Silenzio sull’istanza di sanatoria edilizia ex art. 36 TUE: è davvero un rigetto definitivo?

Come si interpreta il silenzio dell’amministrazione sulla richiesta di permesso di costruire in sanatoria? Le risposte della giurisprudenza e i riflessi pratici per tecnici e proprietari.

di Gianluca Oreto - 19/06/2025

Conclusioni

Alla luce del quadro normativo vigente e delle più recenti pronunce giurisprudenziali, è possibile affermare con chiarezza che:

  • il silenzio sull’istanza di sanatoria ex art. 36 TUE costituisce un rigetto provvedimentale impugnabile, ma non esaurisce il potere della pubblica amministrazione di decidere sull’istanza stessa;
  • la valutazione espressa successiva da parte dell’Amministrazione, anche oltre i 60 giorni, è pienamente legittima, purché motivata e adottata secondo i criteri ordinari di correttezza procedimentale;
  • tale provvedimento non è una mera conferma del silenzio, ma ridefinisce l’assetto degli interessi tra privato e P.A. e deve essere trattato come autonomo ai fini dell’eventuale impugnazione.

Per i tecnici e i professionisti del settore, ciò comporta due conseguenze operative fondamentali:

  1. Non va mai sottovalutata l’importanza di documentare in modo puntuale la sussistenza della doppia conformità, predisponendo un corredo istruttorio solido e coerente sin dalla fase iniziale;
  2. In presenza di silenzio oltre i termini, è strategico valutare l’opportunità di sollecitare un provvedimento espresso, che può, in alcuni casi, riaprire la possibilità di sanatoria evitando un contenzioso.

In definitiva, il silenzio-rigetto non rappresenta la fine del procedimento, ma una fase intermedia che può essere superata attraverso un’adeguata strategia tecnica e amministrativa. È proprio in questa zona grigia, tra norma e prassi, che il ruolo del tecnico si conferma decisivo.

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