Autotutela, affidamento e titoli edilizi: i limiti dell’annullamento secondo il Consiglio di Stato
Il Consiglio di Stato chiarisce quando l’Amministrazione può annullare una DIA edilizia: l’errore progettuale lieve e non doloso non giustifica l’autotutela, se è maturato un affidamento legittimo.
Falsa rappresentazione e affidamento
La parte più rilevante della sentenza riguarda, però, la valutazione della buona fede del privato e il confine tra errore progettuale e falsa rappresentazione dolosa.
Il TAR aveva ritenuto insussistente un affidamento tutelabile, sostenendo che il progetto fosse viziato da un'erronea rappresentazione della morfologia del terreno, tale da falsare l’assentibilità del piano interrato. Il Consiglio di Stato ha dissentito in modo netto.
Secondo i giudici di Palazzo Spada, l’art. 21-nonies, comma 2-bis, della L. 241/1990 consente l’annullamento anche oltre i termini solo in presenza di false rappresentazioni consapevoli o comunque rimproverabili, ossia imputabili a dolo o colpa grave del richiedente.
In particolare, il citato comma 2-bis dispone:
“I provvedimenti amministrativi conseguiti sulla base di false rappresentazioni dei fatti o di dichiarazioni sostitutive di certificazione e dell'atto di notorietà false o mendaci per effetto di condotte costituenti reato, accertate con sentenza passata in giudicato, possono essere annullati dall'amministrazione anche dopo la scadenza del termine di dodici mesi di cui al comma 1, fatta salva l'applicazione delle sanzioni penali nonché delle sanzioni previste dal capo VI del testo unico di cui al d.P.R. 28 dicembre 2000, n. 445”.
L’interpretazione di tale disposizione deve, però, essere costituzionalmente orientata per evitare che un vizio progettuale incolpevole legittimi l’annullamento anche a distanza di anni. L’affidamento maturato da un cittadino che ha seguito la procedura, presentato un progetto e ottenuto un titolo non può essere sacrificato in assenza di un errore consapevole, grave e palese.
Nel caso concreto, il verificatore nominato in giudizio ha chiarito che l’errore nella rappresentazione del declivio era di lieve entità, non intenzionale, e attribuibile a un progettista subentrato a opera in corso, che non conosceva perfettamente lo stato originario dei luoghi.
Il Consiglio di Stato ha, quindi, ritenuto che “tale difformità non consapevole e lieve non giustifichi l’annullamento”.
In assenza di dolo, il margine di errore tecnico del progettista – se contenuto, motivato e privo di effetti sostanziali – non può giustificare l’annullamento tardivo del titolo, né tantomeno un ordine di demolizione.
Documenti Allegati
Sentenza Consiglio di Stato 2 aprile 2025, n. 2783IL NOTIZIOMETRO