Fiscalizzazione dell’abuso edilizio: il Consiglio di Stato chiarisce i limiti applicativi dell’art. 34 TUE
Quando l’abuso edilizio non può essere fiscalizzato: totale difformità, distanza minima inderogabile e nuovi principi applicativi ribaditi dal Consiglio di Stato con la sentenza n. 4950/2025
Quando è possibile applicare la sanzione alternativa alla demolizione prevista all’art. 34 del d.P.R. n. 380/2001 (Testo Unico Edilizia)? E fino a che punto è consentito invocare accordi tra privati o normative sopravvenute per superare il vincolo delle distanze minime inderogabili tra edifici?
Fiscalizzazione dell’abuso edilizio: il Consiglio di Stato sui limiti dell’art. 34 TUE
Domande su cui si è formata, nel tempo, una copiosa giurisprudenza amministrativa e che — soprattutto in relazione alla distinzione tra abusi parziali e totali — restano centrali per valutare le reali possibilità di sanatoria offerte dal Testo Unico Edilizia.
Un tema oggi ancora più attuale se si considera che, con le modifiche introdotte dalla Legge n. 105/2024 di conversione del D.L. n. 69/2024 (Salva Casa), gli abusi parziali — così come le variazioni essenziali — possono ora essere gestiti attraverso la sanatoria semplificata e la “doppia conformità alleggerita” prevista dal nuovo art. 36-bis TUE.
Sul punto è tornato a pronunciarsi il Consiglio di Stato che, con la recentissima sentenza n. 4950 del 6 giugno 2025, ha ribadito alcuni principi fondamentali in materia di classificazione e repressione degli abusi edilizi.
Il caso oggetto del contenzioso
Il contenzioso trae origine da un intervento edilizio realizzato su un immobile inizialmente oggetto di un permesso di costruire (formato per silenzio-assenso) relativo a lavori di ristrutturazione e ad alcune opere accessorie.
Successivamente, l’amministrazione comunale aveva parzialmente annullato in autotutela il titolo edilizio, contestando in particolare:
- la sopraelevazione dell’edificio, non conforme ai parametri di altezza minima prescritti;
- la modifica della sagoma e delle falde di copertura;
- la violazione delle distanze minime tra edifici, in contrasto con quanto stabilito dal D.M. 1444/1968.
Nonostante l’annullamento parziale, erano stati eseguiti ulteriori lavori in sopraelevazione e per tali opere veniva presentata una domanda di sanatoria ex art. 36 del d.P.R. n. 380/2001. Il permesso di costruire in sanatoria rilasciato veniva tuttavia annullato in sede giurisdizionale.
All’esito del nuovo riesame, il Comune rigettava definitivamente la richiesta di sanatoria e disponeva la demolizione della parte di edificio realizzata in sopraelevazione.
A seguito dell’ordinanza di demolizione, veniva avanzata istanza di fiscalizzazione ai sensi dell’art. 34 del TUE, sostenendo che le opere potessero essere inquadrate nell’ambito della “parziale difformità”.
L’amministrazione, tuttavia, respingeva tale richiesta, ritenendo che l’intervento configurasse una “totale difformità” e dunque ricadesse nella disciplina repressiva dell’art. 31 TUE, con conseguente inapplicabilità della sanzione pecuniaria sostitutiva.
Il provvedimento di rigetto veniva impugnato, con esito sfavorevole in primo grado e conferma in sede di appello da parte del Consiglio di Stato.
Documenti Allegati
Sentenza Consiglio di Stato 6 giugno 2025, n. 4950IL NOTIZIOMETRO