Fiscalizzazione dell’abuso edilizio: il Consiglio di Stato chiarisce i limiti applicativi dell’art. 34 TUE

Quando l’abuso edilizio non può essere fiscalizzato: totale difformità, distanza minima inderogabile e nuovi principi applicativi ribaditi dal Consiglio di Stato con la sentenza n. 4950/2025

di Gianluca Oreto - 09/06/2025

Il quadro normativo di riferimento

Benché all’interno del Testo Unico Edilizia non siano limpidi i contorni che separano le varie tipologie di abuso, è possibile far riferimento ai seguenti articoli del Testo Unico Edilizia:

  • l’art. 31 disciplina gli interventi eseguiti in assenza di permesso di costruire, in totale difformità o con variazioni essenziali, prevedendo come sanzione primaria la demolizione (che non può essere sostituita da nessuna sanzione alternativa);
  • l’art. 32 che definisce le variazioni essenziali rimandando poi il dettaglio alla normativa regionale;
  • l’art. 33 relativo agli interventi di ristrutturazione edilizia in assenza di permesso di costruire o in totale difformità che prevede la demolizione o qualora, sulla base di motivato accertamento dell'ufficio tecnico comunale, il ripristino dello stato dei luoghi non sia possibile, una sanzione alternativa;
  • l’art. 34 disciplina, invece, gli interventi realizzati in parziale difformità dal permesso di costruire, ammettendo in questi casi e a determinate condizioni la possibilità di sostituire la demolizione con una sanzione pecuniaria.

Ai sensi dell’art. 31, comma 1, del TUE, sono considerati “abusi totali” gli interventi eseguiti in totale difformità dal permesso di costruire che comportano la realizzazione di un organismo edilizio integralmente diverso per caratteristiche tipologiche, planovolumetriche o di utilizzazione da quello oggetto del permesso stesso, ovvero l'esecuzione di volumi edilizi oltre i limiti indicati nel progetto e tali da costituire un organismo edilizio o parte di esso con specifica rilevanza ed autonomamente utilizzabile.

Ai sensi dell’art. 32, comma 1, del TUE – che come anticipato rimanda il dettaglio alla normativa regionale – una variazione essenziale ricorre quando si verifica una o più delle seguenti condizioni:

  • mutamento della destinazione d'uso che implichi variazione degli standards previsti dal DM n. 1444/1968;
  • aumento consistente della cubatura o della superficie di solaio da valutare in relazione al progetto approvato;
  • modifiche sostanziali di parametri urbanistico-edilizi del progetto approvato ovvero della localizzazione dell'edificio sull'area di pertinenza;
  • mutamento delle caratteristiche dell'intervento edilizio assentito;
  • violazione delle norme vigenti in materia di edilizia antisismica, quando non attenga a fatti procedurali.

Da ricordare pure che una variazione essenziale effettuata su immobili sottoposti a vincolo storico, artistico, architettonico, archeologico, paesistico, ambientale e idrogeologico, nonché su immobili ricadenti sui parchi o in aree protette nazionali e regionali, è da considerare totale difformità.

Gli abusi “parziali” sono tutti quelli “in mezzo” tra l’abuso totale e la variazione essenziale.

Ai fini della corretta lettura della sentenza va considerato, infine, l’art. 9 del D.M. 1444/1968 che stabilisce le distanze minime inderogabili tra pareti finestrate e pareti di edifici antistanti. Nel caso di zona B tale distanza minima assoluta è di almeno 10 metri.

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