Fiscalizzazione dell’abuso edilizio: il Consiglio di Stato chiarisce i limiti applicativi dell’art. 34 TUE
Quando l’abuso edilizio non può essere fiscalizzato: totale difformità, distanza minima inderogabile e nuovi principi applicativi ribaditi dal Consiglio di Stato con la sentenza n. 4950/2025
La decisione del Consiglio di Stato
Ricostruito il quadro normativo di riferimento, è possibile passare in rassegna la sentenza del Consiglio di Stato che, di fatto, ha confermato la posizione dell’amministrazione e del TAR, chiarendo alcuni punti chiave.
Qualificazione dell’abuso come totale difformità
Anche il Consiglio di Stato ha evidenziato che l’intervento abusivo — consistente in una sopraelevazione con modifica della copertura, delle sagome e delle altezze — non rappresentava una semplice parziale difformità ma una vera e propria trasformazione radicale dell’edificio.
Non rileva in tal senso la modesta percentuale di volume aggiunto rispetto all’esistente (meno del 5%, come sostenuto dai ricorrenti). Ciò che conta è la natura e l’effetto sostanziale della trasformazione, che qui ha comportato un organismo edilizio integralmente diverso rispetto a quello assentito.
Di conseguenza, correttamente il Comune ha inquadrato l’abuso nell’ambito dell’art. 31, precludendo la fiscalizzazione.
Inderogabilità delle distanze minime
I giudici hanno ribadito con nettezza che le distanze minime prescritte dal D.M. n. 1444/1968 sono norme inderogabili:
- non possono essere superate tramite accordi tra privati;
- non è possibile invocare l’art. 2-bis, comma 1-ter, del TUE per legittimare nuove opere in contrasto con tali limiti;
- 1l’eventuale legittimità di situazioni preesistenti non consente di reiterare o aggravare la violazione con nuovi interventi (come avvenuto nella sopraelevazione oggetto di causa).
Esclusione della fiscalizzazione
I giudici di secondo grado hanno inoltre evidenziato che la mancata impugnazione dell’ordinanza di demolizione ha cristallizzato l’inquadramento dell’abuso come rientrante nell’art. 31. In tale contesto, non è possibile per l’amministrazione accogliere successivamente un’istanza di fiscalizzazione, poiché mancano i presupposti giuridici per farlo.
La cristallizzazione giuridica della qualificazione dell’abuso come “totale” ha definitivamente escluso l’applicabilità della disciplina ex art. 34, a prescindere da successive valutazioni tecniche o di opportunità
Insussistenza del legittimo affidamento
Infine, è stato respinto anche il richiamo ai principi di proporzionalità e legittimo affidamento. Il Consiglio di Stato ha ribadito che non può esservi affidamento giuridicamente tutelabile sul mantenimento di opere abusive realizzate in assenza o in radicale difformità dal titolo edilizio, ancor più se mai autorizzate in alcuna forma.
Documenti Allegati
Sentenza Consiglio di Stato 6 giugno 2025, n. 4950IL NOTIZIOMETRO