ed edilizia vigente al momento della sua realizzazione, sia a quella vigente al momento della presentazione della domanda. È questo il presupposto essenziale dell’art. 36, e la sua assenza comporta l’automatica inammissibilità della richiesta di sanatoria.

L’art. 36-bis, invece, è stato introdotto per disciplinare in modo specifico le ipotesi di interventi realizzati in parziale difformità, nonché le variazioni essenziali. Il nuovo impianto consente la regolarizzazione qualora l’intervento risulti conforme:

  • alla disciplina urbanistica vigente al momento della domanda;
  • alle norme edilizie vigenti all’epoca della realizzazione.

Si tratta quindi di un’estensione significativa della possibilità di regolarizzazione, che non riduce la gravità delle difformità, ma introduce un meccanismo differenziato per accertarne la compatibilità tecnico-urbanistica.

Tra le novità più rilevanti introdotte dall’art. 36-bis vi è la facoltà, per lo sportello unico, di subordinare il rilascio del titolo in sanatoria alla realizzazione di prescrizioni tecniche necessarie a garantire il rispetto delle normative settoriali, comprese quelle antisismiche, igienico-sanitarie o di sicurezza. Ciò rappresenta probabilmente l’aspetto più rilevante in considerazione della copiosa giurisprudenza formatasi sull’art. 36 che ha sempre escluso la “sanatoria con opere” (o sanatoria condizionata). Superato, dunque, il principio della sanatoria ordinaria per cui non è ammessa una sanatoria che si basi su lavori da realizzare successivamente per rendere l’intervento conforme.

Le due procedure si differenziano anche sul piano dei tempi e degli effetti procedurali:

  • nel caso dell’art. 36, il Comune ha 60 giorni per pronunciarsi, decorso inutilmente il termine la domanda si intende respinta (silenzio-rigetto);
  • l’art. 36-bis, invece, introduce una logica opposta: in assenza di provvedimento entro 45 giorni, la sanatoria si intende accolta (silenzio-assenso), salvo sospensioni istruttorie legate, ad esempio, alla richiesta di pareri paesaggistici.

Diversa è anche la disciplina dell’oblazione. La sanatoria ordinaria prevede il pagamento del doppio del contributo di costruzione, mentre l’art. 36-bis applica un sistema modulato.

Altri aspetti che rendono le due procedure completamente differenti riguardano:

l’accertamento di compatibilità sismica: escluso nell’art. 36 e previsto nel nuovo 36-bis;

l’accertamento di compatibilità paesaggistica anche in caso di aumento di volumi e superfici (in deroga all’art. 167, comma 4, D.Lgs. n. 42/2004).

In sintesi, la scelta tra i due regimi non è discrezionale, ma dipende dalla qualificazione giuridica dell’intervento, dalla gravità della difformità e dal rispetto dei requisiti di conformità nei tempi stabiliti. Per il tecnico incaricato è essenziale inquadrare correttamente l’abuso, conoscere la disciplina applicabile e predisporre un’istanza coerente e documentata, capace di reggere il confronto con un’istruttoria sempre più attenta, soprattutto nelle zone soggette a vincoli.

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