Superbonus e contenzioso con l’impresa: occhio alle incongruenze nell’asseverazione ENEA
Le varianti in corso d’opera devono sempre risultare da accordi scritti perché, in caso di contenziosi, può risultare difficile “chiudere il cerchio”
Se il cantiere si ferma
Il problema (grosso) nasce nel caso in cui il cantiere si ferma e non si riesce a presentare la variante descritta.
Il condominio, infatti, a fronte di un contratto d’appalto col quale l’impresa si impegnava a “far nuova” la palazzina, non è detto che trovi sufficienti consensi in seno all’assemblea per deliberare la rinuncia a lavori teoricamente riconducibili al 110%, perdipiù se essi erano voluti e se ora sono persino da regolarizzare con un progetto in variante, che deve per forza mettere seduti allo stesso tavolo tutti i professionisti (progettista architettonico, strutturale, termotecnico, DL). Figurarsi se allo stesso tavolo deve sedere anche l’impresa litigiosa, per siglare un addendum al contratto d’appalto, con esborsi a carico dei condòmini, nonché i legali di tutte le parti e le loro compagnie di assicurazione.
Se si ferma il gioco, ecco che il professionista, che magari ha agito in buona fede avallando l’input di eliminare talune opere sulla base di rassicurazioni informalmente ricevute da qualcuno, si trova in trappola, poiché il suo operato, visto da fuori, configura un errore professionale, stante l’incoerenza tra l’importo dei lavori (e la loro tipologia) dichiarato in CILAS e quanto indicato nell’attestazione a SAL. Il problema non è solo formale, ma anche sostanziale, posto che nessuno può assicurare, al di fuori di un regolare progetto, che con l’eliminazione di alcuni lavori si raggiungano i requisiti Superbonus.
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